In memoria di

Punta del Rous 2014.09.21“There was no way of determining drift. No way of calculating wind. No way of fixing position. Turning back was out of the question.” (cit. John Roos)

Nel nostro minuto di silenzio, rispettato per ricordare l’ultimo volo dei ragazzi di Sua Maestà, morti giovanissimi sulle rocce di Punta del Rous settant’anni fa, solo un rumore si è intromesso: è stato quello di un aereo, ma non uno di quelli a reazione che sovente attraversano i cieli sopra le Valli di Lanzo, con le loro scie: questo era un velivolo ad elica con il suo inconfondibile rombo. E’ stato spontaneo ed immediato credere che loro fossero lassù per solcare orizzonti liberi dalla follia umana che li ha portati a morire sulle montagne della Val d’Ala.

Nove i partecipanti all’escursione organizzata dal Cai di Lanzo per commemorare i 70 anni della tragedia del B-24 Liberator KG 999 schiantatosi il 12 ottobre 1944 sullo spartiacque Val d’Ala-Val Grande, a circa 2500 metri di quota, durante una missione di rifornimento per i partigiani.

Lo scorso 5 ottobre il Comune di Ostana in Valle Po ha ricordato i giovani piloti del B-24 Liberator KG 874, sempre del 31° Squadron (appartenente al 2° Wing S.A.A.F. dello Squadron South African Air Force), anch’esso facente parte della missione del 12 ottobre 1944. Qui l’articolo.

traccia gps targa KG999
Traccia GPS per la targa in memoria degli aviatori del KG 999

Noi del Cai siamo partiti alle otto di mattina di domenica 21 settembre alla ricerca della targa commemorativa, posata il 2 giugno del 2002 dalla Sezione di Ala di Stura, e dei resti del bombardiere. Con noi, nello zaino, la voglia di pestare tracce di memoria, pienamente consapevoli che questa sia la materia prima necessaria affinché si possano gettare le fondamenta per un futuro sempre più ricco di pace e libero dalla violenza.

E così ci innalziamo dal fondovalle per intercettare frammenti di memoria collettiva. Per porre in essere questo semplicissimo gesto dovrebbero bastare un pizzico di volontà ad alzarsi presto, un paio di scarponi ed un sentiero che ci conduca lassù.

Peccato che nel XXI secolo, funestato da guerre che avremmo volentieri voluto solo più commemorarne la fine definitiva, cogliere questa memoria di giovanissime vite, carbonizzate dall’idiozia umana su rocce a 2500 metri di quota, sia stato difficoltoso e possibile solo grazie alla tecnologia dei satelliti. Peccato davvero dover constatare amaramente ed arrendersi al fatto che solo l’escursionista che dispone di un navigatore GPS (sperabilmente funzionante), con una traccia perfetta ed un sapere altrettanto perfetto, possa posarsi sui volti brillanti di futuro degli otto giovani aviatori caduti per un mondo migliore.

Targa KG999

Un mondo migliore di cui qui, tra le Valli di Lanzo, con dolore lo riscontro, non ci sono tracce. Non ci sono tracce di memoria nel fondovalle e nemmeno le ritrovi seguendo frammenti di improbabili sentieri che dovrebbero condurti serenamente e civilmente nella zona dell’impatto per guardare diritto negli occhi di quei ragazzi.

Piovono milioni di euro per le piste forestali, per le seggiovie, per fare buchi nelle montagne ma non ci sono briciole per la manutenzione di un umile sentiero che possa custodire la memoria, bene collettivo di inestimabile valore.

Perché da Martassina non siamo decollati per una sgambettata tra i monti alla ricerca della foto perfetta da sguinzagliare sui social network. Oggi avremmo voluto tutti insieme fare una cosa semplice, banale ma molto umana: camminare liberamente. Camminare e ricordare umanamente, senza dover fissare gli occhi della tecnologia passo dopo passo. Avremmo voluto percorrere un sentiero tirato a lucido, senza incertezze, un itinerario vivo ed infallibile, anche con 10/10 di copertura nuvolosa, dove posare il nostro fiato che vuole, fortissimamente vuole, un presente e un avvenire libero dalla violenza e dalle ombre dei totalitarismi, siano essi impregnati di eclatanti stendardi o siano essi subdoli come questa tecnologia che, sempre più pervasiva, si sta rapidamente impadronendo della nostra libertà.

