Torre d’Ovarda (3069 m)

diapositivaReduce da una serata organizzata dal Corso Base di Escursionismo del C.A.I. UGET Torino,  in cui si affrontava il primo soccorso, la chiamata del 118 e l’organizzazione del Soccorso Alpino, ho ritenuto interessante riportare un articolo (più sotto) scritto dal nostro amico Giorgio Inaudi per Barmes news n.15 che parla di un intervento accaduto negli Anni ’20 del secolo scorso.

Oggi il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, che fa parte del Club Alpino Italiano ed è un’associazione di volontariato senza scopo di lucro, è nato ufficialmente nel 1954 ma il grande spirito di solidarietà delle genti di montagna ha sempre permesso, anche prima di quella data, il soccorso in montagna  fin dalla nascita del C.A.I. (1863).

La Repubblica Italiana, con Legge 74/2001, ha riconosciuto al C.N.S.A.S. la funzione di Servizio di Pubblica Utilità sul territorio nazionale. Dalla serata Cai è emerso che i maggiori incidenti in montagna capitano ai cercatori di funghi e a coloro che frequentano le piste da sci. Invece i soccorsi effettuati nei confronti dei soci CAI sono relativamente irrilevanti.

Come approcciarsi alla montagna senza incorrere all’intervento di questi volontari?

Di fondamentale importanza è la valutazione della nostra preparazione fisica e mentale, la metodica ricerca delle informazioni sull’itinerario che si vuole affrontare (tramite le sezioni locali del CAI, grazie ai custodi dei rifugi oppure consultando le guide escursionistiche di recente pubblicazione e le informazioni presenti su Internet), l’attrezzatura, seguire ed aggiornarsi sulle previsioni meteo alcuni giorni prima dell’escursione, usare la carta topografica abbinata alla bussola e all’altimetro per sapere costantemente dove ci si trova e non perdere così l’orientamento. Aggiungerei l’alzarsi presto (la famosa regola basilare dell’andar per monti: “Partire presto per tornare presto”) e avere nello zaino (che è poi la nostra casa) indumenti caldi anche se si prospetta una giornata di sole, senza dimenticarsi di lasciare sempre detto ai familiari e/o amici dove si sta andando (se usiamo l’auto per raggiungere la partenza dell’escursione è una buona idea lasciare dentro un foglio con le indicazioni del nostro itinerario soprattutto se si parte da soli e non c’è nessuno che ci aspetta a casa).

Queste sono poche regole basilari da seguire per non allertare inutilmente questi angeli custodi solo perchè si è stanchi ed è arrivato il buio e si è persa così la strada di casa. Ricordiamoci che queste persone potrebbero rischiare la propria vita per venire a salvarci anche a seguito di una nostra imprudenza. E questa è una mancanza di rispetto per la vita stessa.

Il numero da chiamare, in caso di pericolo, in Italia è il 118. Un operatore seguirà con competenza la chiamata fino al termine dell’intervento.

Gli interventi del Soccorso Alpino, siano essi effettuati con l’elicottero o siano essi effettuati con le squadre di uomini a terra, attualmente non prevedono un pagamento di un prezzo.  Personalmente però riterrei giusto che l’intervento venisse pagato nei casi di abuso di questo servizio, soprattutto quando l’intervento è scaturito a causa della inadeguata preparazione e conoscenza della montagna e dall’imprudenza dell’escursionista/alpinista in relazione alla difficoltà dell’itinerario scelto.

Lo stesso C.A.I. sensibilizza e forma i soci in questo senso tramite i corsi tenuti periodicamente dalle Scuole di Escursionismo, di Arrampicata e di Alpinismo. La sicurezza e la conoscenza approfondita della montagna devono far parte del nostro bagaglio culturale. Nel dubbio tornare indietro e non proseguire non è poi così disdicevole, anzi lo ritengo un gesto di umiltà e di piena percezione dei nostri limiti in rapporto ai pericoli dell’andar per monti.

Reinhold Messner sostiene che il miglior alpinista è colui che sa rinunciare e torna a casa salvo. Questa frase può essere anche adottata da un escursionista o da chi pratica attività in montagna in generale.

