Il Monte Plu (2196 m) sorge completamente in Val d’Ala (la mediana delle Valli di Lanzo) e dalla sua cresta orientale, che forma una lunga spalla rocciosa, si staccano tre distinti crestoni. Da ovest: lo Sperone Grigio, la Cresta Botto e la Piramide. Verso sud-est, invece, precipita nel Vallone di Crosiasse la “Cresta della Scuola“. Tra queste rocce, situate in un ambiente estremamente selvaggio, solitario e tetro, si sono cimentati alpinisti del calibro di Boccalatte, Motti, Manera, i fratelli Piero e Lino Fornelli, Dionisi…

Una salita in un luogo selvaggio ed appartato, sulle orme del grande Gabriele Boccalatte
Testo di Luca Enrico (CAAI)
Sono di nuovo a Monaviel, in nove mesi è la terza volta che mi ritrovo in questa piccola borgata, una delle tante sparse sulle nostre montagne e ormai in stato di abbandono. Pensare che, arrivando dal sentiero che parte da Chiampernotto, la prima grangia che si incontra è ben ristrutturata ma per il resto è decadenza, il tempo non ha dato scampo a queste povere case abbarbicate sui fianchi della montagna. E’ la terza volta che mi ritrovo qui perché, dopo tanti anni di assenza, il versante meridionale del Monte Plu mi ha attratto a sé, con i suoi profondi canaloni, le sue creste e le sue misteriose pareti.

Oggi siamo diretti verso la Piramide, una struttura rocciosa triangolare, ben visibile anche dal fondovalle eppure ormai completamente dimenticata, inghiottita anch’essa dal tempo, lontanissima dalle mete oggigiorno più conosciute e frequentate. La prima via risale addirittura al 1935. Sono passati 87 anni da quando il fuoriclasse dell’alpinismo torinese Gabriele Boccalatte lasciò una traccia di sé su queste solatie rocce.

Da Monaviel ci incamminiamo sulla mulattiera sepolta dalle foglie che porta a Vieia, piccola borgata celata nella faggeta. Case imponenti, ben costruite, con i muri che ostinatamente vogliono resistere all’abbandono e alle intemperie. Le travi dei tetti, marcite, hanno ceduto portando con sé le grandi lose di copertura, eppure un camino, rivestito di bianca calce, ancora svetta, come un faro un po’ triste nella desolazione, sentinella di un mondo che non c’è più. Su una porta un numero civico di lamiera smaltata penzola attaccato a un unico chiodo superstite. Sbirciando all’interno si coglie quel qualcosa di antico e perduto che solo questi luoghi sanno trasmettere. Un vecchio piatto in lamiera, una bacinella colorata e una scarpa solitaria, come quelle che si vedono ai piedi dei montanari nelle giallastre e sbiadite fotografie del XIX secolo.

I casolari “Vieia” (1319 m) situati a ENE da Monaviel
Chissà, forse quando Boccalatte passò da qui, con i suoi due compagni, questi ruderi erano ancora abitati, la vita ferveva, i sentieri e le mulattiere erano accuratamente tenute sgombre dalle foglie e il sottobosco era ben curato. Noi invece passiamo silenziosi, affascinati da una montagna che mai tornerà. Un giorno anche le possenti mura ridiventeranno pietraia e le anime degli antichi montanari rideranno di noi, che non ci capacitiamo di come potessero sollevare e spostare quegli enormi macigni e incastrarli con una perizia ormai perduta.

Giunti sulla grande pietraia, oltre la faggeta, alziamo lo sguardo e la Piramide è là, che svetta nel sole cocente di un inverno senza neve. Arrivare all’attacco di pareti così discoste e dimenticate, sospese sulla valle, è sempre un momento particolare, luoghi magici senza tempo, intrisi dalle emozioni di chi qui ci ha preceduti. Ci sentiamo fortunati e non invidiamo chi pensa che la montagna sia il triste nastro di neve sparata che ci sta di fronte, sull’altro versante della vallata.

