Come anticipato in questo post, la Commissione centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano, con la collaborazione del CAI di Milano, ha deciso di orgnanizzare un Convegno sull’importante tema inerente lo sfruttamento delle acque montane. Riporto l’articolo comparso sull’ultimo numero del mensile del CAI “Lo Scarpone” affinché anche coloro che non lo ricevono, perché non iscritti al Club Alpino Italiano, possano prenderne visione.
In Val Grande di Lanzo, (leggete i vari post degli ultimi mesi), nel bellissimo ed incontaminato Vallone di Vassola, è in fase avanzata un progetto per la costruzione di una centralina idroelettrica che andrebbe inesorabilmente a devastare uno dei più bei luoghi di tutte le Valli di Lanzo. Entro il prossimo giugno la provincia di Torino (ufficio Area sviluppo sostenibile e pianificazione ambientale) dovrà ricevere dal proponente (la ditta Clear Energy srl) le integrazioni richieste al progetto. Vi invito a leggere l’interessantissimo articolo dello Scarpone e magari a partecipare al Convegno. E’ in gioco il nostro mondo, la nostra Terra. E, soprattutto, è in atto la requisizione delle ultime risorse superstiti. E’ questa desolazione che intendiamo lasciare in erdità ai nostri figli?
Lo sfruttamento delle acque montane
Convegno TAM a Milano
I primi effetti delle nuove captazioni delle ultime acque libere, osservati soprattutto in montagna, fanno presagire che il valore dei danni ambientali così prodotti possa superare di molto gli esigui benefici energetici ottenibili. Benefici che potrebbero essere ottenuti in misura ben maggiore con una attenta politica di risparmio e di efficienza energetica. Per ciò il Club Alpino Italiano, per il tramite della sua Commissione centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano e con la collaborazione della Sezione di Milano, organizzerà un incontro – convegno, fruibile anche come aggiornamento dagli Operatori nazionali TAM, che si terrà a Milano il 13 giugno al fine di valutare il rapporto costi/benefici di questa “corsa all’oro bianco” e possibilmente documentare i primi effetti negativi di quei casi in cui la speculazione economica prevale sulla produttività dell’impianto.
La commissione invita fin d’ora le Commissioni regionali TAM e le sezioni a raccogliere in relazioni poster, o “power point”, da esporre al citato convegno, le documentazioni degli effetti ambientali prodotti dalle captazioni idroelettriche nei loro territori a fronte della prevedibile potenziale produzione energetica.
Intanto è stato reso noto che al presidente della Regione del Veneto e al presidente della Provincia di Belluno è stato inviato dal Gruppo regionale veneto del CAI un invito a stabilire una moratoria sul proliferare di progetti per nuove centraline idroelettriche. La richiesta si basa sulla considerazione che “laddove si derivi per far funzionare potenti turbine poste a notevole distanza, si rischia di far morire il corso d’acqua e, conseguentemente, d’infliggere un serio danno all’ambiente circostante. Una prima problematica è quella collegata al minimo deflusso vitale (= mdv). Infatti, ammesso che il mdv sia stato calcolato su oggettive basi tecnico-scientifiche, quale vigilanza viene in concreto assicurata perché esso sia rigorosamente rispettato in ogni stagione dell’anno? La seconda questione importante, sempre collegata al minimo deflusso vitale, riguarda l’acquisizione dei dati sull’effettiva portata dei corsi d’acqua. Se queste informazioni non sono attendibili, perché sono mancati del tutto recenti rilevamenti o perché sono stati eseguiti in modo largamente insoddisfacente, è evidente che lo stesso calcolo del mdv finisce per essere inconsistente” .
“Una terza problematica ambientale”, è spiegato ancora nel documento, “deriva dall’assenza di una preventiva adeguata pianificazione territoriale, dando in tal modo la stura a slegate iniziative imprenditoriali. Un quarto punto delicato deriva dall’approccio quasi esclusivamente ingegneristico della progettazione, che, pertanto, rischia di mettere in secondo piano l’apporto di altri professionisti più incentrato sull’attenuazione dell’impatto ambientale”.
