Ceresole Reale, 15 febbraio 1952

In Diario del Gran Paradiso, libro che amo tantissimo e che qui ho avuto modo di citare sovente, l’autore, Anacleto Verrecchia, racconta la sua terribile esperienza sotto i bombardamenti nel 1943, durante i quali perse la madre.


Il 15 febbraio di otto anni fa ero sotto i bombardamenti di Montecassino. Il ricordo di quell’infamia, per giunta inutile e quindi doppiamente esecrabile, è vivissimo in me. Conservo ancora alcuni appunti presi in quell’inferno. All’alba fummo svegliati, come al solito, dall’artiglieria pesante. Il giorno si era annunciato con un mattino splendido, che consentiva la vista su tutta la valle di Cassino. Ma a un certo punto, con nostra grande meraviglia, le artiglierie tacquero e sulla valle calò un silenzio insolito. La celebre abbazia era ancora là, intatta e solenne. Pareva quasi che, con la sua maestosità, volesse indurre a miglior consiglio gli uomini che si combattevano rabbiosamente e si trucidavano ai suoi piedi. Le poche cannonate che vi erano cadute sopra avevano appena scalfito le sue mura possenti e secolari.

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Il cielo degli stambecchi

Dividere il cielo con gli stambecchi, ma anche con i camosci e le marmotte, è un’esperienza molto gradevole e unica nel suo genere: l’anima si allarga, lo spirito si arricchisce e l’innocenza degli animali fa dimenticare la malvagità degli umani“.

Anacleto Verrecchia (Vallerotonda, 1926 – Torino, 2012), definito il “più lucido, incisivo e spirituale discepolo italiano di Arthur Schopenhauer”, ci ha lasciati esattamente dieci anni fa ed una delle sue opere letterarie più importanti è “Diario del Gran Paradiso“, che sovente ho avuto il piacere di citare su questo blog.

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Sogno

  Uno stambecco mi guardava in modo insolito, come se volesse parlarmi. Non era per nulla spaventato e seguiva da vicino ogni mio movimento. Se leggevo il testo di filosofia che avevo con me, lui scuoteva la testa in segno di disapprovazione; se camminavo meditabondo lungo il sentiero, mi si aggirava attorno come il cane di Faust e mi faceva intendere che ero sulla via sbagliata. Aveva l’aria beffarda e di tanto in tanto faceva dei versi che somigliavano a una strana risata. Alla fine mi si è parato davanti e, per miracolo, ha detto: «E inutile che tu ti sprema il cervello leggendo o meditando lungo i sentieri, perché la verità non la troverai mai. Ti condurrò io, se vuoi, alla fonte dei misteri: là potrai avere la risposta che cerchi».
– Chi sei, tu che mi tenti con voce cosí portentosa? Non sapevo che gli stambecchi parlassero. Sei il diavolo, come dice la tradizione popolare? L’aspetto ce l’hai: le corna, la barbetta sotto il mento e perfino l’unghia fessa.
– Non essere superstizioso e considera che fra tutte le creature il vero diavolo è l’uomo. Io sono lo spirito del mondo e ho preso questa forma proprio per non somigliare all’uomo.
– E come fai a conoscere la fonte dei misteri?
– La conosco perché vivo in alto, dove si percepiscono bene le voci che piovono dal cielo. Quelle degli uomini, che vivono in basso, non le ascolto neppure, perché stordiscono e non servono a niente. Tutt’al piú confondono le idee. Allora, sei disposto a seguirmi?
– Dove mi vuoi condurre?
– In alto, sulla punta del Gran Paradiso.
– Ci sono già stato e, a parte la bellezza del panorama, non vi ho trovato nessuna risposta.
– Ma ora, lassú, c’è un convegno del tutto particolare, come potrai vedere tu stesso, se mi segui.
– Ti seguo. Continua a leggere “Sogno”

Il Re è nudo

Re delle Alpi: cosí è stato definito lo stambecco. Nonostante il nome, di origine chiaramente tedesca (Steinbock), si tratta di un re tutto nostro. Gli stranieri ce lo invidiano: forse questo fiero cornuto ci rappresenta meglio di tanti papaveri della politica e della vita ufficiale. In un paese di lacché e di pappataci come il nostro, lo stambecco è l’unica figura veramente nobile e fiera. Lo dimostra già il fatto che non si è mai lasciato addomesticare, come se avesse a disdegno gli uomini e il basso mondo. Chissà che la natura non lo abbia posto in Italia per legge di compensazione. Morirebbe di fame, piuttosto che scendere a valle e limosinare il cibo dalla mano dell’uomo, per il quale è difficile dire se abbia più disprezzo o diffidenza.

