
Testo e foto di Toni Farina
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Strade che salgono in alto. Oltre i paesi, verso le arene del silenzio. Le infrangono.
La questione è da tempo oggetto di contesa. E così accadrà anche quest’anno, 2018, con l’arrivo della calura estiva. Contesa fra portatori d’interesse diversi, talora opposti, sostenitori di posizioni che è arduo conciliare. Da un lato i fautori del turismo dolce per i quali queste strade devono essere in via prioritaria lasciate a camminatori e ciclisti. Una posizione che, è importante sottolinearlo, è fatta propria anche da titolari di esercizi commerciali, gestori di rifugi e posti tappa per i quali l’escursionista è il cliente principale. Un cliente esigente, che mal tollera la convivenza con i motori. Soprattutto se il cliente in questione proviene da oltralpe.
Dall’altro i fautori della massima “la montagna è di tutti”. “Non bisogna escludere nessuno”. Soprattutto non bisogna escludere quell’importante fetta di mercato composta da motociclisti e fuoristradisti, molti dei quali, provenienti anche da oltralpe, trovano sulle montagne del Bel Paese un terreno di gioco molto libero, impensabile nelle loro contrade. Una posizione condivisa da gran parte degli amministratori pubblici, restii a imporre limitazioni.
La questione è da tempo oggetto di contesa, ma nell’estate 2017 è diventata più stringente. Complice il gran caldo, la montagna è diventata luogo di salvezza. E così sarà anche quest’anno e nel tempo a venire. Ma la montagna è per sua intima natura anche luogo del limite: etico (per ci crede) e fisico. E così dalle Dolomiti alla Conca del Prà in Val Pellice, dall’Ossola alle Alpi Liguri è tutto un fiorire di soluzioni intermedie, “provvisorie”, “sperimentali”, spesso figlie dell’italica incapacità di decidere.
Numero chiuso, orario o periodo stagionale limitato, pedaggio, navetta. Lo scopo è di accontentare tutti. Col rischio di non accontentare nessuno.
Tuttavia emergono qua e là timidi segnali. Nulla di strutturato, però si inizia a capire che un accesso più dolce ai luoghi turistici di alta montagna non solo è possibile, ma può essere anche vantaggioso. Può creare qualità. E così si aderisce a campagne di mobilità sostenibile, nella speranza (convinzione sarebbe eccessivo) di dare un impulso a quel turismo tanto vagheggiato, quanto ancora semi-clandestino.
L’elenco di località piemontesi che seguono costituiscono una sorta di “report” in parte aggiornato al 2017, in parte aggiornato all’estate in corso, 2018. L’impulso a questa ricerca è comunque giunto l’anno scorso, il torrido 2017, foriero di polemiche in molte località.
Ho cercato per quanto possibile di dare voce a portatori di interesse di varia estrazione e mi scuso per eventuali inesattezze e omissioni. Sarà interessante seguire l’evoluzione negli anni a venire.
A piedi fra le nuvole
Nuvole che, spesso, si addensano sul Colle del Nivolé. Questa rassegna non poteva che esordire dal colle a 2600 metri fra Piemonte e Val d’Aosta, nel Parco nazionale Gran Paradiso.
La strada del Nivolé fu costruita negli anni ’60 del secolo scorso, quando il futuro viaggiava su quattro ruote azionate da un motore a scoppio. Non c’era futuro possibile senz’auto, anche nel cuore di un parco nazionale. E fu così che lo straordinario altipiano al cospetto delle cime del Gran Paradiso ebbe la sua dose di ossido di carbonio. Coinvolto nelle sorti magnifiche e progressive del progresso tecnologico.

La strada doveva collegare la Valle dell’Orco e la Valsavarenche, sui versanti piemontese e valdostano del parco, ma grazie alla mancanza di risorse e a un improvviso ravvedimento, le magnifiche sorti non progredirono oltre i salti di roccia che incombono su Pont Valsavarenche. E oggi la montagna si sta via via riprendendo il maltolto. Ma oggi, ancora oggi, i motori a scoppio valicano il colle per calare sul piano. Dopo anni di polemiche e discussioni il compromesso al ribasso ha imposto uno stop festivo di 6 ore nei mesi di luglio ed agosto. “A piedi fra le nuvole” è il titolo dell’operazione che l’ente di gestione del parco in collaborazione con altri enti mette in piedi da un po’ di anni in qua per far digerire alle amministrazioni locali il parzialissimo blocco. Un nutrito programma di eventi per giustificare l’ovvio. Ma la prima domenica di settembre la fila di auto e moto torna a calare sul piano, a riempire gli esigui spazi a lato strada sulla riva del lago.
Con buona pace degli escursionisti d’oltralpe, abituati a ben altro rispetto.

“Il progetto di un collegamento stradale tra Valle Orco e Valsavarenche attraverso i 2600 del Colle del Nivolet fu specchio di un periodo storico molto diverso dall’attuale. Era, per l’Italia, il periodo del boom economico e della motorizzazione, ossia di un’idea di “sviluppo” dove non si contemplava – se non per una esigua élite di persone – il concetto di sostenibilità ambientale. Gli stessi parchi nazionali, pur già istituiti da tempo, si trovavano ancora in condizioni piuttosto precarie, se non di vera emergenza, come nel caso del Parco nazionale Gran Paradiso, uscito malconcio dal secondo conflitto mondiale.