Abbiamo fatto quasi due ore di avvicinamento ma non ci sono pesate affatto, anzi sono state molto piacevoli, hanno permesso di avvicinarci a una via storica passando attraverso la storia di queste montagne, immaginando non solo Boccalatte legato in vita con una corda di canapa ma anche il duro lavoro dei montanari. L’alpinismo e la montagna non possono essere disgiunti, per capire il primo bisogna capire la seconda, chi si avvicina a questi luoghi parlando solo di gradi e prestazioni sportive non potrà mai cogliere appieno l’essenza e la bellezza di salite come queste.

Chi passa di corsa, senza fermarsi a sbirciare nelle buie grange diroccate, non potrà mai davvero capire il perché si sale quassù. Salire una parete come la Piramide è un amalgama di emozioni che va ben al di là degli sterili numeri che identificano il grado. Senza questa consapevolezza qualcuno potrebbe trovare la salita deludente, troppo “facile” per la tanta strada che si è percorsa, troppo “breve” per il dislivello da compiere.

Oggi sono quassù con mio fratello e due giovanissimi amici: Emilio e Simone. Le loro età sommate non fanno la mia, eppure la montagna è bella per questo, perché la passione per la scalata fa evaporare queste differenze che in altri ambiti sarebbero probabilmente invalicabili. Sono contento di condividere con loro questa avventura, li vedo entusiasti e genuinamente contenti di poter vivere con noi queste “Piccole e grandi ore alpine”, tanto per riprendere il titolo del libro di Boccalatte. Hanno subito accettato di “andare a vedere” questa Piramide.

Partiamo quasi in maglietta, tanto il sole di questo strano inverno ci scalda, ma poi su, in alto, un’aria tesa e fredda ci ricorda che è pur sempre gennaio. Metro dopo metro riscopriamo questo itinerario, sfioriamo queste rocce e i pochi vecchi chiodi, ancora lì, infissi. Forse aspettavano solo che qualcuno tornasse a risvegliarli, pronti a fare il loro dovere e ad indicarci la via.

Arriviamo sulla vetta della Piramide ma dietro vediamo già altri torrioni, uno spigolo giallastro, elegante ed affilato, vediamo la prosecuzione della via, la immaginiamo, iniziamo ad indicarci l’un l’altro l’itinerario da seguire. In qualche modo ci immaginiamo già oltre, proiettati verso la cresta che divalla dalla cima del Plu. Chiudendo gli occhi posso allora ritornare ad aprile, a quando uscimmo sulla dolce cresta erbosa una volta conclusa la Botto, anche adesso vorremmo essere lassù ma è tardi e dobbiamo scendere. Alla base il sole radente illumina la Piramide, di un colore caldo che sembra disegnata con i pastelli. Sulla pietraia mi volto ancora una volta: “bisogna tornare a finire la cresta”.

I progetti si sa, non devono smaterializzarsi in pensieri e parole ma viceversa devono trovare compimento nell’azione, devono essere portati a termine, anche se a volte ciò può comportare la fine di un sogno, piccolo o grande che sia. Il bel tempo, è il caso di dirlo, anche se sembra un paradosso, continua a non dare tregua e allora il non ritornare la domenica seguente sembrerebbe quasi tradire un’idea, tradire la determinazione vissuta sulla vetta del torrione. Non si può non andare: “bisogna tornare a finire la cresta”.

E così sono di nuovo lì ad arrancare sul sentiero per Monaviel. Ed è la quarta! Questa volta siamo ben in nove. Il misterioso Plu forse mai si sarebbe immaginato di suscitare così tante attenzioni. Già sulla Botto eravamo saliti in otto, tra cui cinque ragazze, ma oggi ci superiamo. Nove è già un discreto numero per andare a finire una via. Oltre a me e mio fratello ci sono di nuovo Emilio e Simone e poi Chiara, Diego, Luigi, Luigina e Vanessa. Lo zaino pesa sempre ma almeno con così tanti portatori volontari possiamo dividerci bene i carichi e munirci di tutto ciò che serve, e pure in abbondanza, per finire di attrezzare via e soste di calata.

