Testo di Sara Bonfanti. Foto e video di Sara Bonfanti e Adriano Di Giovanni
Il 17 maggio 2022 ho deciso di prendere del tempo per me e partire per un lungo cammino percorrendo il Sentiero Italia CAI: “oltre 7000 chilometri di grande bellezza” che attraversano tutta l’Italia sulle catene montuose. L’ideatore del Sentiero Italia CAI fu, negli anni Ottanta, Riccardo Carnovalini che maturò questo progetto mentre attraversava gli Appennini.
Partita da Muggia in provincia di Trieste arriverò in Sardegna a Santa Teresa di Gallura prima di Natale.
La fragilità si declina in tanti modi. Una fra le più diffuse è la memoria perché non abbiamo tempo per coltivarla. Poi c’è la scarsa attenzione e concentrazione, le distrazioni imperanti della nostra epoca, la mancanza di lentezza (la fretta ci devasta), la scarsa sensibilità verso la conoscenza, la mediocrazia… Ma in cima a tutte metterei la distanza che ci separa dal mondo naturale, non solo fisica ma soprattutto mentale.
Gli escursionisti che raggiungono Gias Nuovo Fontane, balcone straordinario sulla testata della Val Grande (la più settentrionale delle Valli di Lanzo), si trovano al cospetto di paesaggi grandiosi che lasciano senza fiato.
27 settembre 2020.Gruppo delle Levanne (versante sud-est), sulla cresta di confine con la Francia (Alta Moriana): dalla Punta Clavarino (3260 m), a sinistra, alla Levanna Orientale (3555 m), a destra. Foto scattata poco prima di toccare Gias Nuovo Fontane (1996 m)Continua a leggere “L’anello del Colle della Fea”→
Testo di Agostino Testa. Foto “I camosci bianchi”.
Domenica 22 maggio, la sezione CAI “Monviso” di Saluzzo ha organizzato una gita sociale al Rifugio Alpetto in Valle Po. Questa escursione è stata dedicata in modo particolare al ricordo dei nostri cari amici Carlo Mattio e Marina Zambelli, che ci hanno lasciato dieci anni fa.
Un brandello di memoria lo si può tramutare in un’escursione al limite dell’impossibile? Ho recuperato un numero del 2015 della rivista “Panorami-Vallate Alpine”, che purtroppo ha chiuso i battenti, in un angolo buio e polveroso di uno scantinato. In quel cantuccio, uno scritto della cara amica Ariela attende di dimostrarti che il concetto di tempo (cronologico) è una pura invenzione umana. Aspetta di confermarti che semplicemente non esiste. È la coscienza l’ingranaggio del “tempo”. Sfuma in noi, lentamente ed inesorabilmente, mentre andiamo incontro alla vecchiaia. Abbiamo solo un’arma per tenerla vigile: la memoria, l’unica ed insostituibile “bomba nucleare” che possa annientare le ombre tenebrose che eclissano la coscienza.
“[…] Partiamo presto e nella fresca mattinata primaverile ci innalziamo lungo il ripido sentiero che risale il Vallone di Servin, ammirando sempre il sublime spettacolo del levar del sole che indora le alte superbe vette; la Lera vista da qui in quest’ora è veramente magnifica: una guglia di fuoco puntata contro il cielo. Breve fermata al Piano di Servin per prendere fiato, poi per l’ultima ripida scarpata raggiungiamo il Piano 3 Pietre, e qui ci riposiamo. […] “
Oltre che dal volo maestoso dei gipeti, il cielo del versante sud del Comune di Usseglio, in alta Valle di Viù, è dominato dalla Punta della Forcola (2248 m), contrafforte della Torre d’Ovarda (3069 m) i cui versanti precipitano delimitando due valloni: quello di Venaus, verso est, e quello del Servin ad ovest. Su quello di Venaus passa la conosciutissima “autostrada” escursionistica del Nord-ovest, ovvero la Grande Traversata delle Alpi coincidente con il Sentiero Italia CAI (oltre 7000 chilometri lungo tutto lo Stivale), mentre quello del Servin è solcato da un sentiero (il n. 124 nel catasto dei sentieri della Regione Piemonte) che nel 2016 è stato rianimato dai volontari del Cai di Lanzo, dopo molti anni di abbandono e incuria.
