
Mai come in questo periodo, in cui tutti i giorni sentiamo i nostri volti sferzati dalla violenza della bufera (le notizie orribili che invadono le nostre misere certezze), quella bufera che ti fa smarrire ogni punto di riferimento, che ti fa barcollare e ti fa sentire i piedi mancare il terreno, percepiamo impellente l’esigenza di un punto fermo, di radici forti e penetranti che sappiano inesorabilmente affondare nel terrreno ed aggrapparsi alla vita, la nostra vita.
Sono questi i frangenti di solitudine metropolitana in cui “vedo” il larice solitario, sovente incontrato tra le altezze silenziose delle Alpi, devastato dalla furia della tempesta, che si piega e si contorce sotto i colpi di venti burrascosi.
Piegarsi sì, spezzarsi mai.
Le radici sono il simbolo che racchiude i riti e le tradizioni del nostro Paese. E se il nostro Paese, come tanti altri del mondo Occidentale, è colpito al cuore, proprio nei nodi principali delle reti vitali, dove passa tutta l’informazione mainstream, allora è giunto il momento di salvarsi dal terrore e dalla violenza “emigrando” in periferia, dove resistere ai venti “da fine del mondo”.
Lì, più vive e più forti che mai, ritroveremo le nostre radici.
E sotto quelle maschere, la nostra identità.
Ariela Robetto, Riti e tradizioni delle Valli di Lanzo (126° volume della Società Storica delle Valli di Lanzo)
Una maschera sul volto.
Carnevale e Quaresima fra trasgressione e ordine
«Una maschera sul volto» presenta un ampio compendio di testimonianze e immagini raccolte nelle Valli di Lanzo, in merito alle manifestazioni carnevalesche di un tempo, con un breve cenno al presente. La seconda parte del testo offre una vasta disamina, relativa alle origini e all’evoluzione nei secoli, delle tradizioni comuni ai Carnevali alpini e alle usanze quaresimali legate inscindibilmente al trasgressivo e folle periodo che le precede.

I Vecchi, gli Sposi, l’Orso, il Caprone, l’Uomo Selvatico, i Diavoli, i Soldati, i Mestieri, i Mesi e le Stagioni, non sono che alcuni tra gli “attori” fissi di ogni Carnevale, tesi a rappresentare, sul palcoscenico della trasgressione, una società che, per pochi giorni, può concedere liberazione alle istanze più intime, segrete e indicibili, normalmente costrette al silenzio nel chiuso della morale e delle regole costituite. Un momento di riscatto consentito anche dall’autorità quale valvola di sfogo a tanti bisogni repressi che, altrimenti, potrebbero dar luogo a devianze e ribellioni incontrollabili. Arriva in seguito il lungo periodo della Quaresima ad imporre penitenza e digiuno, monito severo al fine di sacrificare le istanze personali alle necessità dell’ordine collettivo.

Il testo ripercorre l’altalenare fra risata e rigore, fra cibo e astinenza, fra corporeità e spirito, riconducendo tale alternanza alla vita di ogni uomo sempre sospesa fra i due poli opposti del piacere e del dovere come il Carnevale e la Quaresima.
Le Valli di Lanzo sono state scelte quale campione rappresentativo a motivo del loro conservato legame con la consuetudine e la tradizione; tralasciate le manifestazioni ridotte a moda di carattere folcloristico, lo studio rivolge la propria attenzione ai Carnevali, in genere per pochi, che hanno saputo conservare autenticità, affondando le proprie radici in un humus storico e antropologico o hanno ritrovato nuova vita a seguito di accurate indagini filologiche.