Così scrisse nel 1950 dello stambecco (leggete il post Re delle Alpi) Anacleto Verrecchia nel suo Diario del Gran Paradiso. Guardaparco come il suo capo (il grande Renzo Videsott), ha consegnato fino a noi un magnifico cornuto che Homo sapiens stava per disintegrare definitivamente. Uomini che hanno lottato per un futuro vivibile e possibile, come oggi non riusciamo a capire, nemmeno leggendo i loro scritti. Continua a leggere “Il Re è nudo”

Un sogno nella neve

2017-02-05-410-1024x768«Rimanere isolati dalla neve, senza la possibilità di ricevere o di trasmettere notizie al mondo, è un’esperienza incredibilmente piacevole e unica nel suo genere. Si è a contatto solo con gli elementi della natura e si prova un’ebrezza panica. Ci si sente, per così dire, reintegrati nella natura. È una specie di apo-catastasi. I rumori del mondo e la commedia della vita sono lontani, e questo dà pace allo spirito.»


Anacleto Verrecchia, Diario del Gran Paradiso, 1997

Tutto questo un giorno qualcuno l’ha sognato. Qualcuno ci ha immaginato liberi di fare esperienze profonde immersi nella natura delle montagne.
Un sogno nato dalla pace che solo i silenzi oceanici degli angoli più remoti delle Alpi Graie sanno donare.
Ma attenzione: un angolo è remoto non perché fisicamente distante dal baccano della civiltà. Lo è perché qualcuno lo sogna.
E in quel sogno si racchiude un dono, prezioso come la libertà che non soggiace ad alcun compromesso. Continua a leggere “Un sogno nella neve”

L’ermellino del Gran San Bernardo

ermellinoHo avuto la fortuna di trovarmelo davanti proprio mentre avevo la fotocamera in mano, pronta per scattare. E’ la prima volta – e credo che sarà anche l’ultima – che riesco a fotografarlo, anche perché è una specie animale a rischio estinzione. Guizzava come un matto a destra e a manca tra le rocce della via per il Gran San Bernardo, forse per prepararsi alla notte di San Silvestro.
Incontrare la fauna alpina è sempre uno dei momenti più emozionanti dell’escursionismo. Se poi si riesce anche a portarsela a casa, lasciandola comunque nel loro habitat, allora si può essere sicuri che l’escursione programmata è comunque riuscita, anche se per qualche motivo non raggiungiamo la nostra meta prefissata.
Il fato ha poi voluto farmi sfogliare uno dei libri di montagna che amo più. Tra quelle pagine un guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso, nei primi anni ’50, scrive anche di questo piccolo mammifero (quando non era ancora a rischio estinzione), che raggiunge a malapena i 30 centimetri di lunghezza. Continua a leggere “L’ermellino del Gran San Bernardo”

Sua Maestà

2015-04-18 226 (1024x683)Ceresole Reale, 14 settembre 1951.

Tutto quello che scende in basso, laggiú dove vivono gli uomini, s’insozza. Penso a questi ruscelli cosí limpidi e puri, che vanno a portare la vita a sua maestà l’uomo. E che cosa ricevono in compenso? Tonnellate e tonnellate di escrementi, di liquami e di altre sozzure. Dal paradiso terrestre alla fogna: è questo il divino corso della storia di cui parla Hegel? Mi chiedo che cosa sarà del nostro pianeta fra cento o duecento anni, quando la popolazione si sarà almeno quadruplicata. L’uomo sarà pure l’animale piú nobile, però è sporco e contamina. Per i mussulmani contaminano i morti, tanto è vero che non li portano nei loro templi; ma i vivi contaminano molto piú dei morti.

Anacleto Verrecchia, Diario del Gran Paradiso (Fògola Editore in Torino)


Nel 1951 la popolazione mondiale contava circa 2 miliardi e mezzo di abitanti, ancora non troppo numerosa per evitare alcune domande di lungo termine, magari sorte negli orizzonti dell’alta quota del guardaparco Verrecchia.

Sessantaquattro anni dopo siamo già oltre 7 miliardi sulla Terra (in perfetto orario) e noi quella tua domanda, caro Anacleto, cominciamo a viverla sulla2014-06-23 914 (1024x768) nostra pelle, tanto quanto basta per inibirci ulteriori tentativi di visioni sui prossimi cento o duecento anni.

Lo scorso anno è uscito un bel libro che fa comprendere perfettamente quanto sia determinante, per il nostro futuro, la pressione demografica.