Per il nostro parco, occorreva arrestare il declino del patrimonio naturale e, in primis, della sua specie simbolo, lo stambecco (opera di cui fu artefice Renzo Videsott), e, al contempo, avviare una strategia di promozione che aiutasse le economie locali. La strada del Nivolet faceva parte di questa strategia, ne costituiva uno degli assi portanti.
A pensarci bene, quella strada può rispondere anche oggi a una funzione simile, partendo però da presupposti e modelli di fruizione totalmente diversi.
L’iniziativa “A piedi fra le nuvole” ne rappresenta un primo esempio. L’ampio consenso che ha ottenuto conforta i promotori, ma deve, al tempo stesso, spingere verso la ricerca di soluzioni più innovative e definitive, che azzerino, o quasi, l’impatto ambientale della fruizione turistica, pur permettendo a quanti vogliano accedere a quel luogo straordinario, di poterlo fare.
La questione “Nivolet” costituisce per il Parco Nazionale Gran Paradiso uno snodo chiave nella sfida tra tutela e fruizione. Il modo con cui l’Ente Parco riuscirà, di qui ai prossimi anni, a risolvere la questione, coinvolgendo tutti i “portatori di interesse”, rappresenterà una prova di maturità.
La sostenibilità ambientale non deve essere solo filosofia, ma pratica concreta. A partire dalle aree protette. La “questione Nivolet” deve dimostrarlo.”
Antonio Mingozzi, Direttore del Parco nazionale Gran Paradiso.
Il posto più bello del mondo
Così definisce l’Alpe Devero Alberto Paleari, guida alpina dell’Ossola. Se lo dice lui c’è da crederci. Ma Devero sarebbe ancora più bello senza quella rotabile che da Goglio s’infila nel granito delle Lepontine per giungere a lambire la piana.
Alta Ossola, estremo nord del Piemonte. Una zona che, per ragioni di distanza, i piemontesi non bazzicano molto, e che neppure gli ossolani considerano molto piemontese. In effetti molto più assidui sono i cittadini lombardi, in gran parte automuniti, tant’è che lassù, nei giorni di festa, estivi o invernali, è dura sistemare la fila di auto che s’inerpicano da Goglio, non c’è costo di parcheggio che tenga. La navetta organizzata dall’ente gestore del Parco naturale Alpe Veglia e Alpe Devero fa il suo egregio lavoro, ma non basta a soddisfare l’ansia d’Alpe. E dire che da Goglio saliva lassù una funivia. E dire che il confine con la Svizzera felix è lì, bastava prendere esempio da chi con il turismo fa affari da tempo, costava poco imparare pratiche virtuose.
Fu così che la funivia, anziché essere adeguata al pubblico trasporto, fu smantellata. E c’è stato pure chi ha sostenuto la “necessità” di portare auto e moto in quel di Crampiolo, con tanto di bel parcheggio con vista sull’Arbola.
E oggi si progetta di “avvicinare le montagne” con le funivie.
Follie ossolane.

“La prima volta che ho sentito parlare della strada del Devero ero ancora una bambina. Me lo ricordo bene perché sentivo spesso mio padre discuterne con amici e conoscenti: lui era favorevole e elencava i vantaggi di una strada rispetto alla costruzione di una funivia.
Durante la mia infanzia, salivo a Devero a piedi, percorrendo la mulattiera o con la mitica funivia dell’Enel che partiva da Goglio. La piccola cabina rossa, portava, se non ricordo male, 16 persone in tutto e ci impiegava almeno mezz’ora per salire e riscendere. Era ogni volta un’avventura. Forse per questo motivo già allora ero contraria alla strada e favorevole alla funivia, in netta contrapposizione alle scelte paterne.
Ho visto da vicino la costruzione della strada e ho cominciato a lavorare a Devero quando ormai la strada era terminata. Non posso negare di averla trovata comoda, cosa che mio padre mi ha più volte rinfacciato, e di averla anche maledetta quando le condizioni della neve non permettevano di tenerla aperta per il pericolo di valanghe. Ora, dopo quasi 30 anni di lavoro come imprenditrice turistica al Devero, continuo a pensare che la scelta migliore per tutti sarebbe stata una strada di servizio e una bella funivia che ci avrebbe garantito l’accesso in qualsiasi momento.
Siamo ancora qui dopo tutti questi anni a chiederci come sarebbe stata la nostra vita qui al Devero se le scelte fossero state differenti. Ma ogni scelta, nel bene e nel male, chiude possibilità che restano nel mondo dell’ipotetico.”
Rosy Saletta, titolare di Casa Fontana all’Alpe Devero.
“Un itinerario in bicicletta tra i più belli d’Europa”
Ancora una citazione per descrivere il Tracciolino. L’autore è Fabrizio Bottelli, responsabile del Giardino botanico d’Oropa, che certo la zona la conosce bene. E anche in questo caso c’è da credergli. In particolare se si azzecca la giornata con meteo favorevole, questa “traccia” a mezzacosta sulla montagna biellese, tra Andrate e Oropa, riserva impressioni davvero notevoli. Che ancor più notevoli sarebbero ponendo limiti (ora non previsti) al transito dei mezzi a motore.
Il maggior rispetto sarebbe tra l’altro coerente con gli importanti aspetti devozionali che caratterizzano la zona. Oropa, la Trappa, il Santuario di Graglia, il sentiero Frassati, la Chiesa di San Carlo.
