
La sveglia suona impietosa e inesorabile nell’unico giorno in cui potresti dormire più a lungo. Fuori è ancora buio. Sarebbe così facile allungare la mano, silenziare il telefono, e restare al caldo sotto le coperte per ancora qualche ora di sonno. In fondo perché alzarsi? Sono solo pochi secondi. Ai piedi del letto c’è già lo zaino pronto, sulla piccola poltroncina di velluto i vestiti piegati che attendono di essere messi, al piano di sotto, vicino alla porta, la busta con l’attrezzatura. È un attimo e i dubbi svaniscono, il caffè è già bevuto, e sei subito in macchina su un’autostrada che viaggia verso est, verso l’alba, verso le montagne.

Per raggiungere l’Appennino dalla Capitale ci vuole tempo, un’ora e mezzo minimo, anche due, o tre se vuoi scoprirlo tutto. Per chi, come me, ha iniziato la sua vita montana nelle Alpi o in Dolomiti, può essere un trauma. Dislivelli importanti, sentieri che erano e non sono più, segnaletica inesistente o confusa, ferrate per le quale più che un kit di sicurezza serve un kit per l’antitetanica. Certo non ovunque, certo le cose stanno cambiando, ma resta il fatto che in Appennino si cammina ancora come nel secolo scorso. Non ci sono rifugi dove rifocillarsi o trovare un piatto caldo, tutt’al più qualche bivacco sporco e mal tenuto e non sempre. Non ci sono persone lungo i sentieri a cui chiedere informazioni. Non ci sono corrimano in acciaio per proteggerti sulle cenge esposte o cartelli che indichino da che parte andare, solo pochi, solo nei luoghi più frequentati. Il cellulare non prende quasi mai, il Garmin si scarica quasi sempre, bussola e cartina restano gli amici di sempre, infallibili e affidabili.

Non è per tutti l’Appennino. Non è per chi si improvvisa camminatore, preso dalle mode degli ultimi anni. Bastano solo le distanze a fare selezione. Qui siamo tutti correttamente attrezzati, vestiti, equipaggiati. 261 vette oltre i 2000 metri, da collezionare, ma soprattutto da scoprire grazie a un Club di appenninisti, molto attivo nel promuovere queste montagne e nel fare rete tra chi le frequenta. Qualche ferrata e moltissime pareti da scalare, soprattutto sul Gran Sasso.

È selvaggio l’Appennino, rude e ostile con il caldo torrido dell’estate, le tempeste di neve a Campo Imperatore d’inverno, le bufere di vento sui Sibillini, i -18 di Campo Felice. È magico soprattutto in autunno, quando al nord la montagna è già nuda e qui si colora del giallo dorato dei faggi e del rosso degli aceri, in boschi senza fine dove sali accompagnato dal bramito dei cervi. È magico d’inverno dove non sono arrivati gli impianti a deturpare il paesaggio, quando si sale sulla neve ancora vergine o quando i ramponi scricchiolano felici sul ghiaccio nei canali del Terminillo o del Corno Grande.

È magico in primavera con la neve che dura anche fino a maggio inoltrato ed è facilissimo incrociare i camosci o avvistare l’orso. È magico con i suoi paesini arroccati, fatti di case in pietra, simili a tanti presepi, una chiesa, una piazza, pochi negozi. Nel sud della Francia li chiamano “villages perchés” borghi di un fascino senza tempo, con fitti reticoli di viuzze e un superbo panorama che li circonda, sono citati in tutte le guide e noti per l’accoglienza e la bellezza con cui sono stati restaurati e saputi valorizzare con quella delicatezza e attenzione tipicamente provenzale. I nostri borghi “perchés” dell’Appennino sono altrettanto belli se non di più, ma nessuno li restaura, li valorizza, li promuove. Sepolti dalla neve in inverno, spesso spopolati, poveri di turismo d’estate. Meta fugace di qualche appenninista che in partenza o di rientro da un’escursione si ferma per la colazione o per un caffè prima di tornare a casa. Sempre che riesca a trovare un bar aperto.