Come quella di ricordare.

Punta del Rous 21.9.2014 (1024x723)
Dall’alto partendo da sinistra: Enrico, Renzo, Ivo, Daria, Cristiana, Carlo, Valeria e Gianni.

Riportiamo qui di seguito l’articolo In search of Charlie pubblicato il 19 maggio 1985 dal Sunday Times Magazine di Johannesburg (file in formato pdf di 585 KB). L’autore John Roos, navigatore del Liberator Y205, narra le vicissitudini di Woody Nel fratello minore di Charlie Nel, pilota ventunenne del B24 Liberator KG 999 disintegratosi sulla Punta del Rous. Woody, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si è messo alla ricerca di Charlie e di ciò che è andato storto nella missione.

In search of Charlie” – Credit: Sunday Times. Thanks to Michelle Leon (Manager Library & Information Service) for your kind help and quick reply.

Un ringraziamento particolare va a Massimo che, commentando il post “Punta del Rous 70 anni fa“, ci ha permesso di scoprire questo articolo molto bello, che tra l’altro spiega i drammatici problemi di navigazione incontrati dai B-24 Liberator avvicinandosi alla coste italiane, nei pressi di Genova.


Il titolo di questo post è stato volutamente interrotto dopo “di”. La memoria di questi ragazzi è custodita in montagna e per raggiungerli e ricordarli bisogna camminare, azione questa squisitamente umana. Ma se abbiamo sempre più bisogno di una tecnologia per orientarci, anche nella vita di tutti i giorni, allora significa che la nostra memoria, e tutte le altre nostre facoltà, la stiamo consegnando inesorabilmente alle macchine e a chi può permettersele, sia in termini economici che di conoscenza d’uso.

E’ la fine dell’avvenire e di quei ragazzi perché così li avremo uccisi per sempre.


Qui di seguito potete visionare:

19 pensieri riguardo “In memoria di

  1. Una porta aperta sul buio le ultime frasi, riguardo la ricerca di un orientamento. Dovrebbe arrivare dalla tecnologia? Uhm, ne dubito… Occorre uno sforzo notevole per cercare di orientarsi, in un mondo dove tutti sono pronti a darti una mano purché tu chiuda occhi e cuore e cervello. Anche il consegnare memorie e sensazioni a macchine come questo PC ha un che di artefatto. Cogliamo ciò che è buono in questo – la possibilità di trovarci e sentirci anche in lontananza – ma non tralasciamo le sensazioni – quelle vere – di uno sguardo, un abbraccio, la pioggia sui volti e il sassolino che ci fa inciampare sul sentiero.

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  2. 70^ anniversario…….ricordare….tramandare ai figli, ai giovani…..fatti, valori, ideali…..è la memoria storica…..l’identità di un popolo.
    È un vero peccato che a scuola non si parli di questo episodio e di tanti altri che insieme alle grandi operazioni contribuirono alla Liberazione.
    Il vostro impegno per non dimenticare il sacrificio di questi giovanissimi soldati è davvero encomiabile. Come me, forse, altri ne sono venuti a conoscenza proprio grazie a voi.
    “…..sulle rocce è rimasto il loro entusiasmo. ….la loro voglia di vivere. ….i loro sogni per un mondo migliore” con questa tua riflessione, Beppe, profonda ed insieme triste preferisco chiudere.

