Il maestro dei fiori

Fioritura primaverile nel pascolo alpino
Fioritura primaverile nel pascolo alpino

I fiori mi hanno parlato più di quanto posso dire scrivendo. Sono i geroglifici degli angeli, amati da tutti gli uomini per la bellezza del loro carattere, perché pochi possono decifrare anche frammenti del loro significato.
Lydia M. Child

Incontriamo Cesare Lasen, montanaro e studioso di flora e vegetazione alpina, in un cortometraggio di 10 minuti intitolato “Cesare, figlio del San Mauro”.

Dieci vitali minuti dove le immagini, dense di poesia e silenzio, ci raccontano il suo cammino dentro la natura e le montagne, mentre esprime il suo immenso amore, passo dopo passo.

A me piace essere dentro la natura, non mi piace contemplarla come un qualche cosa a parte. La vedo come espressione di tutto un mondo, di tutto un chissà, certamente misterioso, questo sì, disegno complessivo in cui noi abbiamo contribuito a plasmare.

Lo vediamo nell’orto mentre lega le piante di pomodoro, toglie l’erba, tra le file dei fagiolini, chinato con la lente sulle sue “erbe”, tra esili e ripidi sentieri erbosi delle Dolomiti Bellunesi. Fascia bianca in testa, zaino e immancabile borsa a tracolla dove sistema le piante per il suo erbario che occupa un intero armadio in garage. Come un archeologo, cerca di notare, conoscere ed indentificare i valori del territorio. Curvo per osservare una pianta o per fotografare un fiore, si muove su terreni irti con passo sicuro e percorre grandi dislivelli.

Camminando, pensando, guardandomi attorno in quel momento, la mente è libera e pensa.

Emigrato a Milano per lavoro rientra ben presto tra le sue montagne. Il canto suadente della sua terra è intenso e melodioso. Ritorna ed abita alle pendici del Monte San Mauro (Belluno). Da qui l’appellativo figlio del San Mauro.

E’ il luogo natio e quindi è la mia Heimat. Sono nato a circa 750 metri di quota sopra Lasen, in una casa rurale isolata, la più lontana dal paese, dove non c’erano servizi, non c’era acqua corrernte, non c’era luce elettrica, non c’era la strada che arrivava. Ho sempre vissuto all’aperto con i nonni soprattutto c’è un qualche cosa di imprinting che deve essere rimasto dentro. Un qualche cosa mi ha riportato qui, più vicino alle radici, più vicino alle origini.

Boschi di Sagron-Mis nei Monti del Sole_small
C.Lasen nei boschi di Sagron-Mis (ph. Lo Scarpone-CAI)

Biologo, geobotanico, esperto di flora, vegetazione ed ecologia montana, professore e saggista ma soprattutto figlio del San Mauro. Ha trascorso gli ultimi 40 anni della sua vita documentando e studiando la flora alpina. Il suo terreno di ricerca è tra le Dolomiti Bellunesi.

Tu come fai a descrivere un territorio, la sua evoluzione, da ieri a domani, se non conosci i singoli elementi?

Ha pubblicato più di 240 testi scientifici. Attualmente è membro del Comitato scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco dopo aver ricoperto in passato l’incarico di primo presidente del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.

In suo onore, il professor Fröhner (uno specialista tedesco di Dresda) gli ha dedicato l’Alchemilla lasenii da lui scoperta nel 1986 nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi (Busa delle Vette).

E’ stato premiato, nel 2011, con il “Pelmo d’oro” manifestazione che ha lo scopo di valorizzare la cultura alpina sulle Dolomiti Bellunesi.

Il docu-film è stato presentato in anteprima il 29 gennaio 2016 al Winter Film Feltre&Pedavena ed è in concorso all’edizione 2016 del Trento Film Festival. Prodotto da AKU trekking & outdoor footwear  con la regia di Cosenude Media Project .

Ecco il video su you tube: “Cesare, figlio del San Mauro”

Il suo colore preferito, fin da bambino, è il verde. Il mondo vegetale l’ha sempre attratto e voleva approfondirlo, ricercarlo, carpirlo e penetrare nei suoi segreti. E devo dire che, inseguendo i suoi sogni, c’è riuscito!

Mi piace concludere questo post con una sua frase che condivido:

La montagna è l’ultima spiaggia per la salvezza della biodiversità. La montagna dà di più. C’è di più. C’è una spiritualità della montagna, si affondano le radici nella salita all’Oreg, la montagna diventa una meta, è la sede degli dei, è un qualcosa di sacro.

Le citazioni, in corsivo, (tranne la prima di Lydia M. Child) sono state estratte dal docu-film.

3 pensieri riguardo “Il maestro dei fiori

  1. Concordo pienamente con Serpillo e con Cesare Lasen. Giunta ad un’età in cui si è quasi sempre largamente delusi dagli uomini, la natura ancor più diventa un rifugio, un lenimento all’amarezza, una gioia sempre disponibile ed una lezione di vita. Ieri guardavo nel mio prato i giacinti in fiore coperti dalla neve e tremavo per la loro bellezza. Oggi, ritornato il sole, li vedo trionfare nei loro colori e nel loro intenso profumo. Che splendida esperienza! Dopo il gelo ritorna il tepore: per questo è necessario lottare sempre senza resa, malgrado tutto e in qualsiasi condizione!
    Voglio qui ricordare Remo Castagneri di Balme, un sapiente della montagna, il quale mi raccontava che nei suoi pascoli di Pian Turale, il botanico Daniele Rosenkrantz aveva scoperto un’erba rarissima che “cresceva solo lì e in Norvegia”. Era orgoglioso e felice di questa scoperta. Mi diceva poi di non aver mai strappato un fiore dal suo habitat naturale perché era un essere vivente; poiché gli piaceva il profumo delle nigritelle, finché era giovane e in forma si sdraiava nel prato per odorarlo, poi si limitò a guardare i fiori “ricordando” la loro fragranza di vaniglia.
    Ora Remo non c’è più, sono rimasti i suoi insegnamenti di vita.
    ariela

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