Vorrei che i giovani potessero gustare tante castagne e ascoltare i nonni che raccontano la loro vita, seduti vicino a un cumulo di ricci.
Tutto questo ha fatto parte della nostra economia, della nostra cultura, del nostro passato: quando l’uomo aveva rispetto della natura e amor di Dio e la natura lo ricompensava a piene mani.
Lia Poma
Avrei voluto commentare direttamente il post di Ivo Reano (Non c’è pace per il patrimonio escursionistico delle Valli di Lanzo) ma non è possibile aggiungere contributi fotografici e/o risorse internet nel form delle risposte.
Di costruzione di strade sterrate nelle Valli di Lanzo qui – purtroppo – se ne è trattato ampiamente (tag: https://camoscibianchi.wordpress.com/tag/piste-agro-silvo-pastorali/) ma non ci era mai capitato di avere un resoconto da parte di un titolato ORTAM (ovvero con un’importante formazione culturale fornita da parte del Sodalizio), che può vantare una lunga esperienza sul campo, soprattutto nel rilevamento dei sentieri tramite GPS, procedura necessaria per attuare il catasto del patrimonio escursionistico piemontese, come previsto dalla Legge della Regione Piemonte n. 12 del 2010.
Negli ultimi dieci anni, in cui abbiamo assistito alla proliferazione di decine e decine di chilometri di piste-agro-silvo-pastorali, sovente di dubbia utilità, da parte delle istituzioni locali non abbiamo mai sentito tirare in ballo una parola molto importante ovvero “patrimonio” che invece è posta in risalto proprio nella Legge Regionale del 2010.
Questa bellissima e vitale parola (la Treccani la definisce l’insieme delle ricchezze, dei valori materiali e non materiali che appartengono, per eredità, tradizione e sim., a una comunità o anche a un singolo individuo) mi fa venire in mente un albero che per secoli è stato una delle principali fonti di sostentamento per le genti alpine: il castagno, che Maddalena Vottero-Prina, nel suo libro A l’ombra ‘d CALCANT” (2002), aveva definito “il gigante della nostra alimentazione”.
Il castagno era davvero un patrimonio in quanto ogni anno portava dei frutti essenziali per la vita in montagna e nessuno certamente si sarebbe mai osato di abbatterlo, anzi a questa meravigliosa pianta venivano fornite le più ampie e scrupolose cure. Pensiamo solo che erano piantati castagni affinché potessero dare da vivere ai nipoti. Che lungimiranza!
Nel XXI secolo per la Regione Piemonte esiste un patrimonio escursionistico che merita un’ampia e scrupolosa attenzione, proprio come facevano i vecchi montanari con l’albero del pane. Di questo immenso patrimonio, costituito prevalentemente da sentieri e mulattiere, edificate con sudore e maestria dall’ormai estinta cultura del cammino, il Club Alpino Italiano se ne occupa da sempre ma da quando è entrata in vigore la Legge 12/2010 ancora di più, sguinzagliando sul territorio volontari che hanno competenze specifiche, proprio come ha acquisito Ivo e tanti altri soci che si adoperano con impegno indefesso affinché il castagno possa prosperare ed offrire i suoi frutti oggi e domani.
Ma quali sono questi frutti? Quali sono le castagne che dovrebbero maturare lungo il patrimonio della rete sentieristica delle Regione Piemonte? E perché poi quando i Comuni delle Valli di Lanzo danno il via libera alla costruzione di piste forestali, che vanno ad impattare sui castagni, non contattano mai preventivamente le sezioni del Club alpino italiano affinché possano occuparsi di segnalare adeguatamente i tratti di sentiero che le ruspe danneggiano o addirittura annientano? Perché non c’è mai stata una collaborazione in tal senso? Via libera alle ruspe, che sappiamo possono però far sparire gli antichi sentieri a catasto, ma io Comune fornisco comunque assistenza (es.: sostenimento delle spese per la nuova segnaletica od opere importanti di manutenzioni negli incroci delle piste con i sentieri), Quale ostacolo impedisce di far sì che si possa limitare al minimo i danni e che si creino invece delle sinergie per un obbiettivo comune (non distruggere il castagno)? Soprattutto pensando all’opera gratuita ma qualificata che offre il Cai?
Alla prima domanda credo che una risposta esauriente possa arrivare dall’articolo pubblicato su La Repubblica il 9 agosto scorso che mi ha trasmesso Ermete Realacci (qui e qui per leggerlo). Non penso ci sia bisogno di ulteriori disquisizioni sull’importanza del castagno nel XXI secolo per lo sviluppo sostenibile delle aree interne dell’Italia, di cui le Valli di Lanzo ne fanno parte a pieno titolo.
La seconda domanda invece rimane un mistero. Almeno per il sottoscritto. Come mai due soggetti importanti per la montagna non si parlano? Perché nella progettazione e nella realizzazione delle strade sterrate, che sovente ricoprono proprio la rete storica dei sentieri, non viene coinvolto anche il Club alpino italiano, le cui sezioni locali hanno conoscenze importanti del territorio alpestre e ne comprendono le potenzialità escursionistiche (e di cui la sottesa cultura ne è un fondamentale tratto caratteristico), anche grazie a specifici percorsi di formazione?
Nel caso particolare della nuova pista in costruzione nel Comune di Ala di Stura, con il rischio di impatto sul sentiero a catasto n. 211, quest’istituzione si ricorda che nell’anno 2008 le sezioni Cai delle Valli di Lanzo avevano organizzato la 11esima Settimana Nazionale dell’Escursionismo con notevole successo? E che proprio su questo sentiero il Cai era intervenuto per ripristinarlo dall’incuria e poi per accompagnare i partecipanti fino al Lago di Viana?






