Quest’estate, navigando tra i monti, sovente ascoltavo affermare tra gli escursionisti: “Speriamo che ad agosto le temperature non saranno troppo torride, così almeno i ghiacciai ed i nevai resisteranno fino all’inizio delle nuove nevicate“.
E’ vero, la nostra speranza, di noi escursionisti, è quella di ritrovare, come un tempo, una montagna più vera o, meglio, più riconoscibile. Forse il termine corretto è leggibile. Un montagna che riesca ancora a farsi capire per chi la frequenta da tempo e che di conseguenza ha interiorizzato una sorta di “mappa” mentale che permetta un dialogo con essa: lì il torrente, dove posso riempire la borraccia, lì la passerella che mi permette di attraversarlo, più in alto i nevai da solcare e che restituiscono alla pianura l’acqua accumulata in inverno. Poi, ancora più sù, i ghiacciai, anticamere delle vette e custodi di quella risorsa insostituibile e assolutamente necessaria per la nostra vita: l’acqua.
Quest’anno l’inverno nelle Alpi Occidentali è stato prodigo di precipitazioni nevose. Forse fin troppa neve è caduta visto che il conto dei danni e delle spese per il suo sgombero è arrivato puntuale come un treno svizzero. Molti ovviamente, tra coloro che amano la montagna, auspicano che anche il prossimo inverno cada tanta neve. Per chi scia sulle piste, per chi fa scialpinismo, per chi indossa le racchette da neve… Ma anche per coloro che vogliono semplicemente trascorrere una giornata in montagna per riempirsi gli occhi di panorami imbiancati. Insomma, da quanto visto lo scorso inverno, sembra proprio che non ce la facciamo a liberarci da un’idea di clima, anch’esso da anni interiorizzato, che purtroppo non esiste più. Sembra la solita banalità: non esistono più le stagioni di una volta! Peccato però che la miopia, quella solita che sovente contraddistingue l’agire umano, esiste sempre e puntuale si ripresenta quando a farne le spese siamo noi cittadini, distratti da mille cose, sovente poco necessarie per vivere e per comprendere la realtà vera, non quella olografica della televisione.
Adesso, se avete un po’ di pazienza, vorrei tentare di fare una sintesi di cosa potrebbe succedere ad un pezzo meraviglioso del nostro mondo, il Vassola e dintorni, grazie ad un illuminante articolo scritto sul quotidiano La Stampa da Mario Tozzi.
Vorrei però prima ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a comprendere meglio cosa c’è dietro la corsa all’oro bianco: i compagni di cordata sono tanti e tutti mi hanno aiutato a salire lassù da dove si può osservare la realtà delle cose con più chiarezza e verità. Come quegli stupendi orizzonti che godiamo sulle vette nelle giornate cristalline.
L’ultimo compagno di cordata è il ricercatore Mario Tozzi che, con il suo pensiero, mi ha permesso di aggiungere un altro tassello alla comprensione più nitida dei fenomeni climatici che possono farci riflettere in modo più approfondito su certi progetti molto discutibili e di cui la montagna dovrebbe farne le spese.
La prima domanda, che ha destato in me molte preoccupazioni, è stata quella relativa alla necessità di una tale opera a discapito del territorio del Piano di Vassola e di Vonzo: luoghi questi che credo siano meritevoli di tutela perché tra i più belli delle Valli di Lanzo. Ma non è solo il fattore estetico che conta. Personalmente credo che ci sia molto altro su cui vale la pensa soffermarsi.
Andiamo con ordine.
1. La diga sul Piano di Vassola per derivare l’acqua dell’omoniomo Rio, e le altre opere per captare l’acqua dal Rio Paglia, serve per produrre energia elettrica. Ma quanta energia viene prodotta? Relativamente poca, talmente poca che basterebbe che tutti noi iniziassimo a sprecarne di meno per rendere insignificanti e inutili tali opere. Leggete cosa è successo in Savoia stando attenti a risparmiare energia (fonte: alpMedia).
