L’olio di noci oggi è considerato per diversi effetti benefici sulla salute ma una volta…
L’utilizzo dell’olio di noci è noto fin dai tempi dei Romani.
Era usato in sostituzione all’olio di oliva nelle case contadine e come combustibile per lampade; ai giorni nostri lo troviamo nella cosmetica come idratante per i capelli e la pelle, nella pittura ad olio ed ancora in cucina ma, a causa del suo prezzo elevato, ha poca diffusione.
Un tempo le nostre valli erano isolate, inesistenti i mezzi di comunicazione. Erano le campane, con i loro rintocchi, l’unico mezzo per diffondere le notizie, anche le calamità; le popolazioni, contando il numero dei rintocchi, sapevano vita e morte di tutta la valle.
Gli scambi delle merci avvenivano in primavera e autunno, nelle cosi dette fiere di stagione. Il bisogno e l’intelligenza dei valligiani riuscivano a sopperire alle loro necessità.
Un alimento indispensabile è sempre stato l’olio di oliva, ma purtroppo nelle nostre valli l’ulivo non può crescere, né allora né adesso, dato il clima troppo freddo.
In compenso i contadini coltivavano con molta cura i noci, piante ad alto fusto, direi nobili, quasi altere, che danno un legno pregiatissimo per mobili e serramenta, ma soprattutto danno le noci, frutti gustosi, molto nutrienti, per certi versi anche medicinali.
Verso la fine di novembre, la raccolta delle noci è ormai finita da tempo. Si avvicina l’inverno, le giornate sono brevi, poche ore di luce ed è subito buio; le famiglie si riuniscono nel tepore delle stalle per trascorrere le serate.
Attorno a un tavolo giovani e vecchi schiacciavano il prezioso frutto: poi, i gherigli, separati dai gusci, venivano tritati in minuscoli pezzettini, messi in un paiolo di rame e portati a fuoco lento, rimestando continuamente finché il composto, con il calore, diventava come tostato. Il procedimento serviva, oltre alla spremitura anche alla conservazione del prodotto e a dare all’olio un sapore unico. La poltiglia molto calda veniva messa sotto al torchio, dentro alla “fascela“, un recipiente tutto bucherellato, fatto apposta per questo uso.
Dalla pressione del torchio scaturiva un olio purissimo, squisito, usato specialmente per condire insalate a cui dava un gusto particolare.
I borghigiani amavano riunirsi in lieta armonia, prestando la loro opera gli uni agli altri.
Però!.. Si sa, i pezzetti delle noci erano tanto buoni!.. E ragazzi e anche gli adulti ne assaggiavano spesso. Così girava un simpatico invito: “Parlate, parlate, così non mangiate!”.
Beata semplicità!
Bellissimo articolo
se si pensa che la noce nelle alte valli era coltivata ed esistevano dei veri e propri frantoi dove veniva trattata per ricavarne il prezioso “estratto” chiamiamolo così in quanto a differenza dell’oliva, la noce di succo è carente.
Qualcosa riguardante i frantoi è ancora visibile nei pressi di Ricchiardi
E per quanto riguarda i resti di coltivazione basta vedere nell’inverso fra Breno e Migliere.
Comunque siamo ben lontani nei confronti di quanto fatto a Grenoble dove sono riusciti a salvaguardare i raccolti ed ottenere una Denominazione di Origine Protetta. Un’eventuale rivalutazione di questa coltivazione potrebbe avere successo in quanto a quell’altitudine la noce non è colpita da parassiti.
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Grazie delle informazioni!
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