Il Tracciolino è parte della “strada panoramica” ideata negli anni ’30 del secolo scorso dall’imprenditore tessile Ermenegildo Zegna nell’ambito di un vasto progetto di valorizzazione turistica avviato nella montagna sopra Trivero, sede del proprio lanificio. Il tratto in questione, completato in più riprese dagli anni ’50 del secolo scorso fino ai giorni nostri, attraversa sui 1000 metri di quota il territorio della Valle Elvo fra la zona degli alpeggi estivi e le emergenze della Trappa di Sordevolo, della borgata di Bagneri e del Santuario di Graglia.

“Ma come conciliare le ragioni di chi considera il Tracciolino un’opera da terminare, un “tracciamento” da potenziare con ulteriori percorsi paralleli e trasversali, e di chi la considera invece un errore, una ferita da rimarginare?
Ci può essere una terza strada? Un sentiero possibile che tenga insieme la gestione di un territorio montano con la salvaguardia dell’ambiente naturale. Può il Tracciolino diventare un percorso privilegiato di conoscenza? Una nuova cerniera tra due mondi complementari, come lo erano in passato i paesi e la montagna? Può diventare, questa traccia, il laboratorio di un nuovo turismo sostenibile e responsabile?”
Giovanni Pidello, Ecomuseo del Biellese.
Valli di Lanzo, giardino dei torinesi…
…che nelle domeniche estive giungono lassù a frotte, in cerca di refrigerio. Merenda-auto nei pressi è il vangelo. Nella Valle di Ala, la valle intermedia delle tre, il Comune di Balme ha iniziato un percorso virtuoso e chissà che prima o poi decida di porre un limite all’accesso estivo dei mezzi a motori allo splendido Pian della Mussa. Fa piangere il cuore il parcheggio selvaggio in quel luogo denso di storia alpinistica. Mette invece tristezza il bailamme di auto che arranca per trovare un posto in riva al lago in quel di Malciaussia, dove s’arresta a 1800 metri di quota la strada della Valle di Viù, la più meridionale delle tre. Il lago in questione è in realtà è un invaso neppur troppo attraente, ma tant’è. La strada in sé poi è pure insidiosa, ma al posto di porre limiti gli amministratori pensano al solito parcheggio.

È però freschissima la notizia dell’adesione del Comune di Usseglio all’iniziativa Alpi Road Bike Resort Summer 2018: strada chiusa ai motori per tre giovedì. Fumo negli occhi? Un pannicello caldo? Un segnalino incoraggiante?
Giudizio sospeso.
“Nel 2007 dopo il diniego provinciale a istituire un pedaggio, introducemmo la sosta a pagamento per gli autoveicoli, che nelle domeniche di punta superano le mille unità. Era un primo tentativo per sensibilizzare i fruitori sul valore ambientale del luogo, già protetto, si fa per dire, come SIC (Sito di Interesse Comunitario). Gli introiti, tolte le spese di gestione, compensano in parte i costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti che ricadrebbero altrimenti sui proprietari di abitazioni. Ma il luogo merita ben altro. Soprattutto una maggiore vigilanza (ma chi la deve fare? Il comune non ha nemmeno un vigile…), l’eliminazione di brutture da sviluppo anni ‘70 (interramento del groviglio di linee elettriche e telefoniche e abbattimento di brutture in cemento), l’introduzione di un servizio navetta (ma a valle mancherebbero i parcheggi). Discorsi lunghi e difficili che però prima o poi andranno affrontati. Ne va del futuro di una delle perle turistiche delle Valli di Lanzo.”
Gianni Castagneri, ristoratore, ex sindaco di Balme e tuttora amministratore.

“Se non si fa la strada i Monti muoiono”
A pronunciare la frase fu una quindicina di anni fa l’allora sindaco di Viù, comune che dà il nome all’omonima valle, la più meridionale delle tre Valli di Lanzo.
I Monti sono una frazione di Mezzenile, a 1100 metri di quota nell’omonimo vallone, un solco laterale della Valle di Ala. La strada in questione è una carrozzabile turistica che collega Mezzenile con Viù valicando il Colle della Dieta e transitando appunto per Monti. Una quindicina di anni fa la futura strada altro non era che una pista di servizio a una presa d’acqua (realizzata annientando la mulattiera che saliva nella splendida faggeta che riveste il lato sud ovest del Truc della Dieta).

Ricordo che mi colpì il tono con cui fu pronunciata. Lapidario, una vera sentenza, senza possibilità di replica. Non replicai.
Qualche tempo dopo sulla pista si stese una copertura di asfalto e la strada, seppur non ancora classificata (in pratica formalmente non esisteva), la si trovava sui depliant turistici. Mandai una mail con richieste di chiarimento alla Provincia di Torino. Non ebbi risposta.
Insomma, una piccola storia italiana. Irrilevante, ma emblematica.
Quindici anni fa, non saprei quante persone vivessero in modo stabile ai Monti di Mezzenile. So che c’era un bar ristorante. La strada ora c’è, ma il bar ristorante è chiuso.
La strada più alta d’Europa
Un plauso al Comune di Bardonecchia. Per accedere alla strada del Sommeiller, che s’innalza ai 3000 metri del colle dove un tempo si sciava d’estate, anche quest’anno occorre pagare un pedaggio. E così un giorno alla settimana (il giovedì), oltre il Rifugio Scarfiotti la strada diventa appannaggio esclusivo per ciclisti e camminatori. E nell’ampia conca fra la Cima del Vallonetto e la Rognosa d’Etiache regna il silenzio.
Un giorno solo, un contentino certo. Ma significativo in una zona come l’alta Val Susa che ha sempre privilegiato un turismo non esattamente dolce.
