Le feste natalizie: presagi e auspici per il futuro

Tratto dal libro Il segno dei giorni. Ricorrenze e tradizioni nelle Valli di Lanzo di Ariela Robetto (Daniela Piazza Editore, 2002).

N.B.: cliccando sul numero delle note, si apre un file in pdf dove le trovate tutte (per comodità di lettura, potete tenerlo aperto e consultarlo quando necessario; le note sono anche rintracciabili alla fine del post).


“Tempora temporale! Avessi digiunato alla vigilia di Natale!” esclamava Bàtistëtta Droetto, classe 1848, allorché, con occhio sgomento vedeva gonfiarsi le nubi da tempesta a tramontana, là verso l’Uja, verso il passo dell’Ometto, tanto basse da coprire i pascoli del Granmont, appena sopra Mondrone1. Uomo religiosissimo (il mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo metteva a digiuno anche il suo bestiame) non sospettava certamente di rinnovare un’antica usanza pagana allorché faceva dipendere le rovine del temporale da un periodo da sempre considerato foriero di presagi come quello del solstizio d’inverno, riconvertito dalla cristianizzazione nelle festività per la nascita di Gesù Cristo.

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Investire per “valorizzare” la montagna?

Nel silenzio di un giorno appena nato salgo da sola su una delle vette del gruppo del Velino. Nulla di eroico, nulla di adrenalinico, di spettacolare. O meglio, spettacolare è il bosco di faggi ormai scarni che ho appena attraversato, è la salita sulla prima neve, il rumore dei ramponi che rompono la leggera crosta che si è formata nella notte, il vento in cresta e le nuvole in lontananza. Il brutto tempo verrà, ma più tardi, sulla via del rientro. Per questo la scelta di oggi, dopo il confronto con le varie previsioni meteo. Per questo la partenza all’alba. Per questo la decisione di essere sola, più veloce, più leggera. Mi chiedo cosa ci sia da valorizzare. Me lo chiedo e mi fa paura. Conscia di stare per fare un ragionamento elitario, poco corretto, sicuramente egoista e decisamente asociale, non posso fare a meno di pensare che la montagna meno viene valorizzata, pubblicizzata, aperta, fatta conoscere, meglio è.

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Un giro d’inverno

Fa un freddo cane ai Cornetti, il piccolo villaggio in alta Val d’Ala dove in inverno l’ombra e il silenzio ti si appiccicano addosso, mentre calzi le racchette da neve. Non so se per la coda dell’estate infernale, se perché non sono più abituato, se l’abitacolo dell’auto era troppo caldo, ma le mani mi fanno male. Resisto con i ridicoli guantini ma so che tra una mezz’oretta di marcia andrà meglio. E’ sempre stato così. Meno sette non è nulla di strano qui, a 1450 metri, a due passi da Balme dove si dice che l’inverno dura otto mesi. Ma stamane c’è il vento, forte in quota, che appesantisce la sensazione di gelo.

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