Autunno in Val Grande

No, non è la Val Grande del Parco omonimo piemontese. Questa invece è la più a nord delle Valli di Lanzo ed è, come dice il suo nome, la più ampia, caratterizzata da numerosi valloni sospesi che si innestano nel fondovalle. Valloni stupendi, come quelli esposti a mezzogiorno: si chiamano Vassola, Unghiasse, Vercellina… e sono tutti solcati da una rete di sentieri storici che permettono la conoscenza di ambienti incantevoli dove i vecchi montanari hanno posato segni straordinari della loro cultura materiale (baite, roye, sentieri, scalinate in pietra, bounòm…) e del loro duro lavoro in quota. Sentieri che sfiorano i 3000 metri di quota regalando panorami indimenticabili. Sentieri per troppo tempo dimenticati ma che ora iniziano a tornare funzionanti grazie all’opera di segnalazione.
Uno di questi, rimasto negli ultimi decenni impraticabile, soprattutto nella parte iniziale, è il n. 325 che comincia dal Comune di Chialamberto (864 m) spingendosi fino a 2500 metri, con notevole dislivello. Le strade asfaltate che conducono nelle amene borgate alpine situate a mezza costa (sopra i 1000 m) consentono di partire da quote più elevate, ma al contempo tendono a far stoltamente rigettare, nella programmazione delle escursioni, le fantastiche mulattiere di pietra che si diramano dal fondovalle. Chi avesse voluto così puntare agli orizzonti alpini dello spartiacque Val Grande-Valle dell’Orco, avrebbe tentato la partenza da Vonzo (1231 m) oppure da Candiela (1160 m), dove un sentiero storico conduce a Chiappili (1450 m), nel Vallone di Vassola poi e nell’adiacente bacino della Lombarda, punteggiato di alpeggi, uno più bello dell’altro.

Ottobre irrompe con una domenica prettamente autunnale: nubi basse e umidità disseminata ovunque te lo fanno impregnare sulla pelle. Ma con un po’ di fiducia e volontà attraversiamo, per molto dislivello, le ombre e i misteri del sentiero 325, costantemente accompagnati dalla nebbia, andando verso l’alto, a ricercare la luce e il caldo del Sole che potrebbe rinfrancarci da ore di marcia innaffiata. Sento che potremo bucare le nuvole, forse già a 2000 metri, dopo oltre tre ore di cammino. Forse dal grigio estenuante passeremo all’azzurro esaltante. Sappiamo che non andremo fino ai 2458 metri del Colle della Forca per verificare quanto la fiducia sia stata ben riposta: non siamo in buone condizioni perché piedi, calzettoni, scarponi e pantaloni sono marci già da tempo. E le tempistiche non sono dalla nostra parte. Speriamo così di uscire il prima possibile dall’abbraccio soffocante della spessa nebbia.

Abbiamo bisogno di asciugarci per prepararci alla discesa. Fermarsi per riposarci tra le minutissime ed infinite goccioline d’acqua sarebbe oltremodo insopportabile, facendoci masticare una brutta giornata di escursionismo. Mentre saliamo, superati i 2129 metri dell’Alpe Trai, dopo aver consultato la carta, decidiamo di fissare la meta di oggi: ci fermeremo all’Alpe Pian di Lee (2268 m) che ce lo ricordiamo meraviglioso durante un’escursione del Cai di Lanzo. E forse riusciremo almeno ad alimentarci, dopo quattro ore di ascensione, confidando nelle previsioni meteo che oggi escludono la pioggia sebbene tutt’intorno farebbe pensare esattamente il contrario. Sono ormai ben 1100 metri di dislivello fatto dentro le nubi: siamo stanchi e provati e non capiamo cosa ci ha spinto a salire sempre di più. Saranno forse i bolli bianco-rossi e gli ometti ben posizionati ed evidenti, anche con scarsa visibilità? Sarà la malattia di voler salire? Sempre e comunque?

