Il Vallone di Vassola: un museo del “paesaggio naturale” a cielo aperto

Il Lago di escavazione di Nora, circondato dalle rocce montonateHo incontrato Marco Blatto al Camussot durante la serata sulla prima italiana alla nord dell’Eiger presentata da Andrea Mellano. Abbiamo parlato del Piano di Vassola e lui, con grande disponibilità, mi ha inviato questa sua bellissima presentazione geomorfologica. Lo ringrazio tanto per avermi concesso l’opportunità di pubblicarla in questo blog che mi permetterà di esprimere, nel prossimo post, le mie personalissime considerazioni su certe discutibili scelte politiche che tendono a sottrarre a tutti noi questi meravigliosi ambienti che dovrebbero invece essere tutelati e curati soprattutto considerando le potenzialità del turismo escursionistico.

Continua a leggere “Il Vallone di Vassola: un museo del “paesaggio naturale” a cielo aperto”

Ritorno al Casias

Sono trascorsi più di sette mesi da quando siamo stati al Lago Casias, in quella bellissima estate indiana goduta dalle parti di Mondrone.
Domenica scorsa ci siamo tornati durante un’uscita del Cai di Lanzo in una giornata che si è presentata tutt’altro che favorevole per affrontare questa escursione. Forse non nel meteo ma di certo favorevole nello spirito. Gli amici che sono venuti con noi ci hanno spronato ad arrivare fin lassù, immersi nei vapori alquanto umidi di questa piovosissima primavera.
E’ stata una bellissima uscita. Non scrivo nulla su questo ambiente molto affascinante, avendolo già fatto lo scorso novembre nel post Estate indiana a Mondrone.
Però vi regalo qualche foto in questo slideshow che trovate qui sotto. Spero che vi piaccia e che riesca a trasmettervi qualche gradevole emozione. Ma soprattutto spero che riesca a farvi percepire quel feeling, molto particolare ed insolito, che si instaura solo con persone speciali, come quelle che hanno faticato e condiviso la pioggia che ha cosparso i monti della Val d’Ala. Se così succederà, allora credo che il Club Alpino Italiano ne potrà essere fiero.

ritorno al Casias

Questo slideshow richiede JavaScript.

La montagna è piena di Vita. Ed è solo frequentandola con le proprie gambe che si impara a rispettarla ed amarla.

E a capire quanto è importante per tutti noi.

Beppeley

La cultura del limite

[…] “Tra tutti gli insegnamenti, ve n’è uno in particolare che Salsa ricorda volentieri: “la cultura del limite”. Per le genti di montagna, per i rustici montanari di un tempo, ciò significava non spingersi in zone pericolose o non chiedere troppo alla natura che li nutriva: insomma non eccedere con le proprie azioni per evitare di sbilanciare i delicati equilibri naturali. La cultura del limite, accolta poi anche dagli alpinisti, significa conoscere proprietà e limiti, per esempio, dell’attrezzatura per la scalata. “Sia per i popoli di montagna, sia per gli alpinisti d’oggi, la conoscenza di ciò che si può e non si può fare è alla base della sicurezza, del non mettere a repentaglio la propria vita. Ma per imparare questa cultura, per sapere fino a dove ci si può spingere, bisogna conoscere il territorio”. Solo così si può conoscere meglio anche se stessi, le proprie potenzialità ed i propri limiti.” […]
Tratto da “ lo “sguardo” di Annibale Salsa

Venerdì scorso, sul quotidiano La Stampa, mi imbatto in un articolo, che potete leggere integralmente alla fine di questo post, di cui riporto qui un breve pezzo che mi ha particolarmente colpito. L’articolo in questione si intitola “Dal fondo dell’oceano una lezione per l’umanità – Non siamo onnipotenti“, ed è davvero molto illuminante. E’ stato scritto da Luca Mercalli che da qualche tempo a questa parte è una delle firme più prestigiose de La Stampa. Ritrovo così, con immenso piacere, anche tre le sue affermazioni, quel concetto del limite, tanto connaturato nelle genti di montagna quanto pericolosamente assente nella nostra epoca progettata da filosofie “no limits” che purtroppo possiamo notare in tanti aspetti della nostra vita: no limiti allo sviluppo, no limiti alle acrobazie finanziarie che hanno affossato l’economia globale, no limiti allo sfruttamento dell’uomo come macchina per far soldi, no limiti al consumismo, no limiti allo spreco, no limiti ai rifuti, no limiti all’avidità,…

[…] Quindi la macchia oleosa, che fa danni dilagando sulle acque, e che ne avrebbe fatti comunque altri anche se fosse andata in fumo al termine del suo canonico destino verso un motore termico, porta con sé il messaggio del limite. Lo stesso elemento che cent’anni fa svincolava l’umanità dal limite della fatica fisica e della penuria materiale, oggi è foriero di una verità che non si può più nascondere: la Terra, le sue potenzialità di erogare risorse e metabolizzare rifiuti, non sono infinite.” […]

L’articolo integrale di Luca Mercalli, che vi suggerisco vivamente di leggere, lo trovate cliccando qui.

Beppeley