La giornata parte un po’ velata ma le previsioni non si smentiscono e presto il sole vaporizza i sottili strati biancastri che come tentacoli sembrano generarsi dalle montagne innevate solo per finta. E siamo di nuovo all’attacco, di nuovo qui. Risaliamo in fretta la via e arriviamo di fronte al successivo affilato torrione. Tocca a me trovare il filo della salita, alzarmi, guardare il passaggio, tastare le tacche e la roccia. Piazzo qualche spit. Un passaggio esposto ed elegante mi porta sull’ultimo tratto. Faccio cinquanta metri, che è già un bel tiro, sono sulla sommità del torrione. Gli altri seguono. Di nuovo un tiro lungo e anche la successiva e ultima torre è salita. Sono ora a livello del crestone finale. Adesso posso chiudere gli occhi e farmi riportare dal vento i ricordi della Botto, allora avevo osservato a lungo la Piramide, ora il compimento di un’idea si è realizzato.

“Dove mettere la sosta? Dove ci caliamo?”. Sulla via è poco agevole, troppo articolata. No, non va bene. Le doppie devono essere filanti, dritte. Sotto di me si apre il ripido imbuto erboso che costeggia la parete. Non è poi così male scendere da lì. E così facciamo arrivando a pochi metri dall’attacco. Seduti a ridosso della parete ridiamo e scherziamo, espletiamo il rito della divisione del materiale e possiamo farci pervadere dal senso di soddisfazione e completezza. E’ nata una bella via classica. Una via da percorrere immedesimandosi in Boccalatte, in avventure lontane eppure così attuali. In fondo basta volerlo. La Piramide è un bel posto, la roccia è buona e i passaggi sono divertenti. La sua salita consente di vivere una piccola avventura in luoghi alieni alle masse, di godere fino all’ultimo i raggi del sole invernale, di poter rientrare sul far della sera alla civiltà, di lasciare vagare libero lo sguardo verso la pianura e le alte montagne del fondovalle, e di permettere anche a voi che il vento, sulla cuspide finale, vi riporti i ricordi.

Se deciderete di andare lassù non dimenticatevi però di visitare le vecchie mura delle antiche frazioni durante la marcia di approccio, di cogliere ciò che queste montagne ancora celano sotto lo spesso strato delle foglie cadute. Potrete godere appieno non solo di una bella ascensione ma di una bella giornata di montagna, che è molto di più.
26/01/2022
Luca Enrico
La Piramide al Monte Plu – quota 1990 m

ALPI: Graie meridionali.
VALLE: Val d’Ala.
LOCALITA’: Chiampernotto (941m).
VIA: Boccalatte-Castelli-Ronco.
APRITORI / DATA: G. Boccalatte, Castelli, Ronco; 26/05/1935.
RICHIODATORI / DATA: S. Bovo, L. Enrico, M. Enrico, E. Sibille; 16/01/2022 per la Piramide.
S. Bovo, V. Cimolin, L. Droetto, L. Enrico, M. Enrico, D. Margiotta, C. Ravera, L. Rocchietti, E. Sibille; 24/01/2022 per il prolungamento fino in cresta.
ESPOSIZIONE: sud.
SVILUPPO: 270m circa.
DIFFICOLTA’: VI- max.
MATERIALE IN POSTO: 7 chiodi, 25 spit-fix comprese le soste.
MATERIALE OCCORRENTE: friend dal n°0.3 al n°3 BD, qualche nut utile ma non indispensabile. Un martello per ribattere i chiodi, corde da 60 m. Un cordone da abbandono per la seconda calata se si decide di non proseguire sui torrioni oltre la Piramide. Consigliabile portarsi dietro le scarpe per la discesa.

AVVICINAMENTO: Raggiunta Ceres si prosegue in auto verso Ala di Stura, si superano le frazioni di Voragno e Bracchiello e si arriva a Chiampernotto (circa 900 m sulla provinciale). Se non si trova parcheggio presso le case appena fuori dall’abitato, si può posteggiare sulla destra a ridosso della massicciata in cemento della strada.

