Una famiglia sul Rocciamelone

La foto che vedete qui accanto l’ho scattata il 31 luglio 2005 in cima al Rocciamelone. Il riepilogo delle informazioni del file immagine JPEG mi svela l’ora dello scatto: sono le 6.02 del mattino. Due ore prima, dal fondovalle della Val di Susa, sale una giovane famiglia, mamma e papà con il loro ragazzino, aprono la porta del rifugio Santa Maria e, seduti di fronte ad un tavolo,  si rannicchiano per riposarsi un po’. Il rifugio è strapieno, non c’è più un buco per sdraiarsi sul tavolato. Siamo tutti quanti stretti gli uni accanto agli altri ad attendere il nuovo giorno. Sono le 4 del mattino. Apro gli occhi e vedo quella giovane coppia e il loro figlio. Non capisco. Perché sono arrivati fin quassù, ad un’ora così insolità, per guadagnare un bivacco a più di 3500 metri di altezza col rischio di trovarlo pieno? Sarà per la Festa che ogni anno ricorre qui, in vetta a questa montagna simbolo per la Val di Susa?

Lo scoprirò quando sarà ora di uscire dal rifugio per prendere la via di discesa e planare verso il Colle della Croce di Ferro e ritornare così a Malciaussia, in Val di Viù. La qualità della foto lascia un po’ a desiderare. Ero alle prime armi con le fotocamere digitali. Quella era stata la seconda uscita in montagna in cui la usavo e poi c’era poca luce.

Prima di quel momento, prima di osservare quell’alba da fine del mondo, quella bandiera che sventolava in molti punti della Valle di Susa per me, abituato a vedere in televisione i manifestanti, giovani e meno giovani, rappresentava quasi un simbolo eversivo. Quelle persone in apparenza erano indistintamente un nugolo di  diversi che volevano fare solo un po’ di casino per essere contro qualcosa, un qualcosa di così incomprensibile per noi cittadini di pianura che non riusciamo più a comprendere  il territorio su cui viviamo se non in un ottica di scambio commerciale. Fino ad allora ritenevo il movimento NO TAV come un qualsiasi altro movimento destabilizzante, magari di estrema sinistra, magari un po’ rivoluzionario, magari un po’ anarchico… magari composto da individui un po’ svitati… un po’ black bloc, magari appartenenti a qualche tifoseria violenta che ha trovato un bel pretesto per fare il solito parapiglia, giusto per sfogare qualche frustrazione sociale.

Magari proprio tutto quello che la tv voleva farmi intendere?

Da quel giorno mi sono reso conto di quanto i mass media abbiano la capacità di manipolare le nostre opinioni. Da quel giorno ho capito, osservando quella giovane famiglia che ha faticato non poco nell’oscurità, per arrivare fin lassù, ad “urlare” che loro non ci stanno, che loro amano la loro terra e non vogliono vederla “violentata” con progetti faraonici che nessuno è stato in grado di spiegarci, tantomeno la vergogna della nostra televisione pubblica, quella che dovrebbe essere di tutti noi e che invece non è nient’altro che uno strumento di potere in mano ai soliti politici incollati alla loro poltrona.

Quella famiglia, rannicchiata su quel tavolaccio, dove la sera prima noi avevamo allegramente cenato, così soddisfatti di aver raggiunto quella bellissima montagna, mi aveva  commosso. La percepivo così fragile di fronte ai grandi interessi economici, ai grandi business che muovono il mondo e che, ogni tanto, lo divorano pure. Chi la difende quella famiglia dall’arroganza del potere?

Forse in quella loro fragilità ho rintracciato un po’ di verità.

Di quel tour intorno al Rocciamelone ho un ricordo magnifico. Fatto in compagnia di persone meravigliose, genuine, autentiche.

La montagna ha sempre qualcosa da insegnarci.

8 pensieri riguardo “Una famiglia sul Rocciamelone

  1. Navigando in CIPRA trovo una notizia sulla linea ferroviaria Torino-Lione che riporto in parte:


    Si allarga il fronte critico alla prevista linea ferroviaria tra Lione e Torino: in Savoia si oppongono al progetto sia le associazioni ambientaliste sia il partito conservatore UMP. E ora esprime riserve anche l’Agenzia francese per l’ambiente.

    In Francia è in corso una consultazione pubblica sulla “Torino-Lione” che si concluderà all’inizio di marzo. Le organizzazioni ambientaliste FRAPNA e FNE avevano chiesto una proroga dopo la pubblicazione del rapporto dell’Autorité environnementale du Conseil général de l’environnement et du développement durable (AE), che evidenzia rilevanti carenze nel dossier del progetto. Occorre rilevare che in precedenza FRAPNA e FNE erano favorevoli alla “Torino-Lione”.

    Le critiche al progetto si concentrano in particolare sul venir meno della priorità del trasporto merci, sulla sostenibilità ambientale e sulla redditività.

    Qui il resto: http://www.cipra.org/it/alpmedia/notizie-it/4556

    Serpillo1

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  2. Imbecille quello che tempi fa sabotò a martellate la statua della Madonnina.Ma a quello che è salito là per appendere la bandiera NO-TAV sul traliccio,dico bravo.

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  3. Dal La Stampa di oggi (http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/444441/):

    “A un certo punto ci viene incontro un poliziotto che in genere non indossa la divisa. E’ un esperto di intelligence, segue la protesta No Tav da sempre: «Qui sta maturando un senso di antistato pericolosissimo – si sfoga – noi continuiamo a fare il nostro dovere. Ma ci hanno lasciati soli. Manca la politica. E’ sempre mancata in tutti questi anni. Nessuno è venuto a fare discorsi seri, ad ascoltare e spiegare, a compensare il disagio con delle proposte concrete». In Valle di Susa si sentono tutti soli. Tutti stanchi e esasperati. Si susseguono ordinarie «anomalie».”

    Bello Stato. I nostri politici sono vergognosi.

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    1. L’ascolto, il confronto serrato e civile, il senso critico, la misura, il progettare e costruire per le generazioni future e non per aumentare il proprio conto in banca: tutto questo non c’è mai stato o è venuto a mancare da subito, appena si è sentito l’odore dei $$$$. Da un lato i fautori dell’Ormai, coloro che sono partigiani della TAV, per i quali ormai va fatta, anche contro evidenti diseconomie, mancanze di fondo, cadute di interesse dal lato francese. Dall’altro i tifosi del Giammai, per i quali un cantiere così è per sempre, e se partirà niente sarà più come prima. In mezzo lo sgomento, il dubbio, la perplessità d chi è chiamato per dovere di carica a difendere le (in)decisioni di una politica che più nessuno sente come propria.

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