«Non voglio dare una sforbiciata selettiva a nessuno in vita oggi. Auguro a ogni essere umano sul pianeta una vita lunga e sana. Ma se non prendiamo il controllo e non caliamo di numero, senza brutalità, reclutando pochi nuovi membri della nostra razza affinché un giorno ci sostituiscano, sarà la natura a darci una bella pila di lettere di licenziamento».

Alan Weisman, Conto alla rovescia (Giulio Einaudi editore)

Se volete saperne di più, segnalo l’articolo pubblicato su “l’Espresso” il 29 novembre 2014: “L’allarme: presto saremo 11 miliardi. La chiave? L’istruzione delle donne.

Uscire da se stessi

2014-08-25 1561 (1024x768)Il mare impigrisce e involgarisce, l’alta montagna solleva e corrobora. Il mare è piatto, i monti fanno a gara nel sollevarsi al cielo. L’alta montagna ha qualche cosa di aristocratico e dispone la mente alla meditazione. Gli orizzonti sono sconfinati e anche il nostro orizzonte interiore si allarga. La pace e i grandi silenzi, i boschi a perdita d’occhio, i monti giganteschi e l’ampio cielo, verso il quale viene spontaneo di alzare gli occhi, danno ai nostri pensieri un indirizzo diverso. Si esce da se stessi e ci si immerge nei problemi generali, non individuali. Nel rumore e nel pigia-pigia della grande città, invece, la mente è come se si rattrappisse e si pensa solo a se stessi. Ciò dipende dal fatto che nelle città si è costretti a misurarsi solo con gli altri e non con gli spazi infiniti. A chi mai, camminando per le vie di una città, verrebbe in mente di fermarsi a contemplare il firmamento? In città si hanno solo scopi immediati e le nostre energie intellettuali vengono assorbite da cose che non hanno molto a che fare con la meditazione astratta. I saggi e gli asceti non hanno forse sempre cercato la solitudine o addirittura il deserto?

Anacleto Verrecchia (Diario del Gran Paradiso)

orizzonti

Re delle Alpi

Re delle AlpiChantel, 2 ottobre 1950

Re delle Alpi: cosí è stato definito lo stambecco. Nonostante il nome, di origine chiaramente tedesca (Steinbock), si tratta di un re tutto nostro. Gli stranieri ce lo invidiano: forse questo fiero cornuto ci rappresenta meglio di tanti papaveri della politica e della vita ufficiale. In un paese di lacché e di pappataci come il nostro, lo stambecco è l’unica figura veramente nobile e fiera. Lo dimostra già il fatto che non si è mai lasciato addomesticare, come se avesse a disdegno gli uomini e il basso mondo. Chissà che la natura non lo abbia posto in Italia per legge di compensazione. Morirebbe di fame, piuttosto che scendere a valle e limosinare il cibo dalla mano dell’uomo, per il quale è difficile dire se abbia più disprezzo o diffidenza.

Ama stare in alto, nel suo regno; e se lo si porta oltre i confini, in Francia o in Svizzera, cerca di ritornare in Italia, dove pure è stato sempre cacciato e perseguitato. Cosí paga a caro prezzo il suo amor di patria. Ma questo non vale solo per lo stambecco. I maschi si disputano la femmina a cornate, i cui colpi si sentono a notevole distanza. Chi vince diventa non solo il gallo della Checca, ma anche il capo della tribú. Forse anche gli uomini, una volta, si disputavano le donne a cornate, cosa del tutto naturale; ma poi, in nome del progresso, hanno preferito risparmiarsi le corna e ricorrere ad altri mezzi di persuasione, come il danaro, la posizione sociale e i titoli. Quale dei due mezzi è migliore? Quello usato dagli stambecchi ha permesso loro di sopravvivere alle ere glaciali, mentre noi uomini sembriamo tutti dei pallidi ceri pasquali. La forza e la robustezza dello stambecco sono formidabili. I più grandi, le cui corna superano il metro di lunghezza, possono pesare anche centoventi chili.

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Noi italiani

boscoFine agosto 1952

“Gli italiani sono un popolo di sedentari, per non dire di pigraccioni e di mollaccioni. Non camminano e non amano la natura. A una bella camminata nel bosco preferiscono il ristorante, dove s’ingozzano di cibo fino all’inverosimile. Molti di quelli che incontro chiedono per prima cosa dove ci sia un buon ristorante, possibilmente «tipico». Gli stranieri, invece, chiedono quasi sempre dove conduca questo o quel sentiero, oppure quante ore ci vogliano per attraversare questo o quel colle. La letteratura tedesca è per buona parte ambientata nei boschi. Nei boschi italiani, viceversa, ci sono tutt’al più le volpi (se non le ammazzano), ma non le Muse. Il fatto che il romanticismo sia nato in Germania e non in Italia significa pure qualche cosa. Forse anche qui c’entra la religione: il protestantesimo ha nei riguardi della natura e degli animali un atteggiamento molto diverso da quello del cattolicesimo. Ma la cosa che più che muove a sdegno è vedere che gli italiani lasciano i loro rifiuti dappertutto, anche su un bel prato. E’ l’inciviltà che va a braccetto con l’insensibilità.”

