Vi delizio con una narrazione della cara amica Lia che con il suo sguardo particolare ed attento ci racconta della pastorizia in montagna. Le borgate di cui parla sono situate nelle Valli di Lanzo (To) ma si può dire che la situazione era simile anche nelle altre vallate alpine.
Non molto tempo fa le nostre borgate e le nostre valli vivevano di pastorizia; ogni borgata era piena di vita, vi abitavano parecchie famiglie e ognuna di queste possedeva come minimo due mucche, alcune capre e anche pecore, specialmente queste, per la produzione della lana. Coloro che possedevano più capi erano considerati benestanti o quasi ricchi.
In estate gli animali venivano portati sugli alpeggi, in alta montagna, oppure nelle baite, piccole, di bassa altitudine, ma molto salubri: così che gli animali davano un latte nutriente e molto abbondante.
Ricordo sempre la settimana dopo Pasqua: quando il parroco saliva nelle borgate a portare la benedizione nelle case e nelle stalle. In ogni stalla era appesa l’immagine di S. Antonio Abate protettore dei contadini e degli animali. Era una fede semplice, vera, fatta di rispetto verso Dio, creatore dell’universo; era la speranza della risurrezione di Gesù e della nuova vita.
Nei prati il foraggio cresceva, sano e rigoglioso, facendo produrre alle bestie un latte grasso dal quale si ricavavano burro e formaggio che erano l’unico sostentamento delle famiglie.
Quando moriva una mucca per molte famiglie era un vero dramma, significava in molti casi miseria.
Dalla vendita del burro e del formaggio i contadini ricavavano i mezzi per comprare il necessario per vivere. Molto richiesto era il burro perché, a quei tempi, l’olio di oliva era quasi introvabile e quello di noce troppo scarso.
Essendo un commercio vero e proprio, alcuni possidenti pensarono di marchiare i prodotti della loro piccola azienda con marchi personali. Alcuni artigiani ne fecero dei capolavori.
Erano pezzi di legno intagliati con una semplice lama di coltello, che riproducevano rari disegni, molti anche il nome del produttore, come veri marchi di garanzia. Per le grandi festività si vendevano o si regalavano agnellini di burro ottenuti da uno stampo intagliato nel legno che, riempito del prezioso burro, riproduceva il simbolo dell’amore e dell’innocenza: era l’augurio di pace e fratellanza, di amore verso il prossimo, ma soprattutto di fede e di speranza in Dio.
Lia Poma
Lia è sempre straordinaria, bravissima a raccontarci di montagna.
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Facendo la spesa nell’ultimo negozio di Cantoira, prima di Chialamberto, si può ancora trovare il burro (con la “B” maiuscola), a forma di agnellino…
Ignoravo il significato di tale forma, la prossima volta, acquisterò anch’io l’agnellino di burro.
Grazie dell’insegnamento!
Rok 64
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E già, nelle Valli di Lanzo, la tradizione prosegue.
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Bellissima storia
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Grazie! Lia sarà contenta quando glielo dirò.
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Che tempi!! bellissimo.
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