Appello per la salvaguardia dei corsi d’acqua

Acque trasparentiL’acqua è fonte di vita preziosa ma – ahimé – bistrattata, dimenticata e lasciata indifesa dal nostro Paese. Siamo decisamente in ritardo nel recepire le direttive europee e nell’adeguamento della normativa nazionale sulla gestione delle acque.

Occorre rivedere e modificare il sistema degli incentivi (i certificati verdi) e le regole per salvaguardare e tutelare gli ultimi corsi d’acqua naturali e la loro biodiversità.

In Italia, l’energia idroelettrica ha un ruolo importante nella produzione delle fonti rinnovabili per ridurre le emissioni di CO2 ma è necessario ripensare con attenzione allo sfruttamento eccessivo dei corsi d’acqua prima che sia troppo tardi. In Piemonte la totalità dei corsi d’acqua con significativa portata sono già stati interessati da derivazioni, che spesso, lo ricordiamo, non essendoci controlli, non rilasciano assolutamente il deflusso minimo vitale previsto, con grave danno per gli ecosistemi fluviali.

E poi siamo sicuri che l’acqua, con il cambiamento climatico in corso, è un bene infinito?

A fronte di questa drammatica situazione, oltre cento tra comitati ed associazioni ambientaliste hanno firmato l’appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico (qui il documento in pdf ) promosso dal CIRF, Centro italiano per la riqualificazione fluviale.

Questo appello nazionale rivolto al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Parlamento, alle Regioni, alle Province Autonome di Trento e Bolzano e al Segretariato della Convenzione delle Alpi è stato presentato il 28 ottobre scorso alla Camera dei Deputati.

Tra le associazioni firmatarie anche il Club Alpino Italiano, nella persona del Presidente Generale Umberto Martini.

Il Presidente della Commissione TAM del CAI Filippo Di Donato ha invitato a sua volta i GR, le CRTAM, le altre Commissioni e le Sezioni del CAI a sottoscrivere a loro volta il documento in quanto ora diviene fondamentale “agire Regione per Regione”

Un estratto dal comunicato di Legambiente:

Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti. È questa purtroppo la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese. A soffrire non sono solo quelli principali, ma soprattutto i torrenti e rii di montagna con sempre meno corsi d’acqua alpini che mantengono ancora condizioni di naturalità elevata – cioè non perturbati da derivazioni, da alterazioni morfologiche significative e da immissione di inquinanti – mentre i restanti corpi idrici sono in gran maggioranza sfruttati da derivazioni a scopo idroelettrico e/o irriguo. Situazione che si verifica anche lungo l’arco appenninico e nel resto del territorio italiano, dove il livello di sfruttamento delle acque superficiali e la pressione sui corpi idrici sta rapidamente aumentando, al contrario di quanto richiederebbero gli obiettivi delle direttive europee.

Ripensare l'idroelettrico
Foto esposte durante il Convegno Ripensare l’idroelettrico del dicembre 2012

In Italia sono oltre 3000 le centrali idroelettriche esistenti e se oggi l’unica prospettiva di realizzazione di nuovi impianti viene da impianti di piccola taglia, sono rilevanti i problemi aperti nel territorio italiano. Gli incentivi per gli impianti idroelettrici non distinguono tra impianti che danneggiano i fiumi e gli ecosistemi e quelli invece integrati e che rispondono a criteri seri di sostenibilità. Inoltre l’assenza di regole efficaci di tutela dei bacini idrografici e dei deflussi idrici ha portato a una vera e propria corsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud. Sempre più spesso poi le domande di concessione di derivazione per scopo idroelettrico insistono in Parchi o in aree Natura 2000 (SIC o ZPS), in biotopi, o comunque in contesti ambientali e paesaggistici di particolare pregio e fragilità […]

Qui di seguito il dettaglio delle richieste formulate nell’appello:

