Una Montagna Sacra per il Gran Paradiso

Testo di Toni Farina

Il Gran Paradiso, primo parco naturale italiano e fra i primi istituiti sulle Alpi, fra due anni compirà 100 anni di vita. Correva infatti il 1922 quando Vittorio Emanuele III di Savoia decise di donare allo stato italiano il territorio della riserva reale di caccia con lo scopo di tutelare le specie animali e vegetali, in particolar modo lo stambecco (Capra ibex).

Il toponimo “Gran Paradiso” non ha in realtà attinenza con il Paradiso. Ma è fuor di dubbio che tale denominazione abbia sempre contribuito ad arricchire di fascino queste montagne a cavallo fra Piemonte e Valle d’Aosta. E con molta probabilità abbia anche favorito la nascita di un parco naturale la cui vita non è certo stata facile.

Le “100 candeline” saranno occasione di festeggiamenti. Si organizzeranno convegni, si spenderanno molte parole. Il compleanno sarà anche occasione di ragionamenti sul futuro. Sui prossimi 100 anni, e non soltanto del parco. Momenti di riflessione sul rapporto fra Uomo e Natura.

Si parlerà di Limite. I “limiti allo sviluppo” di cui parlò Aurelio Peccei fin dagli anni ’60 del secolo scorso.

I parchi naturali sono nati anche per porre un limite. Nella società tecnologica del “no limit” suona quasi eversivo. Un limite vuol dire fermarsi, non andare oltre. Ma ci sono limiti accettati (il semaforo rosso) e altri no.

In un secolo il concetto di parco è però cambiato, si è evoluto in sintonia con i tempi. Nel 1922 il concetto di “sviluppo sostenibile” era di là da venire. Oggi è un mantra. Oggi c’è convergenza sul fatto che i parchi naturali sono strumenti per costruire un diverso sviluppo, un diverso futuro. Strumenti per dare una possibilità al futuro umano.

“Give future a chance”, direbbe John Lennon.

Il futuro dipende anche dai limiti che Homo sapiens saprà imporsi. Un limite allo sfruttamento dissennato delle risorse naturali, possibile solo con una rivoluzione economica e culturale. I parchi naturali servono anche a questo. La creazione di cultura ambientale è un loro compito essenziale.

Ed ecco allora una proposta il cui scopo è appunto la “creazione di consapevolezza”: istituire nel territorio del parco una Montagna Sacra.

Una Montagna Sacra per tutte le genti e per tutte le fedi. Una montagna “inaccessibile”, sulla quale l’Uomo si impegna a non salire mai. Si impegna ad accettare un Limite. Non per una regola imposta, ma per un impegno comune e condiviso.

Una Montagna Sacra nel Gran Paradiso. Simbolo di pace fra Uomo e Natura. Per dare una possibilità al futuro.

Toni Farina
Consigliere del Parco Nazionale del Gran Paradiso

È l’interdetto sacro che protegge la natura, non la buona educazione, non la legge civile. Se l’ulivo è sacro a un Dio, l’ulivo non sarà tagliato. Se il maiale è sacro, nessuno lo mangerà. È l’interdetto sacro che protegge la natura, non la buona educazione, non la legge civile.

Guido Ceronetti

96 pensieri riguardo “Una Montagna Sacra per il Gran Paradiso

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  17. Mistico e fascinoso un Monte Sacro da venerare da lontano fino a crearne il “mito” (=mythos nel senso profondo del suo significato) dei nostri tempi. Ognuno avrà la propria storia da raccontare su ciò che ha visto o sentito da lontano. Si narrerà di leggende sui venti e di specie di animali. I prossimi 100 anni invece di soffiare su candeline di plastica, soffieremo al vento di un Monte Sacro e sarà davvero un Buon Compleanno!

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  27. Sarebbe bello che non ci fosse bisogno di dichiarare sacra una montagna per tutelarne la bellezza, la pulizia e per incentivare il rispetto da parte di tutti. E’ un po’ come fanno in alcuni angoli incantevoli e nascosti. Per evitare che la gente ci vada ad orinare basta metterci l’immagine di un santo. Se dichiarare sacro il Gran Paradiso serve a tutelarlo sono d’accordo. Per me tutte le montagne sono sacre. Salirle ti avvicina al cielo, e quindi all’assoluto, qualunque esso sia per te.
    Romano Mazzucato

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