Re delle Alpi: cosí è stato definito lo stambecco. Nonostante il nome, di origine chiaramente tedesca (Steinbock), si tratta di un re tutto nostro. Gli stranieri ce lo invidiano: forse questo fiero cornuto ci rappresenta meglio di tanti papaveri della politica e della vita ufficiale. In un paese di lacché e di pappataci come il nostro, lo stambecco è l’unica figura veramente nobile e fiera. Lo dimostra già il fatto che non si è mai lasciato addomesticare, come se avesse a disdegno gli uomini e il basso mondo. Chissà che la natura non lo abbia posto in Italia per legge di compensazione. Morirebbe di fame, piuttosto che scendere a valle e limosinare il cibo dalla mano dell’uomo, per il quale è difficile dire se abbia più disprezzo o diffidenza.
Ama stare in alto, nel suo regno; e se lo si porta oltre i confini, in Francia o in Svizzera, cerca di ritornare in Italia, dove pure è stato sempre cacciato e perseguitato. Cosí paga a caro prezzo il suo amor di patria. Ma questo non vale solo per lo stambecco. I maschi si disputano la femmina a cornate, i cui colpi si sentono a notevole distanza. Chi vince diventa non solo il gallo della Checca, ma anche il capo della tribú. Forse anche gli uomini, una volta, si disputavano le donne a cornate, cosa del tutto naturale; ma poi, in nome del progresso, hanno preferito risparmiarsi le corna e ricorrere ad altri mezzi di persuasione, come il danaro, la posizione sociale e i titoli. Quale dei due mezzi è migliore? Quello usato dagli stambecchi ha permesso loro di sopravvivere alle ere glaciali, mentre noi uomini sembriamo tutti dei pallidi ceri pasquali. La forza e la robustezza dello stambecco sono formidabili. I più grandi, le cui corna superano il metro di lunghezza, possono pesare anche centoventi chili.
Due uomini, mi dice Guidi, non riuscirebbero a tenere per le zampe posteriori uno di questi stambecchi. Quanto al freddo, che qui diventa micidiale, soprattutto ai piedi della Grivola, essi neppure l’avvertono. E quando urla la tempesta, apportando onde minacciose di vento e neve, essi restano immobili come se niente fosse e non si curano minimamente della furia degli elementi. Lo stambecco è anche cavalleresco. Quando, per esempio, il gruppo si sposta da una valle all’altra, mettiamo dalla Valsavara alla valle del Nomenon, a fare da battistrada sulla neve e quindi da capo gruppo è sempre l’individuo piú robusto. Anzi lo pretende. I piu piccoli o i piu deboli, ammesso che qui si possa parlare di deboli, vengono dopo. Marciano in fila indiana. Può anche capitare che gli individui piu robusti si diano il cambio nel battere la pista. Altra cosa degna di nota circa il carattere dello stambecco: quando è vecchio e avverte di essere ormai vicino alla fine, si isola e va a morire in disparte con la dignità di uno stoico. È come se avesse il pudore del male e non volesse farsi vedere dagli altri durante l’agonia. Una creatura siffatta merita il massimo rispetto.
Anacleto Verrecchia (Diario del Gran Paradiso)
Amo questo animale. E’ bellissimo.
Un sincero ringraziamento a Virgilio Giacchetto, al Dr. Luca Giunti (Parco Naturale Orsiera Rocciavré) e al Corpo Forestale di Ala di Stura per aver preso in considerazione la mia mail con richiesta di spiegazioni in merito alla placchetta gialla visibile nell’orecchio dello stambecco (foto grande).
Che meraviglia, queste immagini sono una più splendida dell’altra, gli stambecchi sono veramente creature di superba bellezza…e poi vederne tanti così tutti insieme 🙂
Grazie, ho apprezzato molto questo post e ora mi riguardo tutte le foto, lasciano proprio senza fiato! Buona serata!
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Erano lì, lungo il sentiero e si muovevano lentamente, troppo per non pensare alla nostra vita frenetica. Allora mi sono detto: “Accidenti… loro con quella calma sono sopravvissuti alle glaciazioni… sono una specie che ha 15 milioni di anni…”.
Chissà noi umani, con la nostra velocità, dove andremo e se riusciremo a resistere agli estremi climatici.
Grazie Miss.
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Bellissime foto… dobbiamo essere prottetivo verso gli animali..e non derubare loro la loro terra… come sempre un bel post…Pif
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Grazie!
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🙂
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Meravigliose le foto e la descrizione che ci fanno cogliere ancor di più gli aspetti fisici e comportamentali di questi stupendi animali!
……e poi come si fa a non amare un animale così fiero ed orgoglioso che ” morirebbe di fame. . “,che ” ama restare con noi …”,che ha un forte senso di protezione e solidarietà verso” i più piccoli e i più deboli”, ed è così tanto dignitoso persino negli ultimi istanti della sua vita?
Leggere e commuovermi è stato un tutt’uno. ……Noi esseri umani abbiamo tanto da imparare dal ” re delle Alpi “! !!
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Dovremmo essere molto grati a tutti coloro che lo hanno difeso e protetto “portandolo” fino a noi.
Pensa che negli anni di Verrecchia (Anni ’50) i casotti di sorveglianza per il personale non erano nemmeno dotati di acqua potabile. La prendevano con i secchi. Erano delle stamberghe.
