Lascia che il sangue mi scorra nelle vene

Che i miei occhi possano parlarti.
Che gli sguardi dei miei fratelli possano illuminarti il sentiero.
Quel sentiero che hai smarrito da tempo, permettendo alla mente di silenziare il cuore.
Le nostre anime abitano corpi diversi, ma siamo tutti espressione della bellezza di Gaia, di cui anche tu fai parte.

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Santi e stronzi

Perché i mammiferi selvatici – lupi e orsi sopra tutti – sono come noi. Nello stesso tempo buoni e cattivi. Contemporaneamente – nei casi migliori, alternativamente – santi e stronzi.” (Luca Giunti).

Il 19 novembre scorso, il Dott. Luca Giunti scrive un pezzo (Il turismo degli orsi) sugli avvistamenti di orsi in Piemonte. Se ve lo siete perso, cliccate qui prima di continuare a leggere questo post.

Crediti: Grandi carnivori in Trentino (Provincia Autonoma di Trento).

Condiviso su Twitter, il post ha avuto, tra i vari commenti, anche quello del Dott. Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico che stimo molto e che leggo sempre con grande interesse ed attenzione sul quotidiano La Stampa.

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Non siamo soli lassù!

bardoney-100Testo e foto di Virgilio Giacchetto

Eliski sì, Eliski no…
Ognuno porta le proprie ragioni per difendere o combattere questo modo di praticare la montagna.
Come scialpinista che ha iniziato alla fine dei lontani anni ’70 ad apprezzare i pendii di “poudreuse” di Piemonte e Valle d’Aosta, sono da sempre un oppositore nei confronti di questa pratica per ovvie ragioni di dignità dell’ambiente montano. Quelle discese in neve fresca non meriterebbero almeno la fatica della salita per essere pienamente gustate? No. Tutto deve essere alla portata di tutti per assecondare quella ipocrita voglia di avventura possibilmente senza tribolare, ovviamente. È solo questione di prezzo e troverai qualcuno pronto ad accontentarti.
È ancora montagna vera quella percorsa ininterrottamente sin dal primo mattino da rombanti elicotteri che sfrecciano sui villaggi delle vallate per portare ricchi sciatori sulle vette immacolate?

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Il turismo degli orsi

Testo di Luca Giunti

Crediti: Grandi carnivori in Trentino (Provincia Autonoma di Trento).

Ritornano. Scendono dai monti, si spostano col buio, appaiono inattesi al limite dei campi e nelle periferie dei paesi. È un eufemismo dire che erano quasi estinti. Li avevamo sterminati. A fucilate, con trappole e tagliole, con esche avvelenate. È accaduto ovunque più o meno fino a cent’anni fa. All’epoca le terre alte sull’arco alpino e lungo la dorsale appenninica erano intensamente abitate. Ogni monte, poggio, collina, prato, pascolo, era frequentato e sfruttato. Dove c’erano boschi, si tagliavano per avere più terre da coltivare e legna da bruciare. Dove c’erano pendii scoscesi, si spianavano e si tratteneva la terra con quella meraviglia di ingegneria contadina che sono i muretti a secco. Sono ancora lì a ricordarci quelle esigenze e quella vita, quando oggi passiamo loro accanto durante un’escursione di piacere.

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Selvaggio ritorno e domestico abbandono

Uno sguardo sulla fauna alpina dimenticata

Testo e foto di Pier Mario Migliore*
(pubblicato sul numero di dicembre 2020 de “L’escursionista”, rivista online dell’UET – Unione Escursionisti Torino, sottosezione del CAI Torino).

Il lupo è arrivato alle porte di Torino. Le aquile, ieri una rarità, oggi decisamente più visibili.
Il gipeto, dagli iniziali insediamenti sulle Alpi Marittime, è ora presente sulle Cozie e Graie.
Il tipico volteggio in gruppo dei Grifoni, negli anni passati solo prerogativa delle Alpi francesi, è ora visibile anche nelle nostre valli di Susa, Chisone, Lanzo…

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Prima nidificazione con successo di Gipeto in Piemonte

Credit: https://pixabay.com

Nel 2019 sulle Alpi sono stati accertati 57 territori di Gipeto (Gypaetus barbatus), di cui 15 in Italia: 9 nel Parco Nazionale dello Stelvio ed in Valle Venosta, 5 in Valle d’Aosta e nel Parco Nazionale del Gran Paradiso e 1 in Provincia di Torino nelle Valli di Lanzo. In quest’ultimo territorio, la coppia locale si è riprodotta con successo, portando all’involo un giovane in data 18 agosto 2019. Quest’evento rappresenta la prima riproduzione con successo in Piemonte dall’inizio del progetto internazionale di reintroduzione, intrapreso nel 1976 e dai primi rilasci di animali nati in cattività a partire dal 1986.