2. Quanto ci guadagnerebbe il Comune di Chialamberto se decidesse di approvare questo progetto? Qualche decina di migliaia di euro all’anno (circa 50 mila). Questo vuol dire che questo piccolo Comune si potrebbe permettere di mettere a bilancio una spese di tale entità ogni anno per tutte quelle opere importanti (ammodernare la rete fognaria, rifare l’asfalto alle strade, ecc…). Attenzione a questo punto: “arrivano” 50 mila euro. Da dove? Dall’acqua. E come si “generano” soldi con l’acqua? Immettendo nella rete elettrica energia che deriva da fonti rinnovabili in quanto, per normativa europea, le aziende che producono elettricità (come l’Enel) hanno l’obbligo di immettere in rete ogni anno una certa percentuale di elettricità cosiddetta “pulita”. Ma non riescono da soli a produrla e così devono acquistare i certificati verdi che equivalgono a quella percentuale di energia che devono immettere. Questi certificati verdi sono emessi quando una società come la Clear Energy (la ditta che propone al Comune il progetto del Vassola) riesce a trovare dei torrenti da sfruttare (e da seccare, per dirla alla Rumiz).
3. Quindi il ragionamento economico sotteso alla svendita della cosa pubblica, come è il nostro territorio e tutte le ricchezze che custodisce, anche quelle immateriali come un bellissimo paesaggio, è alquanto semplice: mi servono le fogne, ti vendo la mia acqua e tu in cambio mi dai del denaro. Se volete vedere gli effetti di qualche ragionamento di questo tipo, soprattutto per quanto concerne il Deflusso Minimo Vitale, allora vedete le slide da pag. 14 in avanti di quest’atto del Convegno della TAM (situazione in provincia di Cuneo) di cui ho trattato in questo post.
4. A questo punto però, per evitare conclusioni davvero rozze e superficiali, dovremmo chiederci se una risorsa così importante, come l’acqua di Vonzo e dintorni, scenderà sempre da lassù, dai quei valloni stupendi, per produrre soldi con l’energia pulita. Insomma, ogni anno i 50 mila euro saranno sempre garantiti al Comune di Chialamberto? Anche tra cinque anni? I calcoli sul deflusso minimo vitale (previsto da precise normative) è fatto su dati che nulla dicono su quanto è ormai previsto in tema di climadai maggiori esperti mondiali. Come si fa a garantire quel denaro se andiamo incontro ad anni sempre più siccitosi? Mi chiedo se il Sindaco Giuseppe Drò non ha mai notato lo stato pietoso dei rii di montagna negli ultimi dieci anni specialmente in estate.
5. Se mancherà l’acqua i primi ad accorgesene non saranno i signori della Clear Energy ma i cittadini di Chialamberto perché l’acqua serve soprattutto per le esigenze quotidiane, come il lavarsi. E se dai rubinetti non uscirà più nulla?
Leggete e riflettete su cosa ha scritto Mario Tozzi a proposito dei cambiamenti climatici (La Stampa di domenica 6 settembre 2009):
La lunga estate calda
A guardare bene, in tempi recenti, solo quella del 2003 è stata più calda – e ce le ricordiamo le centinaia di morti a causa delle famigerate ondate di calore nella civilissima Europa -, poi bisogna almanaccare nelle statistiche degli ultimi 200 anni per trovarne altre due a questi livelli: l’estate attuale è da record e non è ancora finita. Ma questa potrebbe essere peggiore delle altre per almeno due motivi. Il primo è che il calore torrido «annulla» tutta la gran massa d’acqua caduta in inverno e in primavera, quando gli scettici del cambiamento climatico si permettevano illazioni a proposito del fatto che non ci sarebbe stato davvero da preoccuparsi per la siccità, visto che pioveva come Dio la mandava. Neanche era finito agosto che le piogge torrenziali sono state virtualmente annullate dal caldo e dai nostri sprechi (occorre sempre rimarcarlo), ma in più anche dall’idea che, almeno per quest’anno, la siccità ci avrebbe lasciato in pace. La seconda ragione è che, per quanto riguarda i ghiacciai (i veri moderatori del clima della Terra) va anche peggio: il Comitato Glaciologico Italiano esprime il ragionato parere che i ghiacciai alpini hanno già perso tutto il manto gelato che era stato accumulato in un inverno-primavera copioso di precipitazioni nevose. Significa che anche prima di arrivare a fine settembre, momento in cui si fanno i conti, la situazione si è addirittura aggravata rispetto agli anni scorsi. Non è solo un problema italiano. I nuovi dati di Arctic Climatic Feedbacks dicono che oltre un miliardo e mezzo di persone soffrirà le conseguenze di fenomeni meteorologici estremi, se le cose procedono in questo