Tra una svolta e l’altra della traccia, una debole luce gioca a nascondino con le nubi facendoci sognare il dono di un cielo azzurro e limpido. Manca poco al Pian di Lee e in fin dei conti siamo contenti perché finalmente faremo una sosta degna di questo nome, anche se pioverà, perché c’è sempre qualche baita aperta dove ripararsi. Delle raffiche di vento improvvise incoraggiano ad immaginare quello che ogni escursionista che ascende desidera in giornate come queste: osservare sotto i propri piedi il mare di nuvole sovrastate dall’azzurro caldo e consolante, con i raggi del Sole che ti inondano di vita e tepore.
Avanziamo stancamente nelle bigie solitudini delle Graie autunnali mentre qualche schiarita si affaccia sui nostri volti ormai disillusi. Verso l’alto i contorni delle montagne si fanno più netti mentre alle nostre spalle una mareggiata di nebbia si scaglia contro i versanti delle montagne.
All’improvviso, mentre ormai mancano pochi metri alla nostra meta, sento maturare dentro di me una forte convinzione. Sarà sorpresa, sarà magia, sarà quello che ormai sembrava perso. Sarà l’ennesimo dono per aver scommesso sulla fatica, ancora una volta, giorno dopo giorno, credendo fortemente che vincere la sveglia che ti ricaccia a letto è un atto d’amore per la vita, un gesto di fiducia verso le montagne dure e crude, anche se gli anni passano inesorabilmente.

La gioa e l’emozione per quanto sta succedendo intorno a noi è incontenibile tanto che squarcio il silenzio gridando di felicità. Non volevo fare dietro front, non volevo arrendermi ma continuare a credere, camminando. Lassù ci aspettava la vita con la sua oasi sopra l’autunno. Dal fondovalle a questa luce fantastica, solcata dalle montagne che amo, ci si sono oltre 1400 metri di acqua e grigiore. Li abbiamo percorsi tutti, li abbiamo sentiti tutti, lungo un sentiero che aveva come missione solo quella di condurci in alto. E ora siamo qui, mentre la pianura sopporta una grigia e pesante giornata di inizio autunno. Siamo qui ad asciugarci e a scaldarci per ritrovare le forze con un po’ di cibo tirato fuori da zaini fradici. Disseminiamo le rocce montonate che contornano il Lago Pian di Lee con tutto quello che abbiamo indosso. Strizziamo le calze, che spurgano rivoli d’acqua, distendiamo magliette, pantaloni e gilet per distenderci a prendere il sole e il silenzio sulle rocce levigate con vista lago, mentre ad est il suadente Colle della Forca ci fa l’occhiolino prospettandoci un giro ad anello che oggi percepiamo improbabile.

Perché noi oggi, dopo un veloce sguardo alla carta, non andremo ad est. Andremo ad ovest per inventarci l’ignoto seguendo la traiettoria del Sole. Il tratto dell’Alta Via Canavesana, che porta ad intercettare il sentiero 324 – un magnifico viaggio nelle montagne costruite dalle mani dei montanari -, sappiamo solo che non dev’essere in buone condizioni di segnalazione. Mi sforzo di determinare il tempo necessario per portarci al Pian Vailet e quello poi per rientrare a Candiela, tuffandoci nel Vallone di Vassola. Se si parte alle 14 dovremmo farcela prima che faccia troppo buio. E poi c’è il Sole, mentre sotto di noi è tutto grigio e poco invitante. La traversata è sopra i 2300 metri e questo ci garantisce ottima visibilità e stupendi contrasti autunnali che tendono ad arrossire le praterie di alta quota. L’unica incognita è la condizione dei bolli bianco-rossi. Ne intercettiamo uno molto sbiadito, morente su di una roccia, proprio lungo la nostra direzione di marcia. Tentiamo e presto ci accorgiamo che queste tacche malconce sono supportate da quelli di colore blu che qualcuno ha posizionato senza rispettare la segnaletica a norma. Questa volta vincono gli anarchici perché ci aiuteranno non poco a seguire con fiducia il nostro sentiero. La traccia è buona e ben evidente. Mentre ci avviciniamo al Colle della Terra di Arré (2432 m) sentiamo il tipico fischio di un camoscio che non riusciamo a rintracciare. Siamo catturati da un selvaggio ambiente di alta quota che si prepara all’arrivo dell’inverno.

