Vi mostro due foto scattate sul Piano della Mussa (1800 m circa) in alta Val d’Ala, nelle Valli di Lanzo. Quella di sinistra riporta la data del 9 novembre 2019 mentre la seconda quella del 18 gennaio 2020.
Due mesi in cui su questo affascinante pianoro di origine glaciale si è depositata tanta neve, per la gioia di tutti. Neve è divertimento e denaro ma anche una carta in più in mano ai negazionisti della crisi climatica.
Eppure le persone serie e perbene, che cercano di convincerci – da decenni – dell’approssimarsi del disastro planetario, devono costantemente attirare l’attenzione su eventi imponenti, come la scomparsa della calotta polare o i rapidi arretramenti dei ghiacciai sulle Alpi, come sulle estinzioni di massa o sull’innalzamento degli oceani. E poi incendi, tempeste inaudite… Tutte cose mostruose che facciamo fatica ad afferrare. E a capire.
Non c’è bisogno di andare fino al Polo Nord.
Basta ascoltare un silenzio che non c’è più, a soli cinquanta chilometri da Torino. Perché nel pieno dell’inverno alpino i torrenti continuano a rumoreggiare. Magari cercano di nascondersi sotto esili strati di ghiaccio qua e là, oppure tentano una vaga sembianza di freddo ma in verità si vergognano di non riuscire più a silenziare il loro gorgoglio. Perché anche i rii di montagna hanno bisogno di ghiacciarsi, e così riposare. Ma non ce la fanno più, per quanto si sforzino.
E’ così da diversi anni. E fa pena.

Nel convulso ed isterico vomito di notizie, che tutti i giorni ci inonda il cervello, facendolo andare in tilt (e si vede), basterebbe avere l’umiltà di mettersi in cammino, durante un giorno di “inverno”, e ascoltare il silenzio che non c’è più.
Basterebbe ritornare sui propri passi. Come sul Piano della Mussa, per accorgersene.
Il tempo passa inesorabile ma la narrazione non cambia.
Non abbiamo “guadagnato” la neve. Non fatevi abbagliare.
Abbiamo perso il silenzio dell’inverno. Quello vero, quello che faceva male. Quello che ti obbligava ad imbacuccarti come si deve, ad usare il passamontagna per difenderti dai 12 gradi sottozero di Balme, appena scendevi dall’auto e cercavi, tremando come un foglia al vento e battendo i denti, di indossare gli scarponi.
Forse scenderà ancora tanta neve e Balme e così, come tutte le altre “stazioni” che vivono di neve, guadagneranno.
No, in verità stiamo tutti quanti condividendo una sconfinata perdita perché quel guadagno è solo un misero ed effimero “tiriamo a campare ancora quest’anno, poi si vedrà”.
Voi dite che sto esagerando? Allora chiedete ai negazionisti, ai manipolatori, ai bambocci irresponsabili della politica e ai babbei da tastiera di quantificare (in denaro) la perdita di un’esperienza naturalistica del vostro cervello, come la percezione dell’inverno.
Lascio a voi fare l’elenco di tutte le perdite che il nostro cervello sta subendo da decenni.
Qualche anno fa tentai di rintracciare un volume importante per capire i ghiacciai delle Valli di Lanzo. Zero successo, sebbene avessi cercato in tutte le biblioteche online. Mi venne in aiuto l’Arpa Piemonte, grazie al Dott. Re Fiorentin che mi invio una scansione di quel testo.
Lo scorso novembre un generoso account Twitter (@geoclimalp), che ama la divulgazione scientifica seria, ha regalato al Web Federico Sacco e il suo bellissimo “Il glacialismo nelle Valli di Lanzo“.
Eccolo qui scaricabile in versione pdf.
Con Federico Sacco possiamo sapere da dove arrivano le Valli di Lanzo.
Chiedetevi oggi chi vi può dire dove stanno andando.

Non so se ci sono uomini sulla Luna, ma se ci sono devono usare la terra come loro manicomio.
(George Bernard Shaw)