modo. Le emissioni di gas-serra si stanno per accrescere esponenzialmente a causa della liberazione delle riserve di carbonio finora conservate nei ghiacci artici. Come a dire che, se non si riesce a mantenere l’Artico freddo, il problema si riverbererà in tutto il mondo. La perdita del ghiaccio artico, dovuta al fatto che il Polo Nord si riscalda a velocità doppia rispetto al resto del pianeta, influenzerà negativamente la gran parte delle attività economiche del mondo ricco, compromettendo in particolare le riserve di acqua. A parte il caldo che percepiamo, insomma, sono i dati scientifici a far apparire ottimistiche le previsioni dell’IPCC di solo un anno fa, quando si sosteneva che il cambiamento climatico sarebbe stato «faster, stronger and sooner», cioè che sarebbe avvenuto più velocemente di quanto gli stessi scienziati avessero già previsto nel 2007. Di soluzioni si discuterà a Copenaghen a dicembre, ma la prossima settimana sul clima delle Nazioni Unite vede già i climatologi di tutto il mondo indicare la strada della riduzione cospicua e immediata delle emissioni clima alteranti dal 25 al 40% entro il 2020, mentre obiezioni non argomentate da un punto di vista scientifico, ma forti del
potere economico, si traducono in una sostanziale perdita di tempo prezioso. Non fare nulla per opporsi al deterioramento climatico ha costi già oggi insostenibili: i danni derivati ammonteranno presto al valore totale di tutto ciò che l’umanità produce in un anno. Quando diventerà conveniente, si dice, e si faranno affari sulla mitigazione del cambiamento climatico, allora il libero mercato sistemerà le cose e si darà inizio alla ristrutturazione ecologica del pianeta. Ma quando? Se le corporation che governano di fatto i Paesi ricchi non si sono ancora fatte convincere dai dati degli scienziati, cosa le convincerà mai? Purtroppo siamo sempre lì: si sostiene che l’economia viene prima dell’ambiente, dimenticando che qualsiasi sistema economico è un sottosistema della biosfera, che è sempre esistita anche senza l’economia, mentre è impossibile che avvenga il contrario. Insomma, se continuerà a fare così caldo non ci sarà nessuna attività produttiva, almeno non su questo pianeta.
Di fronte a queste considerazioni, mi piacerebbe che qualcuno di voi lettori, magari proprio il Sindaco di Chialamberto, mi facesse scorgere quell’orizzonte di senso che possa finalmente sopire le preoccupazioni di chi come me ama la montanga e cerca di tutelarla dalle aggressioni speculative. Come si fa a mettere in gioco un territorio e le sue risorse che racchiude, così tremendamente indispensabili per tutti gli esseri viventi, pianeta Terra compreso, di adesso e di quelli futuri, quando non sappiamo neanche se domani continuerà a piovere come una volta? Noi esseri umani abbiamo il pericolosissimo difetto di adattarci alle esperienze passate e il nosto cervello ci mette un attimo a proiettarle nel futuro.
6. Altra domanda: secondo quanto riportato nella Valutazione di Impatto Ambientale (VIA: la relazione non tecnica che abbiamo consultato richiedendola allo sportello ambiente della provincia di Torino) l’opera in questione richiederebbe circa 8-10 milioni di euro. Ma tutti questi soldi chi ci li mette? La Clear Energy? Oppure come è facile pensare arrivano da qualche fondo pubblico, magari dell’Unione Europea? Non è che tutto questo denaro in gioco vale la devastazione del caso al di là dell’utilità o meno del progetto e delle esigenze del Comune di Chialamberto?
7. Ma come è possibile, se ci soffermiamo esclusivamente sulle necessità economiche del piccolo Comune, che in Italia, così ricca di beni naturali e culturali, si è arrivati al punto di svendere il nostro territorio per ottenere in cambio qualche decina di migliaia di euro? Come si fa a non tremare quando pensiamo che un domani su quel territorio non ci sarà più l’acqua ma rimarranno soltanto i segni delle opere di cementificazione che violenteranno definitivamente luoghi così belli che dovrebbero invece far nascere in noi l’obbligo morale di lasciarli intatti in eredità ai nostri figli? Per non compromettere il loro futuro?
Così ha scritto Barbara Spinelli nel suo bellissimo editoriale comparso su La Stampa di oggi (Il Paese dalla vista corta):
[…] “Già nell’800 Jacob Burckhardt scriveva che l’indebitarsi dello Stato («La più grande, miserabile ridicolaggine del XIX secolo») era un «dissipare in anticipo il patrimonio delle future generazioni: una superbia senza cuore». Non rattrappisce solo il tempo, come la pelle di zigrino di Balzac. Il rattrappimento colpisce anche lo spazio. Tempo breve e spazio corto eclissano artificialmente le più vaste realtà che sono la nazione, l’Europa, il mondo. L’artificio sta ovunque sbriciolandosi perché ha prodotto danni enormi”.