Quanto avete appena letto è il riassunto del documento Prima nidificazione con successo di Gipeto (Gypaetus barbatus) in Piemonte dall’inizio del progetto di reintroduzione della specie sulle Alpi che la Rivista Italiana di Ornitologia ha pubblicato online.

Il 12 febbraio scorso avevamo parlato del Gipeto in merito al seminario “Sulle ali degli avvoltoi” (qui il post) che doveva tenersi il 14 marzo a Salbertrand ma che è stato rimandato a data da destinarsi.

Se volete saperne di più su questa prima nidificazione del Gipeto in area piemontese, qui il documento scaricabile in versione pdf (364 KB).

Nel frattempo abbiamo saputo che anche quest’anno la coppia è tornata a nidificare nelle Valli di Lanzo. Speriamo con successo! Continua a leggere “Prima nidificazione con successo di Gipeto in Piemonte”

Il Re è nudo

Re delle Alpi: cosí è stato definito lo stambecco. Nonostante il nome, di origine chiaramente tedesca (Steinbock), si tratta di un re tutto nostro. Gli stranieri ce lo invidiano: forse questo fiero cornuto ci rappresenta meglio di tanti papaveri della politica e della vita ufficiale. In un paese di lacché e di pappataci come il nostro, lo stambecco è l’unica figura veramente nobile e fiera. Lo dimostra già il fatto che non si è mai lasciato addomesticare, come se avesse a disdegno gli uomini e il basso mondo. Chissà che la natura non lo abbia posto in Italia per legge di compensazione. Morirebbe di fame, piuttosto che scendere a valle e limosinare il cibo dalla mano dell’uomo, per il quale è difficile dire se abbia più disprezzo o diffidenza.

Così scrisse nel 1950 dello stambecco (leggete il post Re delle Alpi) Anacleto Verrecchia nel suo Diario del Gran Paradiso. Guardaparco come il suo capo (il grande Renzo Videsott), ha consegnato fino a noi un magnifico cornuto che Homo sapiens stava per disintegrare definitivamente. Uomini che hanno lottato per un futuro vivibile e possibile, come oggi non riusciamo a capire, nemmeno leggendo i loro scritti. Continua a leggere “Il Re è nudo”

Il camoscio di Urtirè

Sono le 11 e 22 di un sabato vernale e umido quando un sentierino ci conduce nell’amena borgata di Urtirè, dove ad attenderci c’è un ignaro camoscio che bruca serenamente la sua fresca, tenera e verdissima erba, cascata dal cielo dopo il prodigo inverno.

Siamo sottovento e non percepisce la nostra presenza. Noi, immobili come statue, e col silenzio al massimo del volume, osserviamo questa bellezza delle Alpi, mentre scattiamo decine di foto.

Siamo a circa 100 metri di distanza dall’ungulato. Non è per niente facile riuscire a fare stare fermi i camosci perché appena sentono una minima presenza umana, fuggono con una rapidità impressionante, quasi imbarazzante.

Oggi succede qualcosa di incredibile. Il camoscio continua a brucare mentre noi giaciamo pietrificati tra le baite di Urtirè, sperando che questo incontro duri più delle altre volte. Ma fotografarlo con la testolina immersa nei fili d’erba e seminascosto dai i tronchi, non è molto accattivante. E allora, sempre stando piantati come pali, provo a fischiettare debolmente. Continua a leggere “Il camoscio di Urtirè”

Acrobati delle cime

A volte penso che questo posto, così in alto tra le montagne, è una sorta di passeggiata che conduce al cielo…

Rick Bass

Il fotografo Martin Dellicour ci invita a seguirlio nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, in una giornata di fine novembre, per catturare le acrobazie dei camosci.

Il paesaggio invernale, tra nebbie, nuvole e folli corse del camosci, ci trasportano in un ambiente intimo e rigoroso.

Abbiamo tutti bisogno di inverno.

(Grazie all’amica Anette di Francoforte che mi ha fatto scoprire questo bellissimo video).