Ci si inoltra in mezzo alle case mediante una scala con i gradini in cemento. Da qui parte il sentiero segnato con bolli bianchi e rossi n. 240 (cartello indicatore) che porta alla frazione di Monaviel (1282 m; 40 min.). Dalla prima casa che si incontra (casa ben ristrutturata con il prato davanti) si abbandona il sentiero n. 240 e ci si incammina a destra di essa su una mulattiera in mezzo alla faggeta che in breve porta a una seconda piccola borgata denominata Vieia (1319 m). Dalla sommità del prato su cui sorgono le case, si prosegue ascendendo progressivamente a sinistra nella faggeta. La traccia è vaga ma il percorso è ben intuibile, anche grazie a qualche ometto e al bosco rado e pulito, e consente di raggiungere la pietraia che scende dal crestone che forma la sottostante “Cresta della Scuola”.
Si comincia a risalire la pietraia, all’inizio la Piramide non è ancora visibile ma dopo poco, sollevando lo sguardo in alto a sinistra, la si può vedere assai chiaramente. Da questa prima pietraia ci si deve portare su quella di sinistra separata dalla prima da una sottile fascia di arbusti che si oltrepassa agevolmente (alcuni ometti indicano il percorso). Si risale ascendendo a sinistra la seconda pietraia fino in prossimità di un grande masso con una fenditura, qui conviene stare a destra risalendo ancora la pietraia per traversare quindi decisamente a sinistra alla base della Piramide, da non confondere con la più bassa e monolitica parete a destra, caratterizzata da una profonda fenditura a mezzaluna rovesciata. La via Boccalatte si sviluppa sul crestone di destra della Piramide, l’attacco è nel punto più basso dello sperone, sotto grandi lastroni sovrapposti. Scritta bianca alla base. 1790 m circa di quota, 890 m di dislivello, 1 h 45 min.
NOTE: Il comprensorio del Monte Plu è noto più che altro per gli itinerari che si sviluppano sullo “Sperone Grigio”, qualcuno ogni tanto forse percorre la “Cresta della Scuola”, in pochi conoscono la “Cresta Botto” e praticamente nessuno sa dell’esistenza della “Piramide”. Una parete salita per la prima volta da un grande dell’alpinismo torinese nel 1935 e poi ripresa con altri tre itinerari da un’altra storica figura dell’arrampicata subalpina: Pino Dionisi. Erano gli anni ’50. Dopo, a parte qualche probabile sporadica visita, la Piramide cade completamente nell’oblio, cosa in fondo strana in quanto l’arrampicata è bella su roccia solida e l’accesso, seppur non propriamente a due passi dall’auto, è una piacevole passeggiata, niente a che vedere con l’impervio canalone di accesso allo Sperone Grigio. Si è quindi pensato di piazzare le soste e con qualche spit-fix realizzare il prolungamento della via Boccalatte oltre la fine della Piramide, sui due torrioni successivi. Tutto questo unito a una veloce discesa in corda doppia fa sperare che finalmente un luogo così bello sia riconsiderato dagli alpinisti del nuovo millennio. Il periodo consigliato va da ottobre ad aprile e sono molto consigliate le belle giornate invernali, in stagioni povere di neve. Vista la quota e la favorevolissima esposizione la Piramide prende sole tutto il giorno.
Un ringraziamento va al CNSAS di Ala di Stura che ha finanziato l’opera.
DESCRIZIONE VIA:
L1 – attaccare nel punto più basso del crestone di destra, sotto grandi lastroni sovrapposti (scritta bianca “Boccalatte 1935”). Si risalgono i lastroni fino a un intaglio da cui ci si sposta pochi metri alla base della faccia di sinistra dello spigolo (lato ovest). Si sale l’aggettante inizio sfruttando buoni appigli e una fessurina che permette di ribaltarsi sul crestone, in piena esposizione sud. Ora con più facile arrampicata si perviene a un ottimo terrazzino dove si trova la sosta con due spit-fix. Grado IV+
L2 – salire sopra la sosta e vincere il primo muretto leggermente strapiombante, senza possibilità di protezione ma con ottime lame. Proseguire fino a un’ampia piattaforma rocciosa (1 chiodo alla sua base). Da questa salire il sistema di fessure e lame fino alla sommità del salto (1 chiodo). Sosta con due spit-fix. Grado V