Con parte del ricavato del pedaggio 2017 sarà ripristinata la casetta in legno all’inizio della strada (punto di pedaggio), si apporranno bacheche informative e si provvederà alla manutenzione della strada.
Una decisione significativa ed emblematica in una località come Bardonecchia, vocata al turismo dello sci ma al contempo circondata da un ambiente di alta montagna di notevole valore ambientale.
“Si tratta di un piccolo passo… inserito però in un progetto molto più ampio che abbiamo voluto come amministrazione comunale per mettere in risalto ciò che di più vero la montagna ha da offrire e da raccontare. Si chiama Slow E -motion ed è un progetto volto a caratterizzare la nostra località in un modo unico rispetto alle altre dell’arco alpino. Si vuole tener conto di una più rispettosa e pura concezione della montagna. L’aggettivo Slow non deve intendersi alla lettera immaginando una realtà rallentata. L’intento e l’impegno di noi amministratori sono quelli di avvicinare a una nuova filosofia, in cui siano coinvolti anche gli operatori, nella quale si vuole dare qualità e pienezza a tutti i ritmi e le emozioni che la montagna sa offrire. E-mozionarsi è un invito a farlo nel movimento come nella sua assenza, un invito a vivere pienamente ogni attimo e ogni occasione che la montagna regala con il solo obiettivo di viverlo con la massima intensità e autenticità. L’obiettivo è dunque diventato quello di impegnarsi a migliorare la qualità della vita e delle esperienze di cittadini e turisti proponendo iniziative ad ampio spettro volte riscoprire ritmi veloci o lenti ma sempre rilassati e dolci, sempre pieni autentici e attenti alla natura e all’ambiente, ritmi legati all’esaltazione delle tradizioni del nostro territorio.”
Chiara Rossetti, vice Sindaco del Comune di Bardonecchia
Francia e Italia, obiettivi comuni
Si può fare, e ancora una volta è Bardonecchia coinvolta insieme al confinante Comune di Nevache. La novità positiva riguarda la Valle Stretta, di pertinenza francese ma italiana di accesso. Per tutti i weekend, tra il 7 luglio e la fine di agosto, e nei giorni centrali di agosto, la strada verrà chiusa ai mezzi motorizzati dalle 10,30 alle 15,30. Un obiettivo “transfrontaliero” finalizzato a salvaguardare l’ambiente di questa bellissima valle, francese dal 1947.
Un obiettivo in particolare di Anna e Riccardo Novo, gestori del Rifugio Terzo Alpini che da anni si battono per ottenere una regolamentazione in grado di eliminare, o quanto meno contenere, il caos estivo nella valle (Riccardo Novo è consigliere al terzo mandato nel Comune di Nevache).

“L’idea è sempre stata quella di regolamentare in qualche modo il grande afflusso di auto nei week end e nelle due settimane centrali di agosto. Ma come metterla in pratica con le poche risorse economiche a disposizione? L’istituzione dei parcheggi a pagamento, con una clausola in delibera comunale che prevedeva che il ricavato fosse investito in Valle Stretta, ha però permesso di risistemare la strada in modo da renderla agibile per navette. In questo modo siamo riusciti a convincere un autotrasportatore a prendere l’appalto per il trasporto accettando margini di guadagno risicati, integrando però il ricavato della vendita dei biglietti con la sovvenzione del Comune di Nevache.
Certo il parallelo con la Valle della Clarèe sorge spontaneo, ma non bisogna dimenticare che la strada che da Nevache sale in alta valle è di pertinenza provinciale, con competenza sui trasporti regionale. In Valle Stretta invece la strada è comunale e questo riduce le disponibilità economiche, obbligandoci a una operazione più contenuta, sia in termini di servizi, sia per quanto riguarda il numero di giorni di chiusura.
In ogni caso da quest’autunno in concerto con Chiara Rossetti, Vice Sindaco di Bardonecchia, che ha appoggiato e condiviso l’operazione, abbiamo iniziato a lavorare al progetto. Non siamo certi che gli esiti siano soddisfacenti, ma il percorso intrapreso è giusto. A fine stagione tireremo le somme.”
Anna e Riccardo Novo, gestori del Rifugio Terzo Alpini in Valle Stretta
Dove s’azzuffarono francesi e sabaudi
La settecentesca battaglia è ricordata ogni anno. Quel giorno d’estate, lassù a 2500 metri di quota, ai piedi della stele che ricorda l’evento guerresco, salgono a frotte. La gran parte con mezzi a motore. Con supremo gaudio dei ciclisti costretti a ingoiare polvere in quantità.
La storica Strada dell’Assietta condivide le traversie di gran parte delle rotabili ex militari che costellano le zone di confine italo-francese. La scommessa è quadrare il cerchio, o meglio, far quadrare i conti delle rilevanti spese di manutenzione di queste opere di indubbio valore. E allo stesso tempo far quadrare le esigenze di utenze diverse. Rimedio s’imponeva e un parziale rimedio (molto parziale) alla fine si trovò.
E così la strada che ondeggia sull’accogliente e panoramico crinale che separa la Val Susa dalla Val Chisone, per decenni terreno di scorribande per centauri e fuoristradisti, per due giorni alla settimana, nelle ore centrali del giorno, diventa appannaggio esclusivo di ciclisti e camminatori. Una decisione “provvisoria”, frutto di un faticoso compromesso fra Città metropolitana di Torino (titolare della strada), comuni interessati, Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie (parchi naturali del Gran Bosco di Salbertrand e dell’Orsiera Rocciavré) e soggetti vari.