Anacleto Verrecchia
“Diario del Gran Paradiso” (Fògola Editore – 2ª Edizione maggio 2012)


Vacanze in montagna. Una domenica sui sentieri della Grande traversata che gli italiani disertano

Post del 21 luglio 2014 pubblicato su MountCityGta

All’albergo Montagnard di Balme, vecchio stile ma confortevole, si stupiscono. Da quando in qua un italiano è in cerca di alloggio? La clientela è perlopiù tedesca e il motivo lo si comprende facilmente. L’albergo è anche posto tappa della Grande Traversata delle Alpi e su questo itinerario escursionistico che unisce tutto l’arco alpino occidentale nella Regione Piemonte la lingua ufficiale è il tedesco (e, in sottordine, il francese e l’olandese). […]

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Il parapioggia dello scoiattolo

Opera del “camoscio” Paologiac

Lo sapevate che la coda dello scoiattolo ha diversi utilizzi tra cui anche quello di parasole? E di parapioggia?

L’ho scoperto leggendo il libro “Diario del Gran Paradiso” il cui autore – il grande Anacleto Verrecchia – in un passaggio descrive questo simpatico roditore.

Già di per sé non è facile incontrare questo animaletto, mentre si fa escursionismo in montagna, figuriamoci poi osservarlo mentre si ripara con la coda dalla pioggia o dalle neve.

L’altra sera, mentre scorazzo in rete, casualmente approdo sul sito del National Geoghrapic Italia e rimango colpito dalla qualità straordinaria delle immagini che lo abbelliscono. Una in particolare attira la mia attenzione facendomi subito ricordare quel brano del libro: Continua a leggere “Il parapioggia dello scoiattolo”

1952 – 2012

Mi sono annotato qualche passaggio del libro “Diario del Gran Paradiso“. Uno di questi l’avevo letto solo dopo aver scritto il post “In Italia non cammina nessuno” e così ora è come se stessi osservando due “fotografie”: una è quella di Camanni “scattata” nel 2012 (il suo articolo: vedete il post appena citato) e l’altra è quella presa da Verrecchia nel 1952 (leggete più sotto), esattamente sessant’anni fa.

Come succede quando confrontiamo due foto del medesimo ghiacciaio, fatte in due anni differenti (come per esempio in questo articolo scritto da Mercalli, in merito al ritiro del ghiacciaio di Pré de Bar), allo scopo di osservare le differenza di massa (e oggi assistiamo quasi sempre a grosse variazioni), nel caso delle foto di Camanni e di Verrecchia la “massa” è  identica. Nessun cambiamento.

Avrei preferito l’incontrario… Continua a leggere “1952 – 2012”

Il Gran Paradiso e il suo re

Novanta sono gli anni di vita del Parco Nazionale del Gran Paradiso e vorrei ricordarlo anche qui con un libro che mi è piaciuto moltissimo.

Si intitola Diario del Gran Paradiso (Fògola editore) ed è scritto da Anacleto Verrecchia, personaggio straordinario, che negli anni Cinquanta ha svolto il lavoro di guardaparco per tre anni.

“Non sempre il pubblico ha il potere di far ristampare un libro. Per il Diario del Gran Paradiso dell’amico Anacleto Verrecchia, recentemente scomparso, sono stati proprio i suoi affezionati lettori che hanno caldeggiato la presente ristampa. Autore di volumi forse più “dotti” dedicati a personaggi come Giordano Bruno, Lichtenberg, Schopenhauer, Nietzsche, Prezzolini, dove emerge appieno la sua competenza filosofica, è in questo diario, dove non manca mai la sua vena ironica e graffiante, che Verrecchia, con le sue rifessioni sulla vita, sul mondo e quindi sull’uomo a contatto con lo splendido paesaggio naturalistico e con il mondo animale, estrinseca al meglio il suo pensiero e la sua profonda umanità”. 

Nanni e Mimmo Fògola

Sovente avrei voluto scrivere qualcosa sul simbolo per eccellenza del Parco (ma anche di tutte le Alpi): lo stambecco. E allora, visto che ricorre questo importante anniversario, riporto qui proprio un brano di Verrecchia che parla proprio del re delle Alpi. Continua a leggere “Il Gran Paradiso e il suo re”