Coppia adulti di Gipeto in Val di Viù: Italia 150 BG660 e Bellacò (2 febbraio 2020 – foto di Beppe Castelli tratta dal n. 2 del 20 luglio 2021 di “Avvoltoi Piemonte“)
Da ovest verso est, le vette principali che fanno da corona al nostro Vallone sono: la Punta Corna (2960 m), il Monte Servin (3109 m), la cima Ortetti (2974 m) e la Torre d’Ovarda, con queste ultime tre che giacciono sullo spartiacque Val di Viù-Val d’Ala. A 2463 metri, proprio al centro del vallone, si adagia un piccolo ma incantevole specchio d’acqua: il Lago del Servin. Per scoprire perché chiamato anche “delle Tre Pietre” avete solo una cosa da fare: mettervi in cammino e lasciarvi sorprendere da un altro angolo stupefacente delle Valli di Lanzo. Continua a leggere “Lago del Servin o delle Tre Pietre”→
Finalmente, lungo un sentiero di montagna, torna a serpeggiare quella meravigliosa ed imprescindibile sostanza umana che il Club alpino italiano sa amalgamare con grande maestria, grazie ad una ricetta molto antica e collaudata. Una ricetta che conta quasi 160 anni di ripetute sperimentazioni. Di successo.
Lunghi mesi di separazione ed isolamento, un cammino solitario ed impervio, e adesso eccoci nuovamente insieme per ritrovare l’amicizia, la gioia, la condivisione, per ritrovare rinnovato quel senso comune di appartenenza ad un “progetto”, ad un sogno sedimentato in una storia speciale. Per ritrovarci insieme con il sapore del buon vino, invecchiato bene e a lungo. Continua a leggere “CAI all’ennesima potenza”→
La croce di vetta di Punta Bellecombe (2755 m) nelle Alpi Cozie
La simbologia del sacro tra lo svago del cittadino e la quotidianità del valligiano
Testo e foto di Pier Mario Migliore* (pubblicato sul numero di luglio/agosto 2020 de “L’escursionista”, rivista online dell’UET – Unione Escursionisti Torino, sottosezione del CAI Torino).
Spesso arrivando alla nostra meta montana ci troviamo al cospetto di una croce o di una statua (generalmente della Madonna); tutto questo non ci stupisce, anzi, se la punta o il colle ne sono privi ci sembra un luogo spoglio di un elemento famigliare.
Di tanto in tanto affiora nell’ambito dell’associazionismo dell’andar per monti o di ispirazione ambientalistica, il non ancora risolto dilemma pro o contro queste presenze antropiche in luoghi che l’immaginario collettivo vede come “incontaminati”.
Tralasciando questa diatriba alla vostra personale opinione, in questo mio nuovo articolo, vorrei catturare l’attenzione sul come vedere le varie espressioni di sacralità che incontriamo nelle nostre uscite.
Da sempre l’uomo ha identificato “l’alto” con il divino e di conseguenza l’altezza del monte diventa sinonimo di sacralità e come tale sede di divinità interdetta ai comuni mortali; Olimpo, monte Sinai, monte Ararat sono solamente alcuni esempi culturalmente a noi vicini, ma ancor più vicini sono Il Bego e il Rocciamelone. Continua a leggere “Alla meta una croce”→
Vorrei che i giovani potessero gustare tante castagne e ascoltare i nonni che raccontano la loro vita, seduti vicino a un cumulo di ricci.
Tutto questo ha fatto parte della nostra economia, della nostra cultura, del nostro passato: quando l’uomo aveva rispetto della natura e amor di Dio e la natura lo ricompensava a piene mani.