Certo, per una società che persegue lo “sviluppo sostenibile” sarebbe stato più opportuno il contrario: due giorni ai motori e cinque ai mezzi no oil. Biker a pedali e randonneurs possono consolarsi sulla rotabile che s’innesta sulla Strada dell’Assietta al Col Blegier, salendo dal versante Val Susa attraverso il Gran Bosco di Salbertand. Silenzio, ombra a volontà e natura protetta.

“Il mio esordio sui pedali risale al 1988. Una passione che è diventata anche un lavoro, ma tale resta oggi. Nel mio percorso ho partecipato come uditore a molti incontri e già po’ di anni fa si parlava della convivenza tra mezzi a motori e biciclette da montagna.
Insieme alle montagne cuneesi, l’alta Val di Susa offre possibilità quasi uniche Le rotabili ex militari sono un patrimonio storico inestimabile che, finiti i conflitti, sono divenute luoghi di fruizione turistica, particolarmente apprezzati dai fuoristradisti con 4×4 provenienti da oltralpe. Fruitori motorizzati ma molto informati e molto più preparati dei nostri connazionali.
Quest’afflusso ha creato un indotto economico stabile. E le categorie di fruitori della strada devono e possono convivere. È però necessario che gli amministratori coinvolgano le diverse tipologie di operatori che vedono nella strada una possibilità di reddito.
Sull’esempio francese, o per rimanere al Piemonte, l’esempio della Limone-Monesi, anche per la Strada dell’Assietta occorre definire progetti sovranazionali di valorizzazione e recupero. Organizzare eventi e momenti di sensibilizzazione. Ma tutto ciò non è possibile senza una regia autorevole. Un’orchestra senza direttore non funziona.
Certo è auspicabile che si arrivi a più giornate di chiusura a favore di ciclisti e pedoni. Come sulla Limone-Monesi occorre però installare agli ingressi dei presidi che fungano da stazioni di controllo e punti di informazione.
A tal fine è stato importante recuperare la ex casermetta militare sul laghetto a due passi dall’Assietta, oggi rifugio in quota e punto di appoggio strategico.”
Diego Drago, accompagnatore cicloturistico Regione Piemonte, Guida MTB, cicloalpinista ed autore di guide.
Quella conca alpestre fra Orsiera e Rocciavré
Nel 2006 quella di Massimo Manavella e sua moglie Sylvie Bertin fu una vera scommessa. Tenere aperto tutto l’anno un rifugio a 2000 metri, a tre ore di cammino dal punto in cui termina lo sgombero neve, non era davvero cosa facile. Ma oggi a poco meno di 12 anni, nonostante molte difficoltà, la scommessa si può dire vinta. Ma anche un’altra scommessa, non meno ardua, sta giungendo a positivo esito: una navetta che da Prà Catinat sale alla conca ai piedi della Cristalliera. Dove, a pochi passi dall’omonimo alpeggio, si trova il Rifugio Selleries.

“La nostra navetta è decollata. E ne siamo davvero contenti. Per quest’anno si tratta esclusivamente di un’iniziativa privata, nostra come rifugio insieme a un autonoleggio. Una prova, un tentativo, le spese saranno sostenute dalle due ditte. Con tutti i rischi annessi. Per ora, dopo un fine settimana, ci siamo resi conto che, come diceva De Andrè, c’è una bella differenza tra idea e azione. Dopo l’entusiasmo seguito alla divulgazione della notizia, in realtà poi ben poche persone hanno utilizzato il servizio. Il fatto che la strada di accesso sia aperta al transito fa sì che prevalga la tentazione di salire con il proprio mezzo. Certo sarebbe bello che il cambiamento arrivasse per una scelta collettiva, ma temo che l’unico modo per imprimere una svolta sia la chiusura al transito.
In ogni caso, faremo una valutazione con il Comune di Fenestrelle e con l’ente gestore del Parco Orsiera Rocciavré. L’idea è di definire una regolamentazione, un limite orario al transito libero. Insomma, un approccio morbido, un compromesso, ma comunque di svolta.
L’auspicio è che anche d’estate la zona dell’Alpe Selleries abbia il decoro che merita, senza auto, moto e quad che scorrazzano avanti e indietro per il solo gusto di farlo”.
Massimo Manavella, gestore del Rifugio Selleries.
Aggiornamento metà luglio 2018. Massimo mi informa che l’auspicato incontro di ottobre non c’è stato. E a tutt’oggi non sono giunte decisioni dagli enti pubblici coinvolti (in primis Ente di gestione Aree protette Alpi Cozie). Ciò nonostante si conferma la volontà di proseguire nel percorso avviato: la navetta ci sarà per tutto il mese di agosto e nelle domeniche di settembre. Tutto ciò grazie a operatori privati: Rifugio Selleries, Consorzio Prà Catinat, Albergo Diffuso di Fenestrelle e ditta di autotrasporti Jourdan.
Complimenti a loro.
Quella conca alpestre in alta Val Pellice
“È un casino! Così posso sintetizzare l’esito della mia indagine sull’utilizzo della strada (pista forestale) che da Villanova Pellice sale alla conca del Prà.
Nel senso che la vicenda di questa rotabile riassume in modo mirabile il modo tutto nostrano di dirimere le controversie. Pressapochismo, improvvisazione, interessi particolari, familismo. E quella incapacità, molto nostrana, di guardare al di là del contingente, di fare ragionamenti di prospettiva, di agire per il bene comune.