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  3. Si, siamo liberi!
    Ricordiamo un’altro giovane eroe, un Alasonatti Airi di Ala di Stura, morto il 12 ottobre 1944:
    “Il Presidente della Reppublica con suo decreto del 2 febbraio 1952 ha concesso la Medaglia d’Oro “alla memoria” al Valor Militare al partgiano Osvaldo Alasonatti di Filippo.”
    “Valoroso combattente della lotta di liberazione, già distintosi per capacità di animatore e decisione di comandante e per leggendario corraggio, cadeva in mani nemiche durante una azione di rastrellamento. Condannato a venir fucilato nella schiena, chiedeva al commandante tedesco di affrontare la morte da leale soldato. Al rifiuto appostogli si gettava a testa alta contro il plotone di esecuzione e, colpito alla fronte, cadeva da forte nel nome d’Italia e della Libertà a Torino, il 12 ottobre 1944.”

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  4. Grazie infinite Beppe ma i Veri Ringraziamenti vanno a Giuseppe Barbero e Nick Madina gli autori della magnifica ricerca effettuata sul Liberator KG874 precipitato nel Comune di Ostana, senza visionare la loro ricerca non sarei mai venuto a conoscenza dell’articolo “In Search of Charlie” riguardante il nostro Liberator

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  5. Non avrei immaginato che le foto di quei poveri pezzi arrugginiti avrebbero potuto creare in me tanta emozione. Le vite perdute senza senso creano sempre vuoti incolmabili di cui non riusciamo a darci ragione.
    Beppe riapre il grande tema della memoria storica. Nel paese in cui vivo, quando furono condotte ricerche a tappeto intervistando i partigiani superstiti in merito alla loro lotta di liberazione (questo accadeva anni fa ed erano ancora molti i viventi) si riaprirono vecchie ferite, brucianti lacerazioni, rancori mai sopiti, si ravvivarono sospetti. Pensai sarebbe stato meglio lasciar cadere l’oblio, un pietoso velo a fungere da lenimento a dolori mai chiusi.
    E’ forse giusto ricordare solamente quando è passato ormai tanto tempo e tutto è diventato Storia con la S maiuscola, da libro di scuola ,e i morti non sono che foto sbiadite sui cippi dei parchi della rimembranza?
    Non ho una risposta. Sarebbe giusto ricordare per non ripetere più gli errori commessi in passato. Ma sappiamo bene tutti che questo non avverrà mai. Contrariamente a quanto asserivano i latini “Historia NON est magistra vitae”.
    ariela

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    1. Commento amaramente condivisibile, Ariela, e la cronaca di questi giorni ce lo ricorda ogni giorno. Eppure, non penso che la Storia sia una cattiva maestra – altrimenti diverrei un fautore dell’oblio di tutto e tutti – e non penso neppure che tu sia convinta di questo. Semplicemente, siamo noi esseri umani cattivi discepoli…

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    2. Mi sono sforzato di tradurre l’articolo del Sunday Times e ne è valsa la pena. Quei giovani ragazzi non sono morti invano. Per me sono stati degli eroi. Potevano tornare indietro, visto le pessime condizioni meteo e gli strumenti di navigazione inservibili. Ma loro, come gli altri cinque equipaggi dei B-24 Liberator che si schiantarono sulle nostre montagne, hanno scelto di continuare nella loro missione.

      L’età media degli otto componenti dell’equipaggio del nostro KG 999 è di 22 anni. Il più giovane di essi ne ha soli 19. Il più “vecchio” 29. Avevano tutta la vita davanti, ma hanno fatto una scelta.

      Il loro coraggio e il loro scarifico risplenderanno per sempre sulle rocce rosse di Punta del Rous.

      Da lassù ci ammoniscono, con il loro sangue, che per sconfiggere il Male – un Male sconfinato – bisogna andare avanti, a testa bassa e senza indugi, senza pensare di tornare indietro, costi quel che costi: contro tutto e contro tutti.

      Per sperare in un mondo libero serve qualcosa di grande e una determinazione ferrea. Per sperare in un mondo migliore bisogna avere una volontà di acciaio. Bisogna desiderarlo ardentemente.

