Leggendo, tempo fa, “Il senso di Smilla per la neve” mi aveva dato l’impressione che gli Inuit conoscessero moltissime parole per indicare la neve. In realtà non è proprio così: pare una bufala metropolitana. Hanno solo un paio di parole-radice per “neve” e la costruzione del discorso è differente da quella dell’italiano.
La neve mi piace: soffice, bianca, ovatta il paesaggio e silenzia i rumori. Meglio se non è una giornata di lavoro e si sta in casa, al calduccio, davanti al camino o al più posso concedermi un bel giro con le ciaspole nei boschi immacolati.
Sfogliando “Barmes News” (la rivista del piccolo Comune di Balme, in alta Val d’Ala) mi è piaciuto leggere le parole che indicano la neve in arpitano e sentirne la loro musicalità.
la nè | la neve |
la nè salìnna | la neve farinosa |
lou djèivrou | il nevischio gelato (la nebbia fredda e umida che sale) |
la nè a grana d’riss | la neve a palline (detta la mare d’la né, la madre della neve) |
é scumpìsset | viene qualche fiocco di neve |
é nuvìsset | nevischia |
é mèskiet | piove misto a neve |
é nèet | nevica |
é vint a palàiess | nevica a larghe falde |
é vint a pataràss | nevica a fiocchi larghi e bagnati |
é tirt l’arèina | il vento solleva la neve asciutta e la fa scorrere sul terreno |
lou cuss | la neve trasportata dal vento |
la cussièri | il lastrone di neve ventata |
la talèntchi | un nevaio ripido di neve dura alla base di un canalone |
la lavèntchi | la valanga |
lou laventchòt | la slavina |
l’ourìssi | il soffio (lo spostamento d’aria) della valanga |
la pioutà dou rat | un sottilissimo strato di neve (l’impronta del topo) |
lou nuvissàt | la spruzzata di neve |
cat dè at nè | quattro dita di neve |
na brancàta | un palmo di neve |
na bouna spunda at nè | un discreto spessore di neve |
lou nuvé | la grossa nevicata |
druì la vi | aprire la strada (dalla neve) |
foungassìa | sprofondare (nella neve) |
é s’vàit par dzouri | la neve gelata sostiene il peso (si va di sopra) |
é fàit li reu | (lett. “fa le macchie”), incomincia a comparire qualche tratto senza neve |
é vint trèn | la neve si scioglie (affiora la terra) |
lou ràbi | l’attrezzo per spingere e raschiare la neve |
lou trenò | lo spartineve |
pistà la né | pestare la neve per fare il passaggio |
la piutà | l’impronta |
lou pedoùn | la pista su cui si può passare a piedi |
djìa (fàri) a moùtess | giocare (fare) a palle di neve |
Wowwwwwwww …. anche io associo molte cose con la neve… per me la neve ha quacosa di puro.. bellissimo post 😉 .
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Ciao!
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Ciaoooooo Beppe
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Sono contenta che ti piaccia. Come si dice neve nella tua lingua?
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neve – Schnee
😉 questo anno mi manca la neve… non c’è traccia qui a Verona
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Ti lascio questo testo di Mario Rigoni Stern da Sentieri sotto la neve, in cui ricorda come nella antica lingua cimbra dell’Altopiano di Asiago vi fosse, come per l’arpitano, una parola o una espressione per diversi tipi di neve. Quello che colpisce è come in passato in una sola parola ci fosse, come in precipitato chimico di diversi elementi, un intero paesaggio.
“Ho tante nevi nella memoria: nevi di slavine, nevi di alte quote, nevi di montagne albanesi, di steppe russe, di lande polacche. Ma non di queste intendo parlare, dirò di come le nevi un tempo venivano indicate dalle mie parti: nevi dai più nomi, nevi d’antan, non considerate nei bollettini della stazioni meteorologiche.
BRÜSKALAN, la prima neve dell’anno, dunque in autunno, quella vera: lo si sentiva nell’aria l’odore della prima neve, un odore pulito, leggero, più buono e grato di quello della nebbia. È la neve che copre i campi, li infarina, che avvolge ogni cosa di un velo bianco.
SNEEA, neve abbondante e leggera giù dal molino del cielo: le voci si affievoliscono, il mondo diventa ovattato. È neve da sci e slittini, da caldo del focolare e della “stua”.
HAAPAR, neve di fine inverno, che si scioglie al sole e lascia intravedere il terreno sottostante. Le prime allodole cantano all’imminente primavera.
HAARNUST, neve vecchia che verso primavera, nelle ore calde, il sole ammorbidisce in superficie e che poi il freddo della notte indurisce”. Neve per escursioni fuori pista a piedi o con gli sci, ma solo fino a metà mattina, fino a che sopporta il peso senza cedere: vi si cammina come sospesi.
SWALBALASNEEA, la neve della rondine, la neve di marzo che è sempre puntuale nei secoli, soffice o bagnata, larga o simile a tormenta, volubile come il clima di marzo, neve che è l’ultima resistenza dell’inverno.
KUKSNEEA, la neve di aprile: Sui prati che incominciano a rinverdire e dove sono fioriti i crochi non si ferma molto perché ancora prima del sole la terra in amore la fa sciogliere”. Neve effimera, neve di fine stagione.
BÀCHTALASNEEA, la neve della quaglia, neve di maggio, non frequente, ma neppure rara: la temperatura cala bruscamente, una grossa nuvola si avvicina e per poche ore butta la neve sui tarassachi e sui miosotidi, allarmando i caprioli, spaventando gli uccelli e uccidendo le api avventuratesi nei prati.
KUASNEEA, la neve delle vacche, la rara neve d’estate, che fa scendere urlanti dai pascoli le vacche affamate”
Grazie dei post che continui a scrivere e che irrompono come ventate di aria di montagna nelle giornate d’ufficio.
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Grazie anche a te che hai contribuito a riportare qui Mario Rigoni Stern con il suo sguardo delicato tra la natura e l’uomo. A presto!
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Leggere tutti quei nomi e la rispettiva traduzione in italiano mi ha fatto venire in mente tanti diversi episodi in tante diverse gite in montagna in cui mi sono trovato! Una volta con tanta neve, una volta con la neve che cade, un’altra volta con la pioggia mista a neve…
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C’è tanta osservazione della natura in quelle parole..
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Bellissimo, grazie!
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