Negli ultimi dieci anni, in cui abbiamo assistito alla proliferazione di decine e decine di chilometri di piste-agro-silvo-pastorali, sovente di dubbia utilità, da parte delle istituzioni locali non abbiamo mai sentito tirare in ballo una parola molto importante ovvero “patrimonio” che invece è posta in risalto proprio nella Legge Regionale del 2010. Continua a leggere “Il castagno dimenticato”→
Il Colle Croset (2405 m) sullo spartiacque Val d’Ala – Val Grande (Valli di Lanzo)
Seduti a cavallo del Colle Croset, mentre ci nutriamo con qualche pezzo di pane, siamo stretti come in una morsa: alla nostra sinistra, da est, le nebbie risalgono lentamente dal fondovalle, da dove siamo partiti qualche ora prima, accarezzando delicatamente le praterie, le rocce, le pareti e anche i nostri corpi, sfiniti ma protetti dalla giacca a vento. Alla nostra destra invece una scena bucolica allieta il nostro pranzo frugale: una mandria di vacche pascola beatamente e incurante di tutto, su di un altipiano sorretto da una grossa e tetra parete verticale che sprofonda nel Vallone Croset. Il Sole penetra tra le nubi e illumina vigorosamente il pianoro ove un minuscolo laghetto offre da bere alle manze solitarie. Intorno a noi solo silenzio. Siamo sospesi nel nulla. La civiltà chiassosa e fracassona ferragostana è sparita in un abisso, molte centinaia di metri sotto di noi.
Alle nostre spalle, in lontananza sul contrafforte della Punta Croset, una piccola ombra giace impassibile su di un pulpito di roccia, al di sopra delle nubi incombenti. E’ come un fantasma appeso tra le immense giogaie della Val d’Ala. Lo zoom della fotocamera cattura un giovane stambecco che osserva il fondovalle, anche lui incurante di tutto. Continua a leggere “Il Colle Croset”→
Il tempo resta il bene più prezioso che abbiamo, il vero lusso della nostra epoca. (Vittorio Sabadin)
Ci vogliono soltanto una decina di minuti di auto per raggiungere Vonzo (1231 m) dal Comune di Chialamberto (875 m), nelle Valli di Lanzo.
Pensate a questo piccolo borgo alpino come ad un trampolino di lancio per compiere svariate ascensioni nel versante sud della Val Grande: Ciavanis, Bellavarda, Roc d’le Masche, Bojret, Vassola, Castej d’le Rive,… sono tutti toponimi appartenenti a bellissime ed appaganti escursioni, per tutti i gusti e per tutte le gambe. E ve ne ho elencate solo alcune. Intorno a Vonzo c’è un mondo strabiliante per chi ama scarpinare. Per chi fa della fatica e del sudore il proprio way of life.
In quella manciata di minuti noi sentiamo di salire rapidamente verso un un punto di partenza. Magari arriviamo dalla pianura torinese o dal canavese. Oppure semplicemente da un qualche villaggio delle Valli di Lanzo. O forse da più lontano ancora. Tra i tornanti della strada asfaltata, in un attimo bruciamo quasi quattrocento metri di dislivello dal fondovalle. A piedi, un’ora di marcia tranquilla. Continua a leggere “La fabbrica del tempo”→
Pensai a quanti luoghi ci sono nel mondo che appartengono così a qualcuno, che qualcuno ha nel sangue e nessun altro li sa.
(Cesare Pavese)
Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati.
(Antonio Tabucchi)
Un sopralluogo per l’organizzazione di una delle prossime uscite del CAI Lanzo, volte al recupero dei vecchi sentieri, mi ha permesso di chiarire dubbi sulla toponomastica e scoprire fatti che ignoravo su di un luogo coperto dall’oblio. Continua a leggere “L’oblio di Balmavenera”→
No, non è la Val Grande del Parco omonimo piemontese. Questa invece è la più a nord delle Valli di Lanzo ed è, come dice il suo nome, la più ampia, caratterizzata da numerosi valloni sospesi che si innestano nel fondovalle. Valloni stupendi, come quelli esposti a mezzogiorno: si chiamano Vassola, Unghiasse, Vercellina… e sono tutti solcati da una rete di sentieri storici che permettono la conoscenza di ambienti incantevoli dove i vecchi montanari hanno posato segni straordinari della loro cultura materiale (baite, roye, sentieri, scalinate in pietra, bounòm…) e del loro duro lavoro in quota. Sentieri che sfiorano i 3000 metri di quota regalando panorami indimenticabili. Sentieri per troppo tempo dimenticati ma che ora iniziano a tornare funzionanti grazie all’opera di segnalazione.