      Nemmeno le montagne li hanno fermati perché da lassù continueranno a lottare per un mondo migliore, finché l’uomo avrà il coraggio di camminare e di cercarli anche con 10/10 di copertura nuvolosa.

      Senza gps, ma solo con la voglia di camminare. Contro tutto e contro tutti.

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    3. Vado un po’ “fuori tema” riallacciandomi al ricordo…. Credo anche io che sarebbe giusto ricordare per non ripetere più gli errori commessi in passato. Non so dire però se possa servire o meno…
      Mentre intanto scompaiono le persone che hanno vissuto la guerra, testimoni e protagonisti che possono narrare con le loro parole le disgrazie belliche, non vedo (più?) un tentativo convinto da parte delle istituzioni di ricordare e celebrare la Resistenza. Faccio un esempio tratto dal libro di Giovanni De Luna “Una politica senza religione” (Einaudi) dove viene citata la proposta nel 1996 di un politico italiano di:

      “abolire la celebrazione del 25 aprile, sostituendola con una festa di primavera, il 21 marzo, chiamando il tempo meteorologico a subentrare a quello della storia, il tempo del calendario a sostituirsi a quello della politica, il tempo biologico-naturale a quello dell’impegno civile”.

      Come abbiamo detto, non sappiamo se potrà servire o meno, dipende dai discepoli come scrivi giustamente tu, Ariela, però almeno le istituzioni avrebbero il dovere di provarci.

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  6. Indubbiamente, come scrive Ventefioca, siamo noi uomini cattivi discepoli, ma, da vecchia insegnante, so che non vi sono buoni maestri senza buoni discepoli…
    E’ vero, il mio commento è molto amaro: nata subito dopo la guerra, sono cresciuta con i racconti delle bombe e dei partigiani a sostituire quelli di Cenerentola o Cappuccetto Rosso.
    Non vi era alcuna retorica, alcuna enfatizzazione in essi, solamente dolore, amarezza e voglia di voltare pagina. Erano i racconti di mio padre, nascosto nelle cisterne delle vigne con i repubblichini che camminavano all’intorno con i cani; i racconti di mia zia arrestata e minacciata di morte affinché rivelasse dove mio padre e suo figlio fossero nascosti; i racconti di un cugino celato nella greppia delle vacche con suo padre che continuava ad aggiungere fieno mentre i tedeschi perquisivano la stalla e la casa. Racconti di case bruciate, di fame, di rastrellamenti… Debbo confessare con sincerità che quando vado al cimitero e mi fermo di fronte al monumento ai caduti dov’è sepolto lo zio ventenne di mio marito, fucilato dai tedeschi in una gelida giornata di gennaio, raccolto da mia suocera e da sua sorella con i capelli inzuppati di neve, mi domando sempre se ne sia valsa la pena.
    Dobbiamo molto a questi sacrifici, ma non amo gli eroi. Quando i popoli sanno tenere la schiena dritta non hanno bisogno di eroi. Gli italiani di allora, diciamolo, erano quasi tutti fascisti; al voltare delle bandiere, scomparvero come neve al sole. Come già accadde al popolo di Mosè, le pentole piene di carne sono sufficienti alla vita della maggior parte delle persone, non occorre un dio, né, tanto meno, una filosofia di vita.
    Da millenni si governa con il panem et circenses! La libertà interessa a pochi: Barnum, il proprietario del famoso circo, asseriva di avere tanto successo perché con i suoi pagliacci e i suoi saltimbanchi lavorava per il 90% delle persone. Purtroppo, non è cambiato nulla. Nani e ballerine sono ancora primi attori alle luci della ribalta.
    Ma questi sono discorsi di vecchi, è giusto che i giovani non la pensino come me.

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  7. “…è inesatto dire che i tempi sono tre: passato,
    presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi
    sono tre: presente del passato, presente del presente,
    presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono
    in qualche modo nell’animo e non vedo altrove: il
    presente del passato è la memoria, il presente del
    presente la visione, il presente del futuro l’attesa”.

    Sant’Agostino, Le Confessioni

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