Perché l’ecosistema è minacciato
È vero che le captazioni idroelettriche consentono maggior conservazione della risorsa idrica rispetto a quelle per uso irriguo e industriale, in quanto i prelievi sono restituiti quasi totalmente e senza inquinanti a distanze più o meno grandi dal punto di captazione. Tuttavia, non sempre le restituzioni avvengono sul corso d’acqua originario, per le frequenti derivazioni verso bacini di raccolta o punti di fruizione localizzati in altre valli o bacini imbriferi. Inoltre, lo scavo con esplosivo dei tunnel di derivazione, le perdite idriche che in essi si producono e l’apertura di nuove strade per raggiungere le opere di presa, possono destabilizzare l’equilibrio dei versanti vallivi causando dissesti idrogeologici.
Già lo sfruttamento indiscriminato delle risorse idroelettriche ha prodotto errori fatali per le popolazioni delle valli interessate. Tra questi, basti ricordare la disastrosa rottura della diga del Gleno nel 1923, che causò un migliaio di vittime tra la Val di Scalve e la Valcamonica, e l’esondazione causata dall’enorme frana precipitata nel bacino artificiale del Vajont, che nel 1963 distrusse l’abitato di Longarone e la vita di oltre 2000 persone. Interventi sconsiderati potrebbero ancora ripercuotersi negativamente sul delicato ambiente Montano.
Non sono esperto in materia; l’unica considerazione che faccio è quella di non confondere il progetto “alla Vajont” con gli impianti cosiddetti “mini hydro”, il cui impatto è nettamente basso (anche se esistente, per forza di cose), che oltre alla produzione di energia elettrica (con qualcosa la dovremmo pur fare…) portano nelle tasche comunali ingenti somme di denaro. Non è solo questione speculativa, ma una risorsa (se non l’unica… quasi) per i piccoli Comuni di montagna. Questo naturalmente non è un commento “pro”, è un commento “valutiamo”.
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Peccato che in Italia il “valutiamo” generalmente significa, soprattutto in ambito pubblico, difendere esclusivamente il tornacono del singolo privato magari quello speculativo. Mi sembra che i tristi fatti dell’Abruzzo testimoniano pienamente che, di fronte al dio denaro, neanche la vita umana ha più valore. Il fatto è che nel nostro Paese non ci si vergogna più di alcunché. Certi fatti gravissimi oramai non destano più scandalo. E allora, se la vita umana non vale più di un palazzo fatto come si deve, con il rispetto di tutte le norme antisismiche, perché dovrei credere che c’è qualcuno che si possa interessare di valutare l’importanza di tutelare un bene così importante come la montagna? Di fronte ai soldi in Italia, e correggimi cortesemente se il mio sentore è sbagliato, si calpesta qualsivoglia intresse collettivo. E sovente questo “interesse” viente portato avanti fregandosente del rispetto delle leggi. Tanto siamo tutti facilmente corruttibili. Non è vero?
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Soldi = ecosistema minacciato
Sono forse troppo esagerata?
Serpillo
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Il 9 aprile c’è stato a TO un forum su acqua – energia dentro il calderone di “Uniamo le Energie”. Non ho partecipato perchè non è il mio settore, magari sul sito della Regione ci sono gli atti. Il primo che li trova comunichi!
Per inciso e non per fare sempre polemica gratuita “Uniamo le Energie” sul legno (materia mia) è stato come la Corazzata di Fantozzi…..
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http://www.regione.piemonte.it/ambiente/forum.htm
Dormono, come al solito. Non ci sono gli atti ma li ho recuperati in tempo 0 cartacei.
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JohnDeere: grazie mille del link sul forum. Per gli atti, se ho ben capito li ha cartacei… Mi piacerbbe dargli un’occhiata… Mi fai sapere? Riesci magari a scansionarli e a renderli pubblici? Oppure me li spedisci (quelli che riguardano l’acqua)?
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