Mi limito quindi a dire che:
1 – per il suo valore naturalistico la conca del Prà è inserita in un SIC (Sito di Interesse Comunitario della Rete Natura 2000).
2 – la rotabile che la raggiunge è una pista forestale ai sensi della Lr 4/2009, e quindi riservata agli aventi diritto, ovvero le aziende agricole. E non ai comuni cittadini. A meno che i comuni cittadini si dichiarino clienti dell’agriturismo che si trova lassù. Una deroga, la cui legittimità a mio avviso è piuttosto dubbia, consente infatti la percorrenza di piste forestali ai clienti delle aziende agrituristiche servite da tali piste (sono esclusi da tale deroga i rifugi o altri esercizi). È anche per questa ragione che:
“Molti di quelli che arrivano qui al rifugio a piedi si lamentano per la polvere sollevata dai fuoristrada””.
Roby Beaulard, gestore del Rifugio Willy Jervis, nella conca del Prà.
Un Pian del Re
Che fino a qualche anno fa era davvero poco regale. Decoro a parte, lassù al cospetto del Viso-Re di Pietra, dove Eridano inizia il suo viaggio padano, il parcheggio incontrollato rischiava di compromettere la torbiera con il suo abitante più significativo, l’endemica salamandra di Lanza. Ma oggi, dopo anni di contese fra il Comune di Crissolo e l’Ente di gestione del Parco del Po cuneese (oggi Parco naturale del Monviso), il parcheggio è regolamentato e l’accesso al piano è a numero chiuso. E una navetta assicura il trasporto da Crissolo.
Monviso e salamandra ringraziano.

Dinosauri e fuoristrada
Accade sull’altipiano della Gardetta. Lo straordinario geosito nell’alto Vallone di Marmora, in Val Maira (area compresa nella Rete Natura 2000), noto per il ritrovamento di testimonianze preistoriche, è stato nell’estate 2017 oggetto di polemiche che hanno trovato spazio nella cronaca non solo locale. In gran parte strumentali, perché le rotabili che si snodano sull’altipiano già da alcuni anni sono interdette ai motori nel periodo estivo. Ma tanto è bastato per far sì che anche lì, nelle Cozie meridionali, nella valle del turismo dolce per antonomasia, le strade in quota fossero oggetto di contesa. Ma era un nodo che prima poi doveva arrivare al pettine, una sorta di esame di maturità per una valle che da tempo punta sul turismo dei cammini.
A sollevare obiezioni è stata l’ipotesi di porre limiti alla circolazione motoristica sulle rotabili che si snodano sui vasti altopiani fra le valli Maira, Grana e Stura (lungo il bel vallone dell’Arma). Il coro di “no” arrivato dagli titolari di attività commerciali è stato pressoché unanime, (unico limite concesso un pedaggio per sostenere i costi di manutenzione).
Ma è davvero così?

“Abbiamo discusso della questione strade all’interno dell’associazione Percorsi Occitani e nella prima riunione dell’anno abbiamo votato all’unanimità di porre seri limiti al flusso motoristico sulle strade in quota. Una scelta coerente, parte del processo iniziato anni fa. La scelta- prosegue Marco – deve però essere sorretta da una strategia di comunicazione mirata, di marketing. Prima dobbiamo far sapere che esiste un paradiso motori-free e, solo in un secondo tempo, chiudere le strade, così le perdite che avremo (ma non è detto) dalla minor presenza di motociclisti e fuoristradisti saranno compensate dal maggiore afflusso di camminatori e mountain biker, ovvero quanti ci hanno fatto vivere finora”.
Marco Andreis, titolare con la moglie Valeria della Locanda Lou Pitavin in quel di Marmora.
La Strada dei Cannoni
Appellativo affatto rassicurante. Ma oggi per fortuna solo di storia si tratta.
Ciò nonostante, seppur solo verbale, una guerra è in corso.
La carrabile fu costruita a fine ‘800 dal genio militare sul crinale tra la Valle Maira e la Valle Varaita, fra la Colletta di Rossana e il Colle della Bicocca, passando per il Colle di Sampeyre. Come la gemella dell’Assietta, la strada offre panorami a volontà. Simile anche il problema di garantire la transitabilità con i relativi ingenti costi. Che fare?
“La Strada dei Cannoni era, è, e rimane un progetto di pista ciclabile fra le più alte d’Europa”. Così l’assemblea dei sindaci dei 13 Comuni della Valle Maira, riunitasi oggi pomeriggio (mercoledì 11 ottobre 2017), nella sede dell’Unione a San Damiano Macra, per discutere sulle strade bianche del territorio e in particolare, sull’utilizzo del percorso tra Valmala ed Elva. Un itinerario che l’ATL del Cuneese, d’intesa con gli amministratori della Valle Varaita, vorrebbe inserire in un progetto di ampio respiro per la promozione delle sterrate e di altri itinerari montani, sull’esempio della Limone-Monesi. L’idea è di proporre, alle principali fiere di settore europee e internazionali, un unico “pacchetto” per appassionati di moto, auto, fuoristrada, biciclette, mountain bike, con percorsi segnalati e l’indicazione anche delle più importanti ricchezze naturali e artistiche, monumenti storici e religiosi visitabili in ciascuna delle valli.

Un mondo sotto-sopra
Così sono le Alpi Liguri.