Si alzavano alle 3 di mattina per iniziare turni di guardia interminabili.
Tutte queste cose, e molte altre, per noi assurde, non le ho scoperte dalle pagine di Verrecchia. Lui non ha mai fatto accenno alle condizioni di vita del personale di sorveglianza. Mai una lamentela. Niente. Solo un immenso amore per la natura e per quei animali stupendi.
Le loro fatiche e patimenti non sono stati vani.
Mi è un po’ dispiaciuto non avere avuto una risposta dal Parco Nazionale del Gran Paradiso perché volevo solo togliermi una semplice curiosità: perché quelle targhette gialle? E se fossi venuto a sapere che è stato proprio il PNGP a metterle? Pensa che bello scoprire che quei stupendi stambecchi, incontrati nelle Valli di Lanzo, arrivano dal PNGP.
Immagina che meraviglia accorgersi che, in verità, un parco, un’area protetta, una riserva naturale, ecc., non ha confini.
La vita di quelle aree protette non può avere dei confini (un perimetro su di una carta..) tracciati dai noi miserabili esseri umani.
Perché uno stambecco è bello scoprirlo libero di vivere la natura, ovunque, anche nelle straordinarie Valli di Lanzo che sono un parco meraviglioso, senza esserlo ufficialmente.
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Si,siamo grati a loro !!!
Tutto ciò che abbiamo o vediamo, oggi, è frutto del passato e non potrebbe esserci più se noi e le nuove generazioni non proteggessimo la natura dal nostro ” modus vivendi ” dell ‘ ” usa e getta ” che distrugge. . . . tutto.
Bellissima l ‘ immagine ( che poi è una realtà ) che gli animali non conoscano confini. ….vanno là dove li porta l’istinto.
Grazie per le tue riflessioni e per le conoscenze che condividi !!!
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Concordo con te Lisasc (e, ovviamente, con Beppeley): l’espressione “Immagina che meraviglia accorgersi che, in verità, un parco, un’area protetta, una riserva naturale, ecc., non ha confini” è davvero bella. Ed è anche reale! I confini li mettiamo noi, gli animali non guardano certo le cartine! L’orso che abbandona i confini dei parchi naturali delle Alpi Orientali ne sono un altro esempio.
Lo stambecco comunque resta uno dei simboli delle Alpi, forse il simbolo per eccellenza al pari del Cervino o del corno alpino.
Che bello pensare che sulle nostre montagne ci siano densità di popolazione di questa specie tra le più alte delle intere Alpi! Pensate che tutti gli stambecchi che troviamo oggi sulle Alpi provengono dall’antico nucleo di esemplari che si salvò dallo sterminio sulle montagne tra Valsavarenche e Val di Rhemes!
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Segnalo che il Dr. Bruno Bassano del Parco Nazionale del Gran Paradiso ha risposto alla richiesta di spiegazioni sulla targhetta auricolare che si nota nella foto grande dello stambecco.
I camosci bianchi lo ringraziano sentitamente e segnalano anche che nel post “Il ritorno del lupo nel Gran Paradiso” (del 12/03/12) potete vedere il video, molto interessante, con cui il veterinario Dr. Bassano ci spiega l’importanza di questo predatore per l’ecosistema alpino.
Ecco la riposta sui stambecchi marcati nelle Valli di Lanzo:
Per quanto riguarda la segnalazione di stambecchi marcati in Valle di Lanzo, posso dire, viste le belle immagini inviate, che, con ogni probabilità, si tratta di animali catturati e marcati dal Comparto Alpino in collaborazione con l’università di Torino (Prof. Luca Rossi).
So che un paio di anni fa sono state effettuate catture e sono stati marcati nuovi animali.
Per certo non si tratta di animali del PNGP, sia per la distanza, sia, soprattutto, per la forma e dimensione dei marchi.
Maggiori dettagli li potrà fornire Luca o il tecnico faunistico del Comparto.
A presto e grazie della segnalazione.
Bruno
dr. Bruno Bassano DVM, PhD
Servizio sanitario e della Ricerca Scientifica
Ente Parco Nazionale Gran Paradiso
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Non so perché il “re delle Alpi” debba portare un paio di corna bellissime al posto di una corona…ma forse noi uomini non abbiamo ancora capito niente! Non so nemmeno dire se parlino di più le splendide foto o la descrizione di questi stupendi animali…immagini e parole si completano Beppe…se gli stambecchi potessero leggere ti ringrazierebbero per tramandarne la conoscenza a chi come me non ha mai avuto la fortuna di incontrarne uno! E ti ringrazio anch’io per l’ennesima “favola”della buonanotte…
C’era una volta il re delle Alpi..e per fortuna c’è ancora! e capita che chi possiede il suo animo “cavalleresco” lo riesca ad immortalare in pose maestose! Grazie sempre Beppe💫
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Dobbiamo ringraziare personaggi come i Verrecchia, i Videsott.
A proposito di Verrecchia, non perderti questa lettura:
“Diario del Gran Paradiso” https://www.amazon.it/dp/8874060416/ref=cm_sw_r_tw_dp_x_xrcUxbCKYTQF1 via @amazon
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E allora posso almeno ringraziarti per il suggerimento,Beppe? …ho bisogno di letture così in questo momento..che mi sollevino anche solo di un centimetro verso il Paradiso! Buona serata☺️😈
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Spero che la gradirai! Grazie a te carissima!
Buona montagna!
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