L3 – salire la cresta vincendo alcuni muretti, non difficili ma poco proteggibili, fino al suo termine a un comodo intaglio caratterizzato da uno spuntone. Si è sotto alla verticale parete sommitale. Sosta con due spit-fix e un chiodo. Grado III con passi di IV-
L4 – dalla sosta salire qualche metro verticalmente fin sotto un triangolo compatto e giallastro e quindi traversare a destra (1 chiodo ad anello) verso un evidente diedro fessurato, caratterizzato sulla sua faccia sinistra da roccia curiosamente lavorata. Alla fine del diedro (1 chiodo) salire il verticale muretto (1 spit-fix) ribaltandosi a sinistra per giungere a un terrazzino sul filo dello spigolo. Sosta con due spit-fix e un chiodo. Grado V+
L5 – traversare in piena esposizione a sinistra su una cornice fino a un vecchio chiodo. Salire quindi sfruttando le ammanigliate lame soprastanti e spostarsi verso destra (1 spit-fix) salendo un compatto muro con lame e liste orizzontali fino alla fine della Piramide. Sosta con 2 spit-fix. Grado IV+ e un passo di V-
Qui termina la Piramide vera e propria e quindi la via Boccalatte originale. E’ possibile calarsi: con una doppia da 60m si scende verticalmente fino a una conca erbosa a centro parete, dove c’è la seconda doppia su albero. Attenzione che le corde arrivano giuste. Nel caso mancasse qualche metro si traversa agevolmente a piedi usando però cautela. Con un’altra doppia si arriva alla base. Sull’albero per ora (gennaio 2022) è stato lasciato solo un cordone. Prevederne quindi uno di rinforzo e un eventuale maillon per agevolare il recupero.
E’ però consigliabile proseguire sui torrioni successivi.
L6 – scavalcare la sommità della piramide e scendere con facile disarrampicata fino a una selletta da cui si risale la breve paretina fino al suo terrazzino sommitale. Sosta con due spit-fix. Grado III+, un breve tratto di IV-
L7 – salire a destra dell’affilato spigolo giallastro, i primi tre metri sono un po’ disturbati dalla vegetazione (1 spit-fix). Portarsi quindi verso il fil di spigolo su un gradino (1 spit-fix) e salire lo spigolo medesimo (1 spit-fix) fino al suo termine. Traversare quindi a destra e salire il successivo salto stando sull’aereo spigolo di sinistra (1 spit-fix) che si vince, con un passo di VI-, sulla faccia di sinistra sfruttando delle buone liste. Proseguire quindi più facilmente fino alla fine del torrione. Tiro molto lungo, sui 50m, nel traverso aver cura di allungare bene le protezioni. Sosta su due spit-fix. Grado V con un tratto di VI-
L8 – traversare con facile arrampicata verso il successivo torrione. Raggiuntolo superare il primo verticale muretto (1 spit-fix) sotto la direttrice dello spigolo di sinistra. Proseguire su roccia ben fessurata fino al termine. La sosta si trova a destra sull’ultimo terrazzino. Grado IV, un passo di V-
DISCESA:
S1 – con una doppia da 60m scendere nel ripido e stretto canale erboso puntando a un evidente gruppo di piante. La S2 si trova sul terrazzino dove ci sono le ultime piante ed è sulla faccia dx orografica del canale.
S2 – con un’altra doppia da 60m scendere ancora il ripido canale inframezzato da salti fino a dove si allarga e diventa praticamente camminabile. Da qui si sconsiglia però la discesa a piedi vista l’estrema scivolosità dell’erba olina. Conviene aiutarsi almeno con un’altra doppia, meglio due come di seguito descritto.
S3 e S4 – sfruttando una delle tante piante presenti all’inizio del canalone, ora largo e più dolce, scendere una trentina di metri fino ad altre piante sulla dx orografica del canale. Da qui con una doppia lunga si arriva comodamente a poca distanza dall’attacco. Per queste ultime due doppie non sono state piazzate soste né sono stati lasciati cordoni, si fa passare la corda direttamente sugli alberi dalla corteccia liscia.
Ringraziamo sentitamente Luca Enrico per un Alpinismo vissuto con profonda immedesimazione empatica, rispettando i luoghi e la loro memoria: la corretta via per dare il giusto valore a queste montagne, che meritano di essere conosciute ed amate.