Uno di questi, rimasto negli ultimi decenni impraticabile, soprattutto nella parte iniziale, è il n. 325 che comincia dal Comune di Chialamberto (864 m) spingendosi fino a 2500 metri, con notevole dislivello. Le strade asfaltate che conducono nelle amene borgate alpine situate a mezza costa (sopra i 1000 m) consentono di partire da quote più elevate, ma al contempo tendono a far stoltamente rigettare, nella programmazione delle escursioni, le fantastiche mulattiere di pietra che si diramano dal fondovalle. Chi avesse voluto così puntare agli orizzonti alpini dello spartiacque Val Grande-Valle dell’Orco, avrebbe tentato la partenza da Vonzo (1231 m) oppure da Candiela (1160 m), dove un sentiero storico conduce a Chiappili (1450 m), nel Vallone di Vassola poi e nell’adiacente bacino della Lombarda, punteggiato di alpeggi, uno più bello dell’altro.
Leggere la Natura con cuore aperto, ascoltare la Natura con la mente pronta: questo è il nutrimento per una sana crescita dell’intelligenza naturalistica.
Trovo molto suggestivo il pensiero del biologo Giuseppe Barbiero quando ipotizza punti di contatto con Gaia e la nostra psiche. Anzi, abolisco le ipotesi – con tutti i suoi “se” – e le do immediatamente verificate. Perdonatemi questa presunzione che è più che comprensibile dopo una magnifica escursione negli affascinanti ambienti naturali delle Alpi Graie.
“[…] Stiamo scoprendo che Gaia può influenzarci ad un livello psichico profondo. Proprio come una vera madre, Gaia è capace di attivare la nostra attenzione involontaria, affascinando i nostri sensi e favorendo la nostra capacità di attenzione. Se questo è vero siamo di fronte ad una questione cruciale che va colta nella sua interezza: qui Gaia è il soggetto attivo, mentre l’umanità riceve nutrimento psichico. Per chi, come l’uomo moderno, è abituato a considerare se stesso al centro dell’universo, agente unico nel bene e nel male del proprio destino, si tratta di un ribaltamento di prospettiva che lo pone in una prospettiva nuova e più umile: dipendiamo dall’integrità di Gaia non solo fisicamente, ma anche su un piano psichico […]. Continua a leggere “Punti di contatto”→
Il Club Alpino Italiano, forte dei suoi 310 mila soci, è il primo portatore di interessi verso l’escursionismo e l’alpinismo tant’è che le istituzioni statali si affidano ad esso quando c’è bisogno di manodopera gratuita e qualificata per intervenire sul territorio montano. Ad esempio, la Regione Piemonte nel 2009 ha cercato le oltre 80 sezioni Cai piemontesi per assoldare volontari affinché si tracciassero con il GPS i sentieri delle montagne piemontesi, allo scopo di realizzare il catasto regionale del patrimonio escursionistico. Il 13-14 giugno di quell’anno anche il sottoscritto partecipò al corso dopo essersi munito di dispositivo GPS a proprie spese (e non è stata l’unica sostenuta). Pensate che c’è chi si è talmente adoperato per tale missione – dimostrando encomiabile spirito volontaristico e di sacrificio per una giusta causa – da mappare ben 500 Km di sentieri negli ultimi anni. Questo signore, socio del Cai di Lanzo (ma potrebbe essere un qualsiasi altro volontario di una qualsiasi altra sezione Cai), ama l’escursionismo e i sentieri che consentono di praticarlo, soprattutto quelli storici, modellati dalla sapiente opera dei vecchi montanari che non avevano petrolio da estrarre ma gambe alimentate da niente. Bel messaggio ecologista-salvifico contiene un sentiero, vero? Soprattutto in questi tempi antropocenici.