Un mondo ancora protetto, nascosto, sconosciuto. Un mondo che resta fermo al passato, dove i pochi rifugi sono veri e propri rifugi, con le camerate, l’acqua razionata, un piatto caldo e tanta fatica e passione per chi li gestisce. Ancora per poco. La moda degli ultimi anni, dove l’esperienza all’aria aperta fa parte del bagaglio da postare sui social che ognuno deve avere, sta arrivando anche qui. Grazie alle centinaia di associazioni sorte come funghi, gruppi sempre più numerosi invadono i sentieri.

Io li incontro solo al ritorno. Salgo presto, l’aria è più fredda e non c’è nessuno in giro. Salgo tanto dove chi non è allenato non arriva. Mi arrampico per creste e roccette che non fanno per tutti. La montagna quella vera, per fortuna è ancora per pochi. Ci si incrocia ogni tanto, un sorriso, un saluto, noi fratelli ci si riconosce e qui non servono tante parole.
Grazie Emi, mi hai fatto amare l’Appennino che purtroppo non conosco. Mi piace molto come vivi la montagna e penso che il nutrimento di cui godi sia molto simile al mio. E immagino che le Valli di Lanzo forse ti piacerebbero molto perché conservano ancora quello spirito che puoi liberare lungo le tue vie. Ti aspetto per andarci insieme!
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Grazie Emi! Io frequento da tanti anni lAppennino emiliano, quello dei 2100 mt del Cusna, dell’ Alpe di Succiso, e, come te, parto sempre prestissimo ( spesso di notte per essere su all’alba ) e incontro tutti gli altri, quelli che sono spuntati come funghi da dopo pandemia, quando sono ormai arrivata all’ auto..Non conosco l’ Appennino centrale, l’ho girato un po’ quando facevo gare in bici, ma non lo conosco, e il tuo racconto mi ha fatto venire una voglia indicibile di poterci venire, prima o poi. Il fatto che sia così selvaggio mi ha davvero incantata ! Anche l’ Alpe di Succiso , il passo di Pietratagliata, il Monte Acuto, i suoi sentieri attrezzati, sono davvero selvaggi e poco frequentati dalla massa.. Chissà, sarebbe bello farti venire qui da me !
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ho scritto il commento ma mi è comparso come ” anonimo”..Io sono Rosanna Bandieri ” principessarosy” e non sono affatto anonima 🙂
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Emi grazie per introdurci alla conoscenza dell’Appennino
Ho camminato solo una volta in quelle zone, fino a raggiungere il Monte Cervia, proprio all’inizio di questo mese. Ho trovato un paesaggio ampio, la vista spaziava su distese continue di cime, di colore verde scuro o innevate, A tratti un paesaggio lunare o surreale, che mi ha colpito e effascinato. Spero di tornare!
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sono una ormai anziana escursionista mi chiamo Mara Cinti e ho conosciuto in gioventù le Alpi con due 4000 e tanti tanti km a tutte le altezze. In pensione ho comprato casa in Abruzzo ( nasco a Roma) e mi sono cimentata sulle montagne più alte dell Appennino quando ancora eravamo in pochissimi adesso ho appeso gli scarponi al chiodo dopo aver percorso in lungo e largo i sentieri del PNALM tutto vero quello che dici e ancora di più le sensazioni che si provano su queste montagne ancora segrete e selvagge forse è meglio così animali e piante si riprendono il territorio che si va spopolando fioriture bellissime ci accolgono in primavera non servono rifugi o bivacchi sarebbero superflui su itinerari comunque splendidi che puoi completare dalla mattina alla sera richiederebbero una organizzazione massiccia di mezzi e persone che turberebbero i delicati equilibri su cui questi ambienti montani si reggono questo è almeno il mio pensiero un caro saluto
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