Quest’anno ricorrono i 120 anni dall’avvenimento. Si tratta del primo viaggio di nozze tentato in pallone ed è anche stato raccontato da Marco Albino Ferrari nel suo libro “La sposa dell’aria“.
Per Annetta Demichelis, giovane sposina diciottenne, questo è un giorno che ricorderà per sempre… e se non avessero osato così tanto, lei ed il futuro marito, il celebre aeronauta Giuseppe Charbonnet, non sarebbero diventati una leggenda…
Teatro della vicenda sono le Alpi Graie, il maltempo, le manovre sbagliate, il ghiacciaio sconosciuto e l’aerostato Stella “che è capace di 1700 metri cubi di gas, e puo’ ospitare sei uomini oltre alla zavorra“.
Una lieta giornata, coronata con il loro matrimonio, si trasforma in un evento infausto.
Narra la cronaca dell’epoca su la Gazzetta Piemontese dell’8 ottobre 1893 che gli abitanti e le maestranze della città di Torino parteciparono numerosi e con curiosità “…Fin dal tocco poi una vera moltitudine di persone si addensavano nei pressi dell’officina del gas di borgo San Secondo, luogo della partenza. Le vie di Montevecchio, San Secondo, Sacchi e le altre adiacenti poco a poco si affollarono, sì che non è esagerazione il dire che la folla ammontava a molte migliaia di persone…”.
Qui di seguito il racconto di Angelo Castagneri Barbisìn riportato da Polly su Barmes News .
Il 10 ottobre 1893 partiva dalla pianura in viaggio di nozze Giuseppe Charbonnet fu Claudio, di nazionalità francese, intenzionato a portare la sposa a Bessans in Savoia con un aerostato di metri 60 per 40. Lo accompagnavano due giovanotti.
Salirono a 2600 metri di altezza e a quella quota c’era il sole, mentre al Pian della Mussa c’era il temporale. Ad una certa ora, l’aerostato, guidato da Charbonnet stesso, che credeva di essere ormai al di sopra delle montagne, si abbassò. Nella nebbia egli si accorse troppo tardi di essere ormai davanti alle rocce: la tela si strappò e fu impossibile risalire.
Fortuna volle che i quattro passeggeri della navicella vennero avvolti dalla tela che fece da paracadute. Le numerose funi, impigliandosi nelle rocce, fecero scivolare i malcapitati lentamente lungo la parete nord-est della Bessanese, fin sul ghiacciaio sottostante.
Fermati che furono sul ghiacciaio, con un coltello si liberarono della tela ed uscirono allo scoperto.
Tentarono di scendere, ma invano: il ghiacciaio, nel punto in cui si erano fermati, era troppo ripido e pericoloso. Così, avendo le scarpe da città e non avendo neppure la piccozza, decisero di pernottare sul posto, ricavando delle coperte per ripararsi dal freddo ritagliando la tela della mongolfiera.
Il mattino successivo, appena si fece giorno, tentarono di nuovo la discesa. Purtroppo lo sposo Charbonnet scivolò e precipitò dalle rocce, finendo nel crepaccio sottostante. I rimanenti tre, con le mani sanguinanti si aggrapparono al ghiaccio e con molta fatica e stento raggiunsero il canale a fianco sotto il passaggio Nerchialli. Qui rischiarono di morire, perché la neve fresca caduta nella notte si mosse sotto i loro piedi, formando una valanga che per fortuna muovendosi davanti a loro riempì il crepaccio, permettendo ai tre di non cadervi dentro.
Con mille difficoltà scesero il ghiacciaio ed arrivarono sopra le rocce di Venoni. Stanchi ed affamati, non riuscirono a trovare il passaggio per scendere al Pian della Mussa e dovettero pernottare di nuovo all’aperto, nella neve, senza avere niente con cui coprirsi.
Finalmente, il mattino del 12 ottobre, riuscirono a trovare il passaggio per scendere (vioùn di Salràss) ed arrivarono al Pian della Mussa, dove raccontarono la loro vicenda ai montanari del luogo. Partì subito una comitiva di soccorso, composta di due carabinieri, due guardie di finanza di servizio alla frontiera ed alcuni contadini del luogo: Angelo e Antonio Castagneri (Barbisìn), Francesco Castagneri (Carloùn), Battista e Pietro Castagneri (Minoùia).
I superstiti purtroppo non sapevano spiegare ai soccorritori quale fosse il ghiacciaio dove era accaduta la disgrazia, così la comitiva cercò le orme sulla neve a Pian Ghiass fino a notte, ma invano. Allora si recarono al vecchio rifugio del Crot, dove passarono la notte. La mattina successiva, giorno 13 ottobre, la nebbia si sollevò e videro la mongolfiera sul ghiacciaio della Bessanese. Si recarono sul posto e nel crepaccio, a trenta metri di profondità, videro il corpo del povero Charbonnet. Uno della comitiva, sorretto dai compagni con una fune, si calò nel crepaccio e recuperò il cadavere, che fu trasportato a Balme e seppellito nel vecchio cimitero, che sorgeva dietro la chiesa.
In ricompensa venne concessa la medaglia d’argento al valor civile ad Angelo e Francesco Castagneri e la medaglia di bronzo a tutta la squadra, carabinieri e guardie compresi.
La vedova fece porre una lapide al cimitero in cui si leggeva:
Al compianto Joseph Charbonnet
Valente calderaio meccanico ed aeronauta
Perdette la vita sui monti della Bessanese
Il 10 ottobre 1893
Questo è il racconto di Angelo Castagneri Barbisìn.
Apollonia Castagneri – Barmes news n. 14

Pare che la neo sposina dopo esser precipitati sul ghiacciaio, si fosse rivolta alla Madonna della Consolata e volesse donare, come voto per rientrare a casa sani e salvi, “l’oro da sposa” ma il marito si rifiutò.
Il capitano respinse anche l’idea di offrire un quadro alla Madonna.
E fu l’unico dei quattro che non si salvò. Le pie donne sostengono che, probabilmente, se avesse accettato la proposta di Annetta e si fosse unito agli altri nella preghiera sarebbe ancora vivo…
Perfetto! sarà l’argomento di uno dei prossimi numeri di Canaveis!
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Firmato Gp…
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