Finitudine

IL MOVIMENTO DELLE DONNE SOLITARIE.

Testo e foto di Stefania Rasetti

Adoro l’alta montagna dove la roccia quando diventa terra si copre di un tappetto d’erba verdissima alta pochi centimetri e macchie di minuscoli fiori azzurri e viola. A queste quote non ci sono più alberi: è un ambiente estremo dove la natura ha adottato strategie per sopravvivere al gelo, al vento e per sfruttare i pochi mesi senza neve.

Lyskamm dalla Capanna Quintino Sella

Ci arrivo con una funivia che parte dal fondovalle di Gressoney (località Stafal) e che mi risparmia una lunga salita su ripide piste da sci.

Da qui, a 2900 metri, parte un sentiero quasi abbandonato che un tempo era una delle vie per salire ai rifugi del Monte Rosa. Ci vado spesso da sola, percorro questo sentiero pietroso che richiede una costante attenzione e che termina sui crepacci di quel che resta del ghiacciaio dell’Indren.

Ci vado per avvolgermi nel silenzio che a queste quote ha il suono sordo di acqua che scorre lontano, di rocce che rotolano a valle, di vento che sibila nelle orecchie.

Ci vado per sentire i miei passi, le perle di sudore che mi colano sulla nuca e la mia finitudine davanti a queste vette che superano i 4.000 metri e che si specchiano nel blu dei laghi.

Un passo dopo l’altro i miei pensieri caotici, le mie tristezze e la fatica restano sul sentiero. Un senso di leggerezza mi riempie i polmoni mentre il mio respiro diventa affannoso, a causa della quota.

Le sorgenti del Lys in Alta Valle di Gressoney

Le conosco tutte le vette del Monte Rosa. Ci sono salita diverse volte fin da bambina affrontando il gelo dell’alba e quei maledetti ramponi che si sfilavano sempre.

Sono tre ore di cammino dal Passo dei Salati ai 3.600 metri del Rifugio Mantova. In molti punti ci sono solo tracce, bassi cumuli di pietre a distanza di poche decine di metri, e nei tratti più esposti sono state ancorate delle corde fisse.

Il Monte Rosa e il Colle del Lys

Non è difficile incontrare camosci e stambecchi o vedere coppie di aquile prendere il volo dai nidi incastonati nelle sporgenze pietrose.

Quando arrivo al rifugio sono tanti, spesso tantissimi, i gitanti che prendono il sole, che sorseggiano un tè, che parlano sottovoce quasi a cercare di non disturbare il rumore del silenzio che ci circonda.

Quelli che tornano dal ghiacciaio hanno il volto bruciato dal sole, gli occhiali scuri e le gambe pesanti: si piegano per sfilarsi i ramponi con gli occhi bassi e movimenti lenti.

È una Babele di lingue il brusio che si alza dal pianoro dove è appoggiato il rifugio. Riconosco quelle dell’Europa dell’est, il francese, il tedesco…

E io sono contenta di essere di nuovo qui. Le primavere alle mie spalle sono davvero tante, forse troppe, per affrontare questa escursione in solitaria, ma tornerò fino a quando il mio corpo me lo concederà.

Dalle cenge sotto il rifugio sento salire l’aroma intenso delle erbe glaciali: anche quest’anno le metterò in infusione e farò il delizioso liquore che berrò insieme agli amici il prossimo inverno.

Stefania Rasetti, 22/08/2022


Chi sono

Sono amministratore di rete (Linux) presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino, sono nata 59 anni fa a Torino dove mi sono laureata e dove sono nati due figli che ormai sono grandi. Ho vissuto in America Latina per un certo periodo di tempo dove ho conosciuto mio marito con il quale sono stata sposata per trent’anni. Due anni fa mi sono separata e sono in una nuova fase della mia vita.

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