– l’immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali, comprese quelle attualmente in istruttoria, a cominciare dai procedimenti in itinere che ricadono nei “siti non idonei” individuati nelle varie Regioni, ad esclusione di tipologie e contesti circoscritti da individuare con apposito elenco (es. la valorizzazione dei deflussi nelle reti di acquedotto e fognatura, il recupero di ruote idrauliche di antichi opifici di particolare valore testimoniale, lo sfruttamento del reticolo minuto in aree remote quali rifugi alpini, ecc.);

–  la contemporanea revisione degli strumenti di incentivo da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela dei corsi d’acqua e della biodiversità specificati ai successivi punti;

–  la contestuale apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale, esteso anche ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste, pescasportive, culturali e tecnico-scientifiche, accomunate dall’avere tra gli scopi statutari la conservazione e il miglioramento dei corsi d’acqua e della biodiversità, con lo scopo di valutare le migliori modalità per ridurre l’impatto delle centrali idroelettriche esistenti e minimizzare quello di eventuali nuovi impianti;

–  che i Piani di Gestione dei distretti idrografici stabiliscano tangibili politiche di risparmio nell’uso del bene idrico e nel contempo prevedano programmi di misure tesi alla riqualificazione dei corsi d’acqua e, più in generale, del bene comune acqua;

–  che venga attuato un processo rigoroso di valutazione dell’impatto ambientale, e che si considerino in modo esplicito gli impatti cumulativi dei progetti che incidono su uno stesso bacino imbrifero, compresi gli impatti causati da attività esterne alla produzione idroelettrica (come le derivazioni a scopo irriguo e gli interventi di artificializzazione degli alvei); che vengano inoltre analizzati in modo esplicito gli effetti dei previsti impianti di produzione idroelettrica sugli elementi che valutano lo stato ecologico dei corpi idrici;

–  che venga superato il concetto attuale di DMV (Deflusso Minimo Vitale) a favore di quello di deflusso ecologico e cioè di una regola di rilascio che sia realmente in grado di garantire il mantenimento degli obiettivi di qualità ecologica di un corpo idrico e dei servizi ecosistemici da questi supportati;

–  che sia significativamente migliorato illivello di controllo dell’effettivo rispetto dei deflussi rilasciati in alveo e delle altre misure di mitigazione e che le sanzioni previste dalla normativa siano effettivamente applicate in caso di comportamento fraudolento;

–  che i corsi d’acqua, e in particolare quelli di montagna, vengano considerati un patrimonio di biodiversità, di valori ambientali e paesaggistici da tutelare piuttosto che una semplice risorsa da sfruttare in modo intensivo e indiscriminato; una risorsa preziosa per il paesaggio in grado di favorire un turismo ricreativo alternativo e meno impattante anche in ambito fluviale, creando nel contempo, grazie alla conservazione del bene, uno sviluppo economico e sociale armonico del territorio;

–  che venga messo in discussione l’articolato normativo secondo il quale le opere per la realizzazione degli impianti idroelettrici, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti;

–  che la procedura di confronto sui Piani di Gestione dei bacini idrografici venga mantenuta aperta e condivisa a tutti i soggetti portatori di interessi sociali ed economici; in particolare che presso ogni Regione e Provincia autonoma venga istituito un tavolo di confronto pubblico permanente tra tutti i cittadini sensibili alla tematica e i portatori di interesse, in specifico accompagnamento ad ogni momento decisionale relativo alla gestione delle risorse idriche, come contemplato dalle direttive europee, che prevedono allargati processi partecipativi al governo del territorio;

–  che si tenga conto dell’Articolo 9 della Costituzione, e soprattutto del recente pronunciamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222), che ribadisce come il “paesaggio” sia bene primario e assoluto e che la sua tutela sia quindi prevalente su qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante, sia di carattere pubblico che privato;

–  che all’interno del confronto che vede protagonisti l’Unione Europea e lo Stato Italiano nella proposta e attuazione della Macroregione Alpina, si preveda un capitolo di impegno comunitario che salvaguardi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo i corsi d’acqua, costruendo un reale ponte solidaristico fra le esigenze delle popolazioni metropolitane e quelle che vivono stabilmente nelle realtà montane.

Tratto dal sito dello Scarpone (Notiziario del Club Alpino Italiano)

 

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