Non la crisi è mentale, come dissero gli avversari di Obama e come ripete Berlusconi. È mentale l’illusorio ottimismo consumistico di cui la crisi è stata la nemesi. Citiamo l’Italia perché da noi questa genealogia mentale della crisi persiste, con molteplici rami. Perché il tempo breve qui celebra i suoi fasti, e più che altrove è malato il rapporto col tempo: passato, presente, dunque futuro. […]
E allora, se è veramente la necessità di ammodernare la rete fognaria di Chialamberto che fa sorgere l’ipotesi di uno scambio di tale entità (acqua in cambio di soldi), sarebbe davvero opportuno che delle istituzioni come la Provincia di Torino o la stessa Regione Piemonte se ne facesse carico affinché tutti i cittadini piemontesi, che vivono su un territorio di cui il 50% è fatto di montuosità, si sentissero coinvolti a livello politico da queste problematiche.
Perché in fin dei conti, sul Piano di Vassola, e su quelle cime che ne fanno da contorno, anche io che vivo a Torino, come tutti quei cittadini di pianura che ogni week-end si recano nelle valli piemontesi, vado alla ricerca di orizzonti di senso.
Che sono un luogo della mia anima. Da non violentare con progetti privi di senso.
Rimango piacevolmente colpita quando leggo i discorsi di Obama in questi ultimi giorni: riporto uno stralcio del suo intervento rivolto a Ted Kennedy come ultimo saluto:
– Noi non possiamo sapere quanto resteremo quagqiu’. Quello che possiamo fare pero’ e’ vivere la nostra vita nel modo migliore, con uno scopo, con amore e con gioia.
Possiamo usare ogni giorno per dimostrare a chi e’ piu’ vicino quanto lo amiamo, e trattare gli altri con la gentilezza ed il rispetto che vogliamo per noi.
Possiamo imparare dai nostri errori e crescere grazie ai nostri fallimenti.
Possiamo lottare per un mondo migliore cosi’ che un giorno potremo guardarci indietro e sapere che abbiamo speso bene la nostra vita.-
Serpillo
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Siamo al grande bluff delle rinnovabili.
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@serpillo: grazie della citazione del Presidente Obama. Spero solo che non stiano già progettando di eliminarlo…
@JohnDeere: leggi cosa ha affermato l’associazione di Confindustria “Tavolo della Domanda”, che
rappresenta le imprese grandi consumatrici di elettricità:
Il sistema di incentivazione delle rinnovabili,
invece di promuovere efficienza e competitività,
garantisce ingiustificate rendite che nulla hanno a che
vedere con competitività e sviluppo, con questo
alimentando connivenze o sudditanze che di fatto
sono sotto gli occhi di tutti.
Iperincentivazione che gratifica l’inefficienza, laddove negli altri paesi europei, ad un incentivo verso
le fonti rinnovabili bisognose di supporto allo sviluppo, sono affiancate misure di responsabilizzazione che correttamente evitano di aggravare inutilmente la collettività.
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difficile è giudicare il clima così, solo in base alla nostra memoria. l’anno scorso, quand’ero bambino, ecc…
gli esperti ci insegnano che bisogna considerare periodi più lunghi.
però questi sbalzi improvvisi, queste precipitazioni eccezionali… tutte cose che fanno pensare.
anche quando si costruisce qualcosa che ha a che fare con un corso d’acqua (ponti, dighe, canalizzazioni, opere di difesa spondale), lo si fa calcolando le portate ed i “tempi di ritorno” di certi eventi. ma non sei mai sicuro di quel che seguirà.