Lo studio, sulla base di minimi indizi, di poche tracce superstiti, ripercorre a ritroso la storia degli uomini della montagna: sorprende scoprire come la classicità greco-romana e, soprattutto, il periodo medievale abbiano contribuito alla formazione di tante tradizioni e come nessun’altra manifestazione abbia saputo conservare al proprio interno le prerogative più vive del paganesimo pur essendo debitrice alla religione cristiana della sua configurazione definitiva.
Il canto della Martina, l’albero del Carnevale, le questue del cibo, la recita dei Mesi e delle Stagioni, la marcia al suono del brando, l’uccisione del mese di Gennaio, la morte della pernice, lo scambio di ruolo fra i due sessi, affondano le loro radici in tempi antichissimi, con ritualità che il mondo della montagna ha saputo racchiudere in sé e conservare fedelmente sino al nostro presente.
Ariela Robetto ha lavorato a questo libro dal duemila (quasi 15 anni…), ovviamente a fasi alterne. In certi periodi, in cui si trovava senza inidizi con i quali procedere nelle ricerche, riponeva gli appunti in un cassetto e non ne voleva più sapere. Ma appena fiutava qualche altra traccia, si rimetteva in moto come un cane da tartufi.
Le persone che ha intervistato sono circa una trentina: alcune di queste contattate di proposito, altre invece incontrate per puro caso, sovente in piola e sovente avendo sul tavolo un bel bicchierino di vino o di genepy.
Diciotto persone le hanno anche fornito delle foto che sono andate ad arricchire l’archivio personale (la foto qui a destra è del Carnevale di Lemie del 1953 ed è stata scattata Martino Cattelino; cliccateci sopra per ingrandirla).
L’autrice ha consultato le annate del settimanale Il Risveglio partendo dai primi anni del Novecento e anche quelle de Il Canavese (le due testate gironalistiche più importanti per le Valli di Lanzo e il Canavese). Molto utili al lavoro sono stati gli studi acquistati dalla figlia presso la Sorbona in quanto le usanze francesi risultano assai simili a quelle delle Valli di Lanzo.
Molte cose hanno l’hanno stupita in modo particolare durante le sue ricerche. Prima di tutto la differenza fra i carnevali delle valli (quelli autentici naturalmente) e quelli della pianura: il carnevale delle valli è una vera e propria liturgia codificata nel tempo, silenziosa, senza chiasso, senza scherzi. Pensate che alle maschere è proibito parlare, è concessa solamente la gestualità e tutto avviene al suono di una marcia lenta, grave e solenne.
Un altro aspetto che l’ha colpita è stato quello di riuscire a risalire tanto indietro nel tempo, fino alle origini delle varie tradizioni e delle maschere per scoprire così che molto spesso ciò che prima era religione divenne, con l’avvento del Cristianesimo, un atteggiamento profano, deriso e stigmatizzato dalla Chiesa.
Interessante è stata per Ariela la scoperta delle analogie fra lo “scontro” Carnevale-Quaresima e la storia della vita di ciascuno di noi, in un continuo dibattere fra bene e male, fra piacere e dovere.
Un ulteriore motivo di stupore è stato il fatto di comprendere le motivazioni della decadenza delle tradizioni carnevalesche.
Oggi sembra che qualcosa si stia recuperando.

Le difficoltà sono state infinite in questo lavoro, soprattutto nel rintracciare i testimoni ma anche nei suoi periodici scoraggiamenti, quando Ariela intuiva che da una maschera doveva ancora emergere qualcosa di significativo, senza che riuscisse a trovarne conferma da nessuna parte.
Per quanto riguarda le immagini l’autrice è oltremodo grata a Bruno Guglielmotto-Ravet, Presidente della Società Storica delle Valli di Lanzo, che ha fatto davvero miracoli, riuscendo a ricavare belle illustrazioni da foto a volte inguardabili.
Davvero interessanti i risvolti sociologici… cercherò di esserci!
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Dai, così ci rivediamo per combinare future uscite!
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Bellissimo, queste tradizioni sono da conservare e valorizzare, grazie Beppe buona giornata!
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Grazie a te Miss che trovi il tempo per leggere questo blog.
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Domenica 15 febbraio nelle Valli di Lanzo c’è il “Branlou”, il Carnevale di Mezzenile:
http://www.shan-newspaper.com/web/leggende-e-tradizioni/42-branlou-il-carnevale-di-mezzenile.html
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Recuperare le proprie tradizioni senza vergognarsi ed esserne orgogliosi: questa è la giusta strada!
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Ho visto ieri il libro, in anteprima: BELLISSIMO! Davvero uno splendido lavoro, ricco di foto, di approfondimenti; non tralascia di sottolineare le specificità dei luoghi, delle tradizioni, dei canti, … Da leggere!
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Grazie 🙂
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Sì, credo che il libro sia davvero bello… Grazie a questo post che mi ha incuriosito…. Se riesco vengo anche io alla presentazione del volume!
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Il Museo della Montagna su Twitter (@museomontagna) informa che…
http://www.museomontagna.org/it/area-espositiva/mostre-e-attivita.php?p=i&id=217
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Ieri ho partecipato al Carnevale di Mezzenile, il “Branlou“.
Bellissimo!
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Del libro di Ariela Robetto ne parla anche Torino e le Alpi:
http://www.torinoelealpi.it/il-carnevale-delle-valli-di-lanzo-tra-storia-e-leggenda/
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