Selvaggio ritorno e domestico abbandono

Uno sguardo sulla fauna alpina dimenticata

Testo e foto di Pier Mario Migliore*
(pubblicato sul numero di dicembre 2020 de “L’escursionista”, rivista online dell’UET – Unione Escursionisti Torino, sottosezione del CAI Torino).

Il lupo è arrivato alle porte di Torino. Le aquile, ieri una rarità, oggi decisamente più visibili.
Il gipeto, dagli iniziali insediamenti sulle Alpi Marittime, è ora presente sulle Cozie e Graie.
Il tipico volteggio in gruppo dei Grifoni, negli anni passati solo prerogativa delle Alpi francesi, è ora visibile anche nelle nostre valli di Susa, Chisone, Lanzo…

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I laghi di Unghiasse

Il Gran Lago d’Unghiasse (2494 m) dall’alto

Testo e foto di Gian Marco Mondino

Grande escursionismo in Val Grande di Lanzo

I laghi di Unghiasse costituiscono una delle mete più suggestive delle Valli di Lanzo, un esempio di wilderness ancora intatto, che rimane impresso nella memoria di chi ha la fortuna di visitarli. Il Gran Lago, il più esteso delle tre valli, si impone per le acque scure e profonde e per l’ambiente severo che lo circonda. Poco più a monte il bacino della Fertà, con il suo colore azzurrissimo e le rive verdeggianti, offre invece uno scenario bucolico, da cui, ricordo, mi separavo con rammarico al momento del ritorno. E non dimentichiamo gli specchi d’acqua minori, tra cui quello del Crotass, incassato in un profondo avvallamento, quasi fuori dal mondo. Per l’escursionista medio (e tale io mi consideravo) queste distese lacustri costituiscono già una meta impegnativa, sia per la distanza sia per il dislivello, ma la fatica è sempre ben compensata dallo spettacolo offerto dai luoghi. Per me e mia moglie la gita ad Unghiasse era un classico della stagione ed offriva ogni volta emozioni intense, consuete e nuove ad un tempo, di quelle che si conservano nel profondo dell’animo. Continua a leggere “I laghi di Unghiasse”

Il Colle Croset

Il Colle Croset (2405 m) sullo spartiacque Val d’Ala – Val Grande (Valli di Lanzo)

Seduti a cavallo del Colle Croset, mentre ci nutriamo con qualche pezzo di pane, siamo stretti come in una morsa: alla nostra sinistra, da est, le nebbie risalgono lentamente dal fondovalle, da dove siamo partiti qualche ora prima, accarezzando delicatamente le praterie, le rocce, le pareti e anche i nostri corpi, sfiniti ma protetti dalla giacca a vento. Alla nostra destra invece una scena bucolica allieta il nostro pranzo frugale: una mandria di vacche pascola beatamente e incurante di tutto, su di un altipiano sorretto da una grossa e tetra parete verticale che sprofonda nel Vallone Croset. Il Sole penetra tra le nubi e illumina vigorosamente il pianoro ove un minuscolo laghetto offre da bere alle manze solitarie. Intorno a noi solo silenzio. Siamo sospesi nel nulla. La civiltà chiassosa e fracassona ferragostana è sparita in un abisso, molte centinaia di metri sotto di noi.

Alle nostre spalle, in lontananza sul contrafforte della Punta Croset, una piccola ombra giace impassibile su di un pulpito di roccia, al di sopra delle nubi incombenti. E’ come un fantasma appeso tra le immense giogaie della Val d’Ala. Lo zoom della fotocamera cattura un giovane stambecco che osserva il fondovalle, anche lui incurante di tutto. Continua a leggere “Il Colle Croset”

Montagne del diavolo

“QUEST’OGGI TEMPO BELLO SONO A CERCARE SETTE PECORE PER QUESTE MONTAGNE DEL DIAVOLO”.
Una delle tante iscrizioni che si trovano incise sulle rocce della grande parete che sovrasta le case di Balme.