Nel 2020 che fine ha fatto tutta quella Passion for trekking, proprio l’anno in cui una pandemia sta facendo riscoprire il piacere e la salubrità della vita in montagna? Grazie soprattutto al patrimonio dei percorsi escursionistici?
Torniamo un attimo alle competenze importanti che il Cai racchiude. Proprio Ivo ha preparato un mappa con riportati i tratti di strade sterrate delle Valli di Lanzo di cui ha già accennato il 31 luglio scorso nel suo post. Qui sotto potete vedere il ritaglio catturato a questo link pubblico: http://umap.openstreetmap.fr/it/map/sterrate-dell-valli-di-lanzo_420051#11/45.3022/7.3114

Quante piste inutili sono state realizzate negli ultimi decenni solo perché c’erano dei fondi da spendere? E quanti tratti della viabilità pedonale storica (i castagni) sono stati distrutti compromettendo così un patrimonio?
Vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse la logica sottesa (se esiste) grazie alla quale in Italia è così facile distruggere, annientare patrimoni (pensiamo solo al patrimonio archeologico e artistico, alla cementificazione, all’inquinamento, alle terre dei fuochi, agli incendi, ecc.) mentre è così complicato prendersi cura dei castagni, che ovviamente ormai avrete inteso in senso simbolico?

Quale energia negativa ed infernale attraversa il nostro Paese?
Concludo con un auspicio. Sarebbe molto importante ed utile a tutti noi se qualcuno avesse voglia (magari in ambito accademico) di proporre uno studio sulle piste agro-silvo-pastorali costruite negli ultimi anni nelle Valli di Lanzo per comprendere, a fronte dei soldi pubblici spesi per realizzarle, quali benefici economici hanno apportato al territorio (le famose “ricadute economiche” che qui abbiamo chiamato castagne).
Ovviamente la nostra speranza è quella di Lia Poma:
“Vorrei che i giovani potessero gustare tante castagne e ascoltare i nonni che raccontano la loro vita, seduti vicino a un cumulo di ricci.”

Alcune risorse recenti in merito al ruolo del patrimonio escursionistico dell’Italia:
– Dalla Francigena alla via degli Dei: i percorsi italiani “battono” Santiago de Compostela. Ecco l’identikit del camminatore (La Repubblica 13 agosto 2020);
– Realacci: “Attraverso i Cammini si può rafforzare il ruolo e il presidio dei piccoli comuni sul territorio” (La Repubblica 10 agosto 2020);
– Cammini d’Italia sul sito della Fondazione Symbola (rapporto su 44 itinerari lungo il Bel Paese).
Al momento nessun percorso escursionistico a lunga percorrenza delle Valli di Lanzo rientra nei “Cammini d’Italia”.