Sotto, una sequenza incredibile, e in parte ancora misteriosa, di gallerie. Indagata da frotte di speleologi provenienti da ogni parte del globo. Un sistema ipogeo che, sulle Alpi, fa concorrenza alla successione di grotte e cunicoli presenti nel sottosuolo delle Giulie, fra Friuli e Slovenia.
Sopra, nelle pieghe del calcare, grazie anche agli influssi del vicino mare, una ricchezza botanica unica. Indagata da esimi botanici fin dall’800.
E sempre “sopra”, tra bancate calcaree e preziosità botaniche, corre la rotabile ex militare Limone-Monesi. Dalla Valle Vermenagna si sale al Colle di Tenda dove la rotabile si concede un intermezzo francese divagando nella Conca delle Carsene. Al Colle dei Signori si rientra in Italia e, tagliando il lariceto delle Navette, si cala a Monesi. Per molti fuori-stradisti motorizzati un viaggio ambito, una piccola Parigi-Dakar alpina.
Ma anche un problema. Parte della rotabile attraversa il Parco naturale del Marguareis (già Parco Alta Valle Pesio e Tanaro), tagliando lo splendido lariceto delle Navette. L’ente gestore del parco preme da anni per una limitazione al transito dei mezzi a motore e, dopo anni di confronto, si è definita un’intesa sovranazionale. Agevolata da questo tempo di pace: dopo gli interventi di sistemazione la rotabile è aperta con pedaggio e numero chiuso ai mezzi a motore dal mercoledì alla domenica. Lunedì e martedì niente motori. Biciclette e camminatori e basta. Evviva!
“La più nota fra le Vie del Sale congiunge Limone Piemonte a Monesi. Poi, diramandosi, raggiunge Ventimiglia, Arma di Taggia o Imperia degradando dagli scenari dei pallidi calcari a quelli verdi e rassicuranti dei boschi di conifere. Infine, placidi panorami sul mare precedono il traguardo sulle rive.
Una “liason” fra due nazioni, Francia e Italia, tre regioni (Liguria, Piemonte, Provence-Alpes-Cote-d’Azur) e dieci comuni. Si comprende quindi come l’opera, insieme all’indubbio valore storico e architettonico, assuma un rilevante significato sociale ed economico. Un significato riconosciuto da un progetto ALCOTRA di cooperazione territoriale Italia-Francia che ha permesso interventi di recupero su tutti i 40 km di tracciato, con benefici per molti portatori d’interesse. Questa strada costituisce infatti un’importante prospettiva per imprese agricole, strutture ricettive, accompagnatori naturalistici e guide ciclo-sportive. Nuove professioni che vedono in quest’opera interessanti opportunità di lavoro.
Come altrove anche qui è stato necessario arrivare a una regolamentazione dei transiti al fine di far convivere i mezzi motorizzati con altre modalità di fruizione più consone al valore ambientale dei luoghi attraversati (in parte compresi nel Parco naturale del Marguareis). Basti pensare agli altopiani calcarei con i loro endemismi vegetali, o al Bosco delle Navette.
Nelle ultime due stagioni è stato individuato un tetto massimo diurno di 140 moto e 80 auto con accesso a pagamento mediante ticket acquistabile nei due ingressi (Limone e Briga Alta). Inoltre, per due giorni alla settimana la strada è bandita al traffico motorizzato e lasciata in uso esclusivo a escursionisti, ciclisti e cavalli. Camminare e pedalare (o cavalcare) nel silenzio, con l’orizzonte del Mar Ligure, senza la polvere dei fuoristrada, è davvero un’altra cosa.”
Erik Rolando, guardiaparco Ente di gestione Aree protette Alpi Marittime, accompagnatore cicloturistico della Regione Piemonte e guida cicloturistico sportiva della Federazione Ciclistica Italiana
E sulle Dolomiti?
Sella, Gardena, Pordoi, Falzarego. Storia del ciclismo. Brividi per i pedalatori di ogni tempo. Che tuttavia devono oggi fare i conti con un traffico da tangenziale di Milano. Da anni si parla di possibili limiti (qui una recente notizia sul Passo Sella):
“Da oltre 20 anni le associazioni ambientalistiche delle Dolomiti chiedono la chiusura giornaliera dei 4 storici passi dolomitici: Sella, Pordoi, Campolongo e Gardena. Un tema difficile. Perché i passi sono anche viabilità di transito da una vallata all’altra e perché ormai sono stati urbanizzati da rifugi e alberghi anche di qualità elevata. Solo lo scorso anno è maturata una prima, parziale decisione. Le province di Trento e Bolzano hanno deciso la chiusura un giorno alla settimana, il mercoledì, limitata al solo passo Sella, di loro diretta competenza, potenziando il trasporto pubblico (una navetta ogni 15 minuti), creando eventi o musicali o di confronto sociale e culturale con importanti personalità della montagna. La Regione Veneto è rimasta spettatrice non condividendo alcuna limitazione al traffico sulla viabilità in alta quota. Una frattura insensata, una sconfitta culturale e politica per Dolomiti UNESCO patrimonio naturale dell’umanità.
La chiusura anche di un solo passo si è comunque rilevata un successo per l’afflusso di persone e la partecipazione agli eventi. Sono così stati zittiti gli operatori economici che si erano opposti all’iniziativa.