Su queste montagne del diavolo e sulla via per conoscerle, il Labirinto Verticale, si trova molto materiale in rete. Noi qui ne abbiamo parlato in un paio di occasioni grazie a due pilastri della20110528-001 (1024x768) cultura delle Valli di Lanzo, ovvero Giorgio Inaudi e Gianni Castagneri, entrambi innamorati del villaggio di Balme (1439 m), ultimo Comune della Val d’Ala che si incontra prima di raggiungere il Pian della Mussa (in auto) e i valichi ad oltre 3000 metri di quota (a piedi), che consentono di guadagnare l’Alta Moriana in Francia attraversando montagne severe e bellissime.
Nato una quindicina di anni fa da un’idea di Inaudi, questo percorso per escursionisti esperti (il Club Alpino Italiano lo classifica con la sigla “EE“) consente di aggrapparsi alla mastodontica ed impressionante parete che domina, verso nord, i balmesi e coloro che giungono fino a qui per godere degli ambienti di alta quota di un angolo selvaggio delle Alpi Graie meridionali. Se la strada asfaltata terminasse a Balme, per continuare a viaggiare (a piedi, magari dopo aver trovato una tappa di ospitalità in questo minuscolo borgo alpino) avresti ben tre scelte cardinali: verso sud inoltrandosi nel magnifico Vallone del Paschiet, lungo la Grande Traversata delle Alpi, con i suoi laghi e l’omonimo Passo, verso ovest per toccare il Piano e poi i valichi storici con le sue vette oppure verso il diavolo, ovvero in direzione nord, arrampicandosi sui Torrioni del Ru o, come dicono i balmesi, “al ròtches at Bàrmes”, le rocce di Balme che sanno raccontarti qual è la loro anima. Non del diavolo bensì molto verticale e severa, un ambiente di alta montagna adatto a chi dispone di piede fermo ed apprezza gli ambienti aerei, esposti e verticali su terreni prevalentemente rocciosi.

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Una transumanza nella bufera

Nevica forte nelle Valli di Lanzo, molto di più di quanto previsto.
Tutti rimangono molto sorpresi dalla tanta neve caduta nella notte e al mattino continua a fioccare incessantemente.
Progredire con le ciaspole nello spesso strato di neve (quasi un metro…) è faticosissimo ma fantastico.

Anche Giuseppe non si aspettava tutti questi fiocchi. Le sue caprette, ricoverate a 1600 metri all’Alpe Arbösetta, sono bloccate dalla tormenta a monte di Balme (1450 m), in alta Val d’Ala.
Con suo figlio Daniele affronta la bufera per riportarle a valle. Noi siamo davanti che battiamo la traccia e non ci accorgiamo che loro ci seguono senza le racchette da neve. Sarà un grande piacere, appena si uniranno a noi, deviare dal nostro tragitto programmato per battere traccia fino all’Alp dove le capre stanno attendendo il loro pastore per mettersi al sicuro.

Giuseppe e il figlio Daniele sono due montanari veri delle Valli di Lanzo. Giuseppe (82 anni portati magnificamente) ha un sorriso meraviglioso. Sincero e genuino. Come le Alpi. Continua a leggere “Una transumanza nella bufera”

L’avventura del margaro – Parte terza

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L’Uja di Bellavarda (2345 m), in Val Grande di Lanzo, domina la conca prativa ove sorge il santuario della Madonna del Ciavanis (1880 m)

Piergiuseppe ci contagia con il suo frizzante entusiasmo e ci racconta della sua grande passione. Nella narrazione emerge la gioia di rivedere i suoi amici ma anche la fatica e le difficoltà quotidiane che si incontrano a livello pratico, economico e burocratico. Le “bestie” non riconoscono le domeniche e le festività e una stessa situazione, come rappresentata dalla foto qui a sinistra, può essere incantevole per un’escursionista ma vista con gli occhi del margaro “…si è bella – dice Pier – ma pensaci, tra 10 minuti la temperatura si abbasserà di un bel po’ e tu stai portando i paletti del filo, e sei sudato…

Pier rievoca i giorni estivi trascorsi in alpeggio a quasi duemila metