Sulla via della desertificazione?

La seggiovia “Karfen” di Ala di Stura (siamo in Val d’Ala, Valli di Lanzo) è stata recentemente sequestrata. E’ La Stampa del 21 aprile scorso a darne notizia (qui l’articolo) e tra le righe del pezzo si parla – sorprendentemente – di paesaggio: secondo gli inquirenti non sarebbero state rispettate le relative norme.

Che ne sappiamo di paesaggio? Soprattutto di quello di montagna? E che cosa avrebbero combinato le ennesime ruspe sguinzagliate sui versanti all’ombra di Ala di Stura?

Lago del Lusignetto (2171 m). Foto dal post “Alla ricerca del limite perduto” (2012).

La Punta Lusignetto e l’omonimo bellissimo lago sono da tempo sacrificati per lo “sviluppo” turistico di Ala di Stura. Nel 2012 ne parlai in questo post, dove, tra l’altro, riportai alcune citazioni di Paolo Rumiz. Una su tutte:

“Il legame con la terra è saltato, i montanari ormai ignorano il brutto. Piloni, immondizie, terrapieni, sbancamenti: tutto invisibile. Si cerca di riprodurre il parco-giochi, e così si svende il valore più grosso: l’incanto dei luoghi”.

Sbancamento in località “Laietto” (Val d’Ala) su antico sentiero (aprile 2021).

Nel 2009, anno dell’articolo di Rumiz, mancavano all’appello le grandi panchine (ma c’erano già i cambiamenti climatici) nell’elenco delle sconcezze (203 le costruzioni di questo tipo in Italia, il 95% in Piemonte, quando nel resto dell’Europa sono solo 4): dovevano ancora essere inventate.

Panchina gigante al Pian della Mussa.

Che la sconcezza bianca – quella di Punta Lusignetto – sia stata spalmata su luoghi incantevoli, lo sanno da tempo gli estimatori delle Valli di Lanzo: in fin dei conti se porta soldi, va tutto bene. Un ragionamento semplicistico questo perché vale esclusivamente nel breve periodo dove tutti – e ripeto tutti – si illudono che il guadagno sia esente da costi, non immediatamente tangibili, che invece si paleseranno nel medio-lungo termine, spesso in modo dirompente. Un semplice esempio è quello dei carburanti derivanti dal petrolio: quanto dovrebbero costare alla pompa se comprendessero tutti gli immensi danni che provocano (ambiente, salute, guerre, ecc.) e che vengono socializzati, ovvero scaricati sulla società nel suo complesso?

Il comprensorio sciistico “Karfen” in Val d’Ala, visto da sud (aprile 2021).

Prima di vedere le foto recenti di un brutto paesaggio di Ala di Stura, che sarebbe peggiorato recentemente, vale un attimo la pena di considerare una parola citata da Rumiz: “luogo” con il suo incanto, che svendiamo appunto. Anche qui manifestiamo comportamenti miopi, osserviamo la cassa che si riempie di denaro (nel caso dello sci ampiamente e stoltamente finanziato con risorse pubbliche) e nel contempo socializziamo i costi che non vogliamo vedere. O forse non siamo in grado farlo perché ostinatamente fiduciosi del tempo breve, dove tutto deve succedere, compresa la fine del genere umano.

Arrivare all’attacco di pareti così discoste e dimenticate, sospese sulla valle, è sempre un momento particolare, luoghi magici senza tempo, intrisi dalle emozioni di chi qui ci ha preceduti. Ci sentiamo fortunati e non invidiamo chi pensa che la montagna sia il triste nastro di neve sparata che ci sta di fronte, sull’altro versante della vallata.”

Il comprensorio sciistico “Karfen” visto da sud (foto di Luca Enrico, primavera 2022).

Quest’ultima citazione è di Luca Enrico (il grassetto è mio) che ha scritto un post molto bello per questo blog. Attenzione alla parola che ritorna: “luoghi”.

Forse voliamo troppo in alto? Addirittura tentando di cogliere lo sguardo di provetti alpinisti, proprio quelli che fecero la fortuna di aree alpine come Balme?

Un sentiero – sempre lui, l’umile, schietto ed inestimabile cammino – da Mezzenile porta fino alla vetta di Testa Pajan, montagna che domina l’orizzonte rivolto a sud-est di Ala. Questo magnifico percorso escursionistico (imponetevi di farlo con tempo limpido) potrebbe diventare a pieno titolo la Scuola del paesaggio tradizionale delle Valli di Lanzo. Ogni volta che ci poso i piedi rimango sempre profondamente commosso dalla ricchezza dei paesaggi ove rintracciare luoghi incantevoli, che non meritano certo di essere sacrificati, tantomeno svenduti, soprattutto se pensiamo che sono distanti poche decine di chilometri delle aree urbane, soffocate ed abbruttite dal cemento.

Uno degli innumerevoli scorci paesaggistici osservabili dal sentiero 205.

Ne percepiamo il valore? No, perché continuiamo imperterriti ad inseguire il profitto facile, il tempo breve, disinteressandosi del domani, di chi verrà dopo di noi. Fare tutto questo costa fatica e non va di moda nei nostri tempi. La parola giusta è “desertificazione”, anche qui.

Non potete immaginare quante persone di indiscutibile livello culturale abbiano rinunciato per sempre a ripercorrere sentieri che negli ultimi anni sono stati sradicati dalle ruspe per posarci inutili piste “silvo-pastorali”.

Perché desertificazione? Perché nel medio-lungo periodo, passata la brevissima e fatua sbornia dei guadagni veloci e facili (sempre e comunque per pochi eletti), derivanti dai finanziamenti pubblici (vale anche per le strade sterrate, le piste, evidentemente le uniche “infrastrutture”, insieme alle recenti big bench, che possano far innalzare l’entusiasmo valligiano) ci si ritrova con i costi della disaffezione verso luoghi smembrati (un pericolosissimo boomerang: dall’incanto al disincanto): parlo dei sentimenti deprimenti provati da coloro che dovrebbero rientrare nel novero del “turisti di qualità”, ovvero di chi ricerca una montagna autentica, intrisa di paesaggi tradizionali, rispettosa dei limiti ambientali (perché, ad esempio, spalmare di neve artificiale le piste del “Karfen” prodotta con l’acqua del lago di Lusignetto?), amante della lentezza, vista anche e soprattutto come antidoto alla velocità e alla fretta che sta sempre di più falcidiando le facoltà intellettuali dell’umanità, proiettata verso il baratro.

Sbagliate se state pensando che stia enfatizzando la questione: personalmente – sempre che possa anche io rientrare nel novero dei turisti di qualità – non riesco più a progettare escursioni nelle zone delle Valli di Lanzo banalizzate dalle strade sterrate, che hanno divelto gli antichi sentieri. Ad esempio, quelli del versante a nord di Ala di Stura (come il 210 e il 211, di cui serbo ricordi magnifici), per non parlare dell’area del Laietto (versante a solatio della Val d’Ala, tra Mondrone e Martassina), interessato recentemente dagli ennesimi sbancamenti.

Località “Laietto” (1500 m circa) nel versante sud della Val d’Ala, tra le frazioni Martassina e Mondrone del Comune di Ala di Stura (foto aprile 2021). Pista silvo-pastorale Laietto-La Tea- Vertea. Ne avevamo parlato nel 2017: qui il post.
Pista silvo-pastorale Laietto-La Tea- Vertea (foto aprile 2021).

Escursioni cancellate definitivamente. La mia mente si rifiuta di subire il disincanto dei luoghi e questo non capita solo a me. E perché poi essere obbligati (senza alcuna alternativa) a camminare su infrastrutture adatte ai mezzi motorizzati che hanno esigenze che nulla hanno a che vedere con chi fa escursionismo di qualità?

Se è questo il risultato allora c’è davvero da ritenere che il rischio desertificazione – culturale e poi sociale, per gli effetti dello spaesamento – sia molto reale, con i conseguenti riflessi sulla capacità attrattiva del territorio.

So che per molti giovani di Ala di Stura immaginare un domani senza lo Sci Club determina effetti assimilabili allo spaesamento. Ma se davvero è così, che cosa hanno insegnato le scuole ai valligiani? A combattere, per partito preso, con tutto quello che riguarda il passato delle Valli di Lanzo, quando non c’era lo sviluppo industriale della pianura che ha permesso di affrancarsi da una vita tremendamente misera? Quindi tutto da buttare via, anche i paesaggi tradizionali (intreccio formidabile tra cultura e natura), di cui i vecchi sentieri sono l’esempio magistrale della loro costruzione? E allora, cari valligiani, non ci rimane che fare i conti con un presente, il nostro, terrificante che non offre alcun sentiero percorribile perché non ha alcun punto di partenza. Avete mai visto un sentiero che non ha un punto di partenza? Come facciamo ad immaginare il domani se cancelliamo, tout court, il passato?

Paesaggio tradizionale in Val d’Ala (Valli di Lanzo).

La desertificazione incipiente è un orizzonte non desiderabile anche per coloro che negli ultimi anni stanno lottando affinché luoghi autentici non vengano svenduti, come il Vallone di Sea (tuttora a rischio). C’è una sana, vitale ed intelligente resistenza che emerge nelle pareti di Sea così come dalla schiena piegata dei volontari del Cai che si occupano di rianimare le antiche vie, preservando così paesaggi di valore inestimabile, al netto degli sbancamenti che hanno un ritorno economico solo per i pochi “fortunati” (furbi?) dalla vista corta.

Un punto di partenza, certamente faticoso ma che sa andare oltre la punta del proprio naso.


Gli sfregi al paesaggio della Val d’Ala, erano già evidenti negli anni passati. Le foto che seguono dovrebbero mostrarci qualcosa di interessante perché sono un confronto a distanza di sei anni, con immagini prese sempre il 14 maggio. La visualizzazione sugli smartphone può risultare difficoltosa. Vi suggerisco pertanto di cliccare sulle foto per vederle ingrandite.

14 maggio 2016. Siamo all’Alpe del Conte (1767 m, Val d’Ala), sull’ampia sella formata da Testa Pajan (1856 m) a nord (a destra nella foto, non visibile) e dall’elevazione quotata 1807 m a sud (a sinistra, non visibile). Al centro le impattanti piste da sci del “Karfen”. Le due evidenti cime imbiancate, non lambite dalle nubi, sono il Monte Rosso d’Ala (2764 m), a sinistra, e l’Uja di Mondrone (2964 m), a destra. Sullo sfondo le vette della testata della Val d’Ala, coperte di nuvole (Uja di Bessanese e Uja di Ciamarella, in particolare).

Ingrandimento foto precedente.

Le foto seguenti invece sono state scattate il 14 maggio 2022.

14 maggio 2022. Da Testa Pajan verso ovest. La coltre di nubi al di sopra dei 2300 – 2400 metri impedisce di osservare le vette iconiche della Val d’Ala mentre sono ben visibili le deturpazioni provocate al paesaggio dagli ultimi lavori della seggiovia del “Karfen”, con apertura di ulteriore piste. A destra della foto è visibile il fondovalle della Val d’Ala con il Comune di Ala di Stura.

Di seguito il confronto con il 2016 (a sinistra) e il 2022 (a destra):

A sinistra 14 maggio 2016, a destra 14 maggio 2022.

Alcune foto con i dettagli della situazione attuale (14 maggio 2022):

Parlando di paesaggio, come non approfondire il tema analizzando un aspetto mostruoso determinato sempre dalle attività umane? Notate come le foto del 2016 rappresentino un paesaggio probabilmente accettabile dal punto di vista climatico: le vette sono imbiancate all’incirca al di sopra dei 2500 metri di quota, forse nemmeno troppo rispetto a qualche decennio fa, nel medesimo periodo primaverile. Ma meglio di niente. Quelle di quest’anno invece sono drammaticamente secche. Sappiamo il motivo: la prolungata siccità dell’inverno (ed inizio primavera) appena trascorso.

Ma il paesaggio non è una cartolina, un elemento immateriale. Si può anche gustare, toccare. La sequenza delle immagini che seguono (in ordine cronologico crescente, da sinistra verso destra) mostra un elemento vitale del paesaggio: l’acqua. Questa bellissima fontana si trova al Pian d’Attia (1393 m, Val d’Ala): allieta gli occhi e calma la sete degli escursionisti che transitano sul sentiero 238.

La situazione di aprile 2022 è un’assoluta e sconcertante novità degli ultimi vent’anni.

Non è difficile notare che la desertificazione culturale (qui intesa come incapacità di cogliere il senso del limite dell’agire umano) procede di pari passo con quella ambientale: due aspetti che sono strettamente interconnessi.

Il paesaggio parla dell’uomo perché è l’uomo a costruirlo con la sua cultura. Quello di oggi, nell’esempio di Ala di Stura, è sorto per il bisogno di divertimento con il conseguente sviluppo del turismo della neve, ormai sempre più scarsa, come – temo – l’acqua di Pian d’Attia. Saranno state violate addirittura delle norme paesaggistiche, come riporta l’articolo de La Stampa?

Questo è il primo evidente elemento che emerge dalle foto. Ancora più marcato è quello determinato dall’Antropocene con i suoi devastanti cambiamenti climatici, così drammaticamente evidenti sulle Alpi.

Desertificazione? Siamo sulla via giusta? Non solo a livello locale, nelle Alpi torinesi, si persegue questo “sentiero” ma anche a livello globale, con foto che di anno in anno risultano sempre più impoverite e sconcertanti.

Forse i lettori più attenti e raffinati stanno pensando che il paesaggio esiste nella mente di chi lo osserva? E allora, chi realizza questi deserti, cosa ha nella sua mente?

Escursione sociale Cai Lanzo agosto 2017. Località La Suche (Courmayeur), Posto tappa Alessio Allegri (1816 m). Sullo sfondo il comprensorio sciistico “Chécrouit – Val Veny”.
Comprensorio sciistico “Chécrouit – Val Veny” (Courmayeur). Agosto 2014.

Non che possa giustificare l’ostinazione dello sci a tutti i costi, ma almeno dalle parti di Courmayeur rispettano le varie esigenze. Le foto parlano da sole.

Confronto di paesaggi della Val d’Ala. Confronto di due culture (del tempo breve a sinistra). Quale delle due ha saputo tracciare un sentiero sostenibile per un domani possibile?
Com’è difficile capire nel fare un quadro qual è il momento esatto in cui l’imitazione della natura deve fermarsi. Un quadro non è un processo verbale. Quando si tratta di un paesaggio, io amo quei quadri che mi fanno venir voglia di entrarci dentro per andarci a spasso.
(Pierre Auguste Renoir)

2 pensieri riguardo “Sulla via della desertificazione?

  1. Gentili Signori,
    apprezzo molto e sono assolutamente d’accordo con quanto l’autore (anonimo, ahimè) scrive in questo articolo. Ho frequetato da alpinista ed escursionista la Val d’Ala dagli anni Sessanta in poi e ho assistito con melanconia a questa prolungata, inesorabile, cinica distruzione del paesaggio, in nome di un turismo e di un’economia insostenibili.
    Cordialmente,
    Rinaldo Rinaldi

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    1. Ciao Rinaldo, grazie, condivido in pieno.

      L’autore del post sono io. All’inizio del post c’è scritto DA BEPPELEY che è il nickname di Beppe Leyduan. Se in home page (sulla parte destra della pagina) fai click sulla mia foto e poi su “view complete profile” , trovi altri dati: mail, altri siti, twitter… Dalla mail si capisce facilmente il mio cognome. Su Twitter compaio proprio come Beppe Leyduan.

      Comunque hai ragione, non è così immediato risalire agli autori dei post. Vedremo di provvedere.

      Grazie ancora.

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