fino ad oggi non c’è mai stata una piena così… oppure si calcola che ci sia una volta ogni 200 anni… e poi invece questo pazzo clima che stiamo vivendo ce la presenta così di colpo, e allora sono alluvioni, danni, lacrime
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@Beppeley: sono d’accordo con te, quando dici che si tratta di un problema di responsabilizzazione. Inizio a credere che l’uomo non ne avrà mai la “quantità” minima per poter salvare le sorti del nostro Pianeta,della sua e delle altre specie. Forse è un normale processo di selezione naturale, sarebbe l’ipotesi più calzante. Se poi prendiamo il caso italiano, la vedo proprio dura:tra ignoranza collettiva e amore per la res privata (altro che publica)…
@blacksheep77: non farmi smettere di piovere proprio ora, che tra qualche giorno voglio andare a bolè! 🙂
E’ tutto agosto che aspetto! 🙂
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@Beppeley: verissimo, infatti coi vari certificati oggi andiamo a finanziare l’impianto e non la gestione della risorsa. E questo succede perchè il pubblico non ha soldi (o diciamo pure che ne ha ma li spende alla cazzo), e il privato non ha quella veste di “fate bene fratelli”, percui si finanzia l’impianto e poi lo gestisce come più conviene a lui (coi soldi nostri)
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Bellissimo il lungo articolo e i commenti. Che dire di più? Nell’attuale sistema economico il risparmio non genera profitto, pertanto è meglio sfruttare le cosiddette fonti di energie alternative, andando a spremere torrenti, piazzando pannelli solari al posto dei campi, invadendo crinali e montagne di imponenti eolici colossali,piuttosto che tappando i buchi e le falle di un sistema di produzione (e distribuzione) inadeguato, sprecone e obsoleto. Condivido il pensiero di @johndeer: si finanza l’impianto (e allora?) ma non si gestisce la risorsa (intesa come fruizione della stessa negli anni a venire, e con il minimo impatto ambientale —> e mi ricollego ai ragionamenti di @beppeley su progetti e destini di Vassola e simili).
Manca un senso a tutto ciò, se vogliamo toglierci dalla euforia dei PIL che ricominciano a crescere e dalla trappola dell’istante effimero che brucia tutto in un attimo; si cita “il secolo breve”, ma ormai la prospettiva del secolo è anch’essa superata: si è passati alla non-pianificazione basta sul decennio, sul triennio, sulla durata di mezza legislatura. Manca un senso, mi ripeto: il senso che Beppe cerca sui monti.
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@blacksheep77: ascoltare le previsioni degli scenziati in tema di clima ha un costo che, se non viene accettato dalla maggioranza delle economie avanzate, può distorcere il mercato in generale (se siamo solo noi italiani, per esempio, ad impegnarci nella riduzione delle emissioni di CO2, obbligando le imprese ad investire in impianti meno inquinanti, significa che il prodotto finale costerà di più rispetto a quello fatto dove non viene imposto tale impianto di depurazione dei fumi. Scusami se sono stato poco chiaro. Ma è questo il problema di mettere d’accordo i vari paesi nelle conferenze mondiali sul clima.
@ometto83: mi piace la parola “responsabilizzazione” e l’Italia dovrebbe essere fiera di avere tra i suoi cittadini un giovane come te che ragiona in modo così maturo. Ci sono cinquantenni che non sanno neanche cosa vuol dire essere responsabili… Anche questa parola ha un costo ma alla lunga paga. Ovviamente dobbiamo dimenticarci il tempo breve, quello del tutto e subito come ne ha parlato la Spinelli.
@JohnDeere: a me è molto piaciuto anche l’intervento finale di Luigi Gaido nel convegno della TAM sullo sfruttamento delle acque montane. Se sei curioso, ecco il link (apre un file in .pdf):
Clicca qui
@gpcastellano: grazie! Davvero grazie! Se trovi cinque minuti di tempo, leggiti le conclusioni di Gaido (vedi il link di cui sopra): personalmente l’ho trovato interessantissimo.
Comunque siamo alle solite… Il tempo lungo, lunghissimo, come la tua escursione alla Tersiva non è più di moda. Oggi si preferisce far esplodere il cervello in attimi di tempo insignificanti. Come una scossa che genera l’effetto di una droga. Stiamo semplicemente impazzendo perché non siamo più capaci di rispettarci e di conseguenza non rispettiamo gli altri e il mondo intero inteso come materia vivente. E questo è davvero grave.
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Il punto cruciale è proprio quello indicato al punto 6). Conviene fare queste cose perchè vengono finanziate alla grande (ovviamente con soldi nostri). Ai comuni e a chi subisce i danni viene data qualche briciola e tutti sono contenti, tanto in italia ma non solo, l’orizzonte della lungimiranza non arriva più in la di 70-80 cm (distanza media tra occhi e tasca dove teniamo il portafoglio
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Premetto che ho un’opinione personale molto molto scarsa del prof. Gaido, ma per una volta, condivido un suo intervento
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