 

L’ermellino del Gran San Bernardo

ermellinoHo avuto la fortuna di trovarmelo davanti proprio mentre avevo la fotocamera in mano, pronta per scattare. E’ la prima volta – e credo che sarà anche l’ultima – che riesco a fotografarlo, anche perché è una specie animale a rischio estinzione. Guizzava come un matto a destra e a manca tra le rocce della via per il Gran San Bernardo, forse per prepararsi alla notte di San Silvestro.
Incontrare la fauna alpina è sempre uno dei momenti più emozionanti dell’escursionismo. Se poi si riesce anche a portarsela a casa, lasciandola comunque nel loro habitat, allora si può essere sicuri che l’escursione programmata è comunque riuscita, anche se per qualche motivo non raggiungiamo la nostra meta prefissata.
Il fato ha poi voluto farmi sfogliare uno dei libri di montagna che amo più. Tra quelle pagine un guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso, nei primi anni ’50, scrive anche di questo piccolo mammifero (quando non era ancora a rischio estinzione), che raggiunge a malapena i 30 centimetri di lunghezza. Continua a leggere “L’ermellino del Gran San Bernardo”

Re delle Alpi

Re delle AlpiChantel, 2 ottobre 1950

Re delle Alpi: cosí è stato definito lo stambecco. Nonostante il nome, di origine chiaramente tedesca (Steinbock), si tratta di un re tutto nostro. Gli stranieri ce lo invidiano: forse questo fiero cornuto ci rappresenta meglio di tanti papaveri della politica e della vita ufficiale. In un paese di lacché e di pappataci come il nostro, lo stambecco è l’unica figura veramente nobile e fiera. Lo dimostra già il fatto che non si è mai lasciato addomesticare, come se avesse a disdegno gli uomini e il basso mondo. Chissà che la natura non lo abbia posto in Italia per legge di compensazione. Morirebbe di fame, piuttosto che scendere a valle e limosinare il cibo dalla mano dell’uomo, per il quale è difficile dire se abbia più disprezzo o diffidenza.

Ama stare in alto, nel suo regno; e se lo si porta oltre i confini, in Francia o in Svizzera, cerca di ritornare in Italia, dove pure è stato sempre cacciato e perseguitato. Cosí paga a caro prezzo il suo amor di patria. Ma questo non vale solo per lo stambecco. I maschi si disputano la femmina a cornate, i cui colpi si sentono a notevole distanza. Chi vince diventa non solo il gallo della Checca, ma anche il capo della tribú. Forse anche gli uomini, una volta, si disputavano le donne a cornate, cosa del tutto naturale; ma poi, in nome del progresso, hanno preferito risparmiarsi le corna e ricorrere ad altri mezzi di persuasione, come il danaro, la posizione sociale e i titoli. Quale dei due mezzi è migliore? Quello usato dagli stambecchi ha permesso loro di sopravvivere alle ere glaciali, mentre noi uomini sembriamo tutti dei pallidi ceri pasquali. La forza e la robustezza dello stambecco sono formidabili. I più grandi, le cui corna superano il metro di lunghezza, possono pesare anche centoventi chili.

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Albini

AlbinaQuando lessi il libro “L’estate di Albina“, suggeritomi dall’amico Gianni Castagneri, non pensai che nel romanzo ci fosse una storia vera, quella del camoscio bianco che fu avvistato nel 1968 per poi, dopo qualche anno, scomparire a causa della proverbiale inadeguatezza umana ad abitare il pianeta Terra.

L’autore, Virgilio Giacchetto, è una di quelle persone che vorresti avere sempre con te quando scarpini sui sentieri alpini. Ma è anche una di quelle persone che vorremmo incontrare più spesso anche nella quotidianità, stante il suo grande amore per la natura e il suo vivo e limpido rispetto per gli animali che con noi condividono la vita. E soprattutto per il suo rispetto per il “silenzio”, la materia più preziosa che la montagna sa custodire, sempre che certi esemplari di esseri umani (tanti, purtroppo), con la loro alienante estraneità, riescano a starne sufficientemente distante.

E’ quel “silenzio” che noi albini reclamiamo quando l’uomo contemporaneo si avvicina alla soglia – un umile sentiero di montagna? – superata la quale dovrebbe essere in grado di intercettare il limite nel suo agire.


Testo e foto di Virgilio Giacchetto

La Valle d’Aosta si rivela terra interessante non solamente per le sue meravigliose montagne, per i laghi alpini e le vallate ricche di scorci suggestivi, ma anche per la sua fauna selvatica che da qualche tempo si è arricchita, grazie al ritorno di specie considerate estinte sull’insieme del suo territorio. Sino all’anno scorso un branco di lupi ha sfruttato come zona di caccia le tre vallate del Gran Paradiso e gli avvistamenti di diversi esemplari, nonché le tracce di predazioni all’interno e ai margini dei confini del Parco Nazionale, sono state numerose e ampiamente documentate da fotografie e testimonianze di chi ha avuto la fortuna di imbattersi in questi affascinanti animali. Si sono registrati inoltre, in particolare negli anni novanta, alcuni avvistamenti della lince e inequivocabili impronte lasciate sulla neve dallo schivo, splendido felino.

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