Di colpo riusciamo ad individuare la folle corsa in salita di un branco di camosci che pensa solo ad allontanarsi il più possibile da noi. Poco dopo, da sopra il crinale, un’aquila domina il cielo intenta a seguire attentamente gli ungulati. In un batter d’occhio, prede e predatore, spariscono dietro la cresta, lasciando noi invasori con l’appettito selvatico.
Ripresa la marcia, osserviamo all’orizzonte, sopra il mare di nubi, la sommità del Monviso mentre attraversiamo incredibili baite di pietra che spuntano all’improvviso, situate in angoli impervi e suggestivi.
Discendiamo rapidamente verso il Pian Vailet, magnifica conca glaciale ospitante un alpeggio dipinto con tinte brune e dominato da un gruppetto di alp tutti rigorosamente vestiti di pietra. Il 325A-AVC toccherebbe queste baite per innestarsi col sentiero 324. Noi preferiamo tagliare subito verso sud, attraversando fuori sentiero i rii sul Piano, per risparmiare tempo. Siamo a circa 2200 metri e ancora fuori dalla nebbia che ci attende poco più in basso. Da qui in poi bisogna solo più picchiare verso il Pian di Vassola attraversando le nubi cariche di umidità. Abbiamo solo un punto critico da considerare, stante la scarsa visibilità: è la decisa svolta ad est, a quota 1986 metri, che ci deve condurre a guadare il Rio Vassola.

L’ultima volta che siamo stati qui c’erano pochissime segnalazioni e soprattutto non c’era questo muro di nebbia. Ben presto, però, con nostra grande gioia scopriamo che i bolli bianco-rossi sono stati rifatti e ci sono anche gli ometti di pietra nei punti critici; insomma si naviga serenamente senza dover ricorrere alla traccia sul gps. Tocchiamo l’Alpe Rossa di sotto (2093 m), purtroppo completamente in rovina, guadiamo facilmente il Rio Vassola, che ha una portata ridicola, e attraversiamo l’Alpe Balmot (1889 m). Ci dobbiamo nuovamente confrontare con il sentiero carico di acqua che in breve tempo ci inzuppa nuovamente gli scarponi, calze e piedi. Dopo aver superato il bellissimo Alpe la Liagi (1780 m) iniziamo ad immaginare il Piano di Vassola con la sua pista che ci porterà a chiudere l’anello per poi svoltare, al bivio con il 325, sul sentiero per Chiappili e Candiela. Rincontriamo la mandria di vacche piemontesi sparse per il pascolo di Lu Pian (1550 m) e a Chiappili prendiamo decisamente verso sud dietro la Cappella di San Vito per poi sparire nell’incantevole bosco di faggi con i suoi piloni votivi. La strada asfaltata ci condurrà in pochi minuti al parcheggio del grazioso villaggio di Candiela.


Questo memorabile viaggio escursionistico nell’autunno delle Alpi Graie è nato grazie ad un WhatsApp dell’amico Paolo, che con la moglie Donatella, dedica molto tempo alla cura dei sentieri.

Sentiero 325: aggiunto paletti segnavia, bandierine, ometti nei punti meno evidenti del tratto Lu Pian – bivio strada Vassola – croce Testarebbo. Pulito da rovi e noccioli dopo bivio Vassola.

La bandierina di segnalazione del sentiero n. 325 posizionata subito dopo l’attraversamento della sterrata che conduce al Pian di Vassola (n. 324)

Per comprendere appieno di cosa stiamo parlando, qui di seguito trovate le mappe escursionistiche relative al giro appena descritto (grazie a Fraternali Editore per la gentile concessione):

Come sostengono Bätzing e Kleider, gli escursionisti contribuiscono ad animare le Valli di Lanzo. Grazie infinite a Donatella e a Paolo che, insieme ai colleghi del Cai, ci aiutano ad infondere l’anima, dare la vita.