Ecco qui di seguito l’articolo di cui vi ho accennato all’inizio del post:

Oggi il soccorso alpino è un’attività che coinvolge un numero rilevante di valligiani, riuniti in un’organizzazione efficiente, dotata di attrezzature e di mezzi adeguati al difficile compito che deve essere svolto. Ma soltanto da pochi anni è così. In precedenza, ancora negli anni Sessanta e Settanta, prima dell’utilizzo sistematico dell’elisoccorso, effettuare un intervento voleva dire affrontare estenuanti marce anche notturne, spesso nel maltempo, sotto il peso di barelle e zaini esorbitanti, con l’angoscia di non arrivare in tempo.

Figuriamoci quanto accadeva ancora prima, quando il soccorso alpino come struttura organizzata ancora non esisteva e non soltanto non c’era l’elicottero, ma neppure la radio e tutta l’attrezzatura alpinistica era ancora assai rudimentale. Eppure gli interventi di soccorso venivano egualmente effettuati con lo stesso spirito volontaristico di oggi.

ErnestoTazzetti
(Foto da wikipedia.org)

È il settembre del 1927. Il dottor Tazzetti, giovane medico torinese ed esperto alpinista, lascia la sua villa di Viù, dove i genitori stanno trascorrendo le vacanze, per affrontare la salita della Torre d’Ovarda, seguendo la classica via Hatz sul versante Nord.

È con lui una giovane alpinista tedesca. Dopo aver fatto base all’albergo Reale, partono per l’ascensione, ma alla sera non fanno ritorno.

Trascorre ancora un giorno, la famiglia, allarmata, chiede notizie. Parte immediatamente una squadra di soccorso.

Balme è allora un centro alpinistico di prima grandezza e dispone di una numerosa compagnia di buone guide e portatori, in grado di assicurare un sollecito intervento in caso di bisogno.

La squadra è guidata da Antonio Bricco, detto Travinèl, già famoso per aver aperto con il conte Murari di Bra la via omonima sullo spigolo orientale della Bessanese.

Travinèl conosce perfettamente la Torre d’Ovarda, una delle montagne più frequentate in quegli anni, pur essendo difficile e pericolosa per la roccia friabile, soprattutto con il cattivo tempo.

Egli prende con sé altre guide: Roberto Ferro Famil detto Vulpòt, Domenico Castagneri detto Taròc, Andrea Castagneri detto Brac e Natale Castagneri Fratin detto Biunt d’Peilàt.

Durante la notte la squadra raggiunge il luogo dell’incidente, sulla parete nord della Torre, appena sotto la cima. Tazzetti è morto, travolto da una scarica di pietre. La giovane tedesca, ferita gravemente, giace da oltre trentasei ore su un’esile cengia della parete, nella tormenta, a quasi tremila metri di quota. I soccorritori riescono a raggiungerla dopo aver superato passaggi di grande difficoltà, ma devono attendere l’alba per iniziare la discesa.

La giovane, coperta con le giacche delle guide, riesce a superare un altro bivacco, mentre le condizioni del tempo rimangono pessime. Finalmente, il mattino successivo, inizia la discesa, assai delicata e pericolosa.

La tedesca si salva, mentre la salma del povero Tazzetti viene ricuperata e alla sua memoria viene intitolato un rifugio al Funs ‘d Rumoùr, nel vallone di Malciaussia, alle falde del Rocciamelone.

Torre d’Ovarda (versante Nord)

La tragedia della Torre d’Ovarda, che veniva dopo una lunga serie di incidenti di montagna, commosse la comunità dei villeggianti di Balme, composta allora soprattutto da facoltose famiglie borghesi, che aprirono una sottoscrizione e donarono una medaglia d’oro a ciascuno dei soccorritori.

I protagonisti della vicenda sono scomparsi da tempo.

L’ultimo ad andarsene è stato quello che all’epoca era il più giovane, Natale Castagneri Fratin detto Biunt d’Peilàt, mancato all’eta di novantaquattro anni nel 1997, dopo aver trascorso una lucida e vigorosa vecchiaia nella sua casa dei Cornetti, di fronte a quella grande parete che lo aveva visto protagonista una notte di settembre di tanti anni prima.

Giorgio InaudiBarmes news n.15

6 pensieri riguardo “Torre d’Ovarda (3069 m)

  1. Un grazie sincero a chi dona un po’ del proprio tempo libero per garantire il soccorso e il recupero di chi si trova in diffcoltà e/o in situazione di pericolo.

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    1. E allora nel prossimo post parlo proprio del Rifugio Gastaldi.

      Preparati pop corn e patatine…avvisa parenti ed amici…

      Vi tengo il posto in prima fila 🙂

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