L’estate 2018 comunque è un’incognita. Con molta probabilità sarà confermata la rigidità negativa del Veneto, mentre Bolzano e Trento si accorderanno per ulteriori limitazioni che riguarderanno anche passo Gardena-
L’ambientalismo interregionale rimane comunque sconcertato. Le richieste non erano certe frutto di integralismo. Chiudere tutti i passi 4 o 6 ore al giorno, tutti i giorni, potenziare il trasporto pubblico con piccole navette elettriche o a metano, imporre il limite di velocità di 60Km/h e, soprattutto, imporre alle moto il limite di rumorosità di 65 decibel (le moto sono una vera emergenza: velocità e rumore assordante sono ormai insostenibili.
Alle associazioni ambientaliste si risponde che con le imposizioni non si ottiene nulla, servono azioni formative, serve condivisione, serve coinvolgimento nel difendere i valori delle alte quote. Questi percorsi in Italia purtroppo non funzionano: le regole sono fondamentali, le decisioni aiutano a formare cultura diversa nell’approccio alla montagna. È quindi compito della politica decidere, imponendo regole e limiti, e al contempo formare e diffondere cultura alternativa, la cultura del rispetto.”
Luigi Casanova, Presidente onorario di Mountain Wilderness
Grazie infinite a Toni Farina per aver fatto questa importante inchiesta e per aver scelto questo blog per pubblicarla.
Vorrei far notare che nel misero panorama giornalistico che riguarda le nostre montagne, forse Farina è l’unico che sappia proporre temi di ampio respiro, molto ben documentati.
Mi permetto di proporre alcune mie personalissime riflessioni su questo tema cruciale, sorte sia leggendo l’articolo, sia impaginandolo.
1. Visioni: non ce ne sono. Solo qualche timida iniziativa a macchia di leopardo, sovente legata a personaggi locali un po’ più illuminati della maggioranza.
2. Sensibilità: verso che cosa? Il denaro e basta. Parole come “sostenibilità”, “biodiversità”, “cambiamenti climatici”, “hot spot alpini”, “ecosistemi”, “bellezza”, “lentezza”, “silenzio”, … tutte parole inutili. Basta che scorra denaro e poco importa se questo arriva da dei barbari che si credono furbi ed intelligenti andando a devastare con petrolio e marmitte i delicati e sensibili ambienti di alta quota. E’ la mortificazione del bisogno di avvenire, di speranza. Tutto ridotto ad un meschino calcolo, sovente elaborato da interessi personalistici.
3. Politica: assente. Questo articolo dimostra tutta l’inutilità e l’impatto dei piccoli comuni alpini che a fronte di risorse ed ambienti unici hanno un potere spropositato e devastante. Che sanno solo vendersi e inchinarsi alla marmitta di turno che gli porta i soldi. Ma vorrei tanto sapere cosa ci fanno con quel denaro, quale miglioramento apportano all’ambiente alpino, quale visione, quale speranza di un mondo migliore, soprattutto per le prossime generazioni.
4. Industria dei motori: quando il mondo brucerà sotto le bordate dei cambiamenti climatici (ma sta già succedendo: vedete Val Susa 2017 e Grecia 2018) allora forse ci si renderà conto dei danni incalcolabili e irreparabili che queste industrie hanno provocato sulla vita del Pianeta (accoppiata petrolio-pistoni; quelle politiche fatele voi con uno sguardo internazionale); peccato che ancora nel 2018 ben pochi vogliano capire tutto questo, anzi, ben venga l’idolo motorizzato di turno che fa aumentare le vendite dei motori (e questo vale anche per il calcio, il rimbecillimento nazionalpopolare).
Di fronte alle ricchezze naturali inestimabili ed uniche, che contraddistinguono il Bel Paese, rinomate in tutto il mondo, tutto quello che sappiamo proporre, in termini di visioni, è una prova su strada della famigerata accoppiata petrolio-pistoni da Hockhenheim al Colle del Nivolet nientepopodimeno che nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. Oppure la sgasata delle moto sulla Via del Sale. E tutto questo è permesso grazie a dei microbi di comuni che si credono padroni del vapore senza rendersi conto che affogano se stessi e il mondo nella peggior ignoranza che si possa immaginare.
Visioni?
No, derive.
Niente di nuovo all’orizzonte, sempre più lontano, sempre più irraggiungibile.
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Grazie per questa prima comunicazione che ricevo (mia richiesta appena accettata). Sono in partenza per la mia Meira riassestata ai 1800m (colle delle Porte, Bric in val Tossier di Crissolo, il GTA passa anche da me) dove da quasi quarant’anni passo l’estate (in santa indigenza- niente corrente/niente PC- e piena beatitudine). Conosco bene il dramma del traffico verso Pian del Re (andata al Quintino Sella anni fa, ma in settembre) che ormai mi guardo bene dall’immettermi: ci sono altre vallette incantevoli, dal Bracco al Viso, verdi, silenziose e ‘marmottate’ da godere! ( … ma non vorrei venissero troppo conosciute!). A voi posso raccontare tutto, però.
Quanto alle Navette per scendere in Liguria (ora abito qui, ma ancora… in alto!) condivido la restrizione del flusso automobilistico: è stata un’esperienza meravigliosa precipitare a valle verso Monesi nel silenzio incontaminato! Qui, nel Ponente Ligure sono in contatto con guide che organizzano camminate a ragnatela, dappertutto. Posso segnalarvene, ma penso siano già in contatto con voi. Oltre i 1000m sui monti non ci sono confini…
Con la vostra Guida, torno a ripercorrere le mie scarpinate di una volta (ormai manca poco agli 80 anni) e ne sono felice e riconoscente. Grazie. annamaria garelli
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