Per scrivere questo post è stato fondamentale rileggere il bellissimo articolo scritto nel 2013 da Pier Luigi Mussa, Vassola, un mondo dimenticato, che vi suggeriamo vivamente di consultare. Dobbiamo riscontrare che dopo quattro anni, seppur tra mille difficoltà e problemi, qualcosa è migliorato. Ad esempio, possiamo sicuramente rettificare quanto scrisse l’amico Pier Luigi, ovvero:

[…] Sempre da Vonzo è altrettanto consigliabile percorrere il bordo orientale del vallone, cioè il sentiero per il Colle della Forca (con problemi simili all’altro). Ma anche qui la difficoltà è ampiamente ripagata dalle continue sorprese, dai cambi di aspetto, dagli spunti pittoreschi che si rivelano via via. Oggi l’accesso diretto da Chiappili è ormai impercorribile, per cui conviene accedervi dal Ciavanis o dal Roc ‘dle Masche (con ulteriore interesse) utilizzando una delle due tracce trasversali, la più bassa a monte della partenza dei parapendii e la più alta a partire dall’Alpe Quarchietto. Si arriva sulla dorsale sopra Testarebbo e, attraverso vari alpeggi (Alpi Rocciapian e Trai), alti sul Vallone della Lombarda, si arriva al Pian di Lee (2268m l’Alpe), sotto i Colli della Forca e di Nora. […]

L’accesso da Chiappili del sentiero n. 325 ora è tornato finalmente in vita e si può scegliere se abbandonare l’auto a Vonzo (1231 m) o a Candiela (1160 m) per prendere quota fino ai confini con lo spartiacque Val Grande – Valle dell’Orco, scegliendo poi se dirigersi ad est o ad ovest (Colle delle Terra di Arré o Colle delle Forca; ci manca l’esplorazione a nord, verso il Colle di Nora). Inoltre possiamo affermare che i sentieri 325 e 324 risultano ben segnalati con bolli bianco-rossi e bandierine, stante la scarsa visibilità con cui abbiamo fatto gran parte di questo giro ad anello.

Picchetti segnavia sul sentiero 325 subito dopo le baite di Lu Pian. Fondamentale segnaletica dove non ci sono massi su cui dipingere i bolli bianco-rossi

Assolutamente inaccettabile invece scoprire che il tratto meraviglioso dell’Alta Via Canavesana sia in stato di abbandono per quanto riguarda la segnaletica. Negli ultimi anni nelle Valli di Lanzo si sono spesi centinaia di migliaia di euro di fondi europei per edificare piste inutili senza riuscire a destinare poche migliaia di euro (forse meno) per fare la manutenzione dei sentieri in quota (migliaia di euro che servirebbero soprattutto per trasportare con l’elicottero le squadre forestali della Regione Piemonte): non è ammissibile pensare che il Club Alpino Italiano debba sobbarcarsi tutto l’onere della manutenzione di centinaia di chilometri di sentieri storici. Sarebbe opportuno creare lavoro utile alle comunità alpine (come per la manutenzione della rete escursionistica) per favorire l’escursionismo di qualità e smetterla di spendere soldi pubblici per cattedrali nel deserto, odiosa pratica che continua ad appestare da sempre il nostro Paese.

Vi lascio qualche informazione tecnica su questa escursione e la galleria foto (da non perdere perché ci sono camosci, aquile, sentieri lastricati, nubi, bolli, acqua, autunno, salamandre, alp, vacche e tutto quel mondo strabiliante costruito dalle genuine ed autentiche genti alpine, oramai in esilio):

Partenza: Candiela (1160 m; fraz. di Chialamberto – Val Grande di Lanzo)
Dislivello totale: 1300 m ca.
Difficoltà: EE (nel solo tratto del 325A-AVC)
Tempo di percorrenza: 7 h e 30 min. (escluse le soste)
Lunghezza totale del percorso: 13 km ca.
Cartografia: “Valli di Lanzo n. 8“, scala 1:25000, edita dalla Fraternali Editori

Segnavia: bolli bianco-rossi e bandierine lungo il percorso; segnavia 325 – 325A-AVC (Alta Via Canavesana) – 324; attenzione al tratto Pian di Lee – Pian Vailet da considerarsi EE (solo per la mancanza di segnaletica adeguata in quanto la traccia del sentiero è in buone condizioni e visibile); attenzione anche sotto il Colle della Terra di Arré a seguire attentamente la traccia per l’Alpe Li Arré (facile sbagliarsi prendendo quella per l’Alpe Biolla). Se volete saperne di più del sentiero n. 324 vi invito a leggere questo post.

Qui la galleria foto su Flickr di questa indimenticabile escursione (passare il cursore del mouse sopra le foto per visualizzare le descrizioni). Per attivare la presentazione invece fate clic sul primo (da sinistra) dei tre pulsantini posizionati in alto a destra.

6 pensieri riguardo “Autunno in Val Grande

  1. Bellissimo itinerario!
    Qualcosa si muove sul tratto dell’AVC che collega Pian di Lee ed il Veilet che hai segnalato: se verrà attuato a breve il progetto finanziato oltre a renderlo praticabile ed individuabile si posizionerà un bivacco al Veilet che consentirà di percorrere longitudinalmente in quota la Val Grande di Lanzo con un appoggio utile al pernottamento.
    Ci tengo a fare una riflessione sugli “anarchici” che hanno bollinato di blu il tratto segnalato: pacifico che non è stata rispettata la normativa regionale ma gli intenti erano, credo, lodevoli. L’intero itinerario, conosciuto come “giro dei Moai” ha voluto collegare tutti i decolli di parapendio della Valle creando un anello di decine di km che si sviluppa sui sentieri censiti percorribile a piedi (oltre che in cross col parapendio). L’impegno è stato notevole, non solo nella segnalazione con le bollinature ma anche con lavori si ripristino di tratti inizialmente poco praticabili.
    E’ mancata, da parte di chi ha pensato alla creazione dell’itinerario e da chi si è poi attivato per l’intervento, la conoscenza delle regole. Oggi provo a porre un quesito a quei lettori del blog che hanno una conoscenza approfondita delle norme sulla sentieristica: potrebbe l’intero itinerario essere ufficializzato secondo le norme vigenti e la bollinatura ricondotta agli standard? (del tipo simbolo blu entro la parte bianca delle bandierine segnavia). Quali sono i passi per proporre alla Regione la cosa e renderla, in caso di accoglimento, attuabile?
    Andrea

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    1. Ci fa piacere ricevere buone notizie, grazie.
      Tutta l’AVC (come per la GTA) dovrebbe essere un volano escursionistico per attirare gli amanti della cultura alpina che riesiedono soprattutto in Nord Europa. È basilare posizionare strutture atte a consentire il pernottamento in quota e non si spaventino gli esercenti del fondovalle in quanto i trekker hanno bisogno di fare tappe per dormire in letti comodi, per lavarsi decentemente, per fare un minimo di bucato e per la spesa. I trekking di lunga percorrenza sono strategici per lo sviluppo del turismo escursionistico. Necessario sarebbe anche far nascere il trekking someggiato e le Valli di Lanzo sono un terreno ideale per questo modo di viaggiare.

      Per quanto riguarda il giro del Moai, è assolutamente prevista dalla legge sull’escursionismo la possibilità di accatastare sentieri tematci ma rispettando la normativa sulla segnaletica. I colori sono sempre il bianco e il rosso a cui si devono affiancare i segnali verticali (frecce) con indicazione del sentiero tematico “Giro del Moai” assistiti da una sigla (ad es. GM). È fondamentale l’uniformità della segnaletica per evitare di confondere gli escursionisti. Una volta che un sentiero tematico lo si segnala adeguatamente, il passo successivo è quello di indicarlo sia sulla cartografia e sia con apposite bacheche e/o dépliant in modo tale da promuoverlo. Ovviamente con i social si ha una maggiore e più ampia visibilità.
      A me piace molto il parapendio e spero presto di poterlo provare. È bellissimo vederli volteggiare sopra la Val Grande pensando soprattutto che è un’attività a basso impatto ambientale (penso ai furgoni che salgono al Ciavanis diffondendo inquinamento sui pascoli dove le vacche mangiano l’erba).

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  2. bellissimo racconto e bellissime foto!

    Complimenti e continuate sempre così.
    Grazie di farci “vivere” questi bellissimi luoghi
    Rok 64

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  3. Percorrendo l’Alta Via Canavesana (proprio come il titolo del libro scritto da Cecilia Genisio, ideatrice dell’ìtinerario, che lo racconta “con il cuore”) abbiamo pensato a lei dicendo che era da un pò che non la si vedeva.
    Abbiamo saputo, oggi, che è mancata a marzo di quest’anno.
    Cammina in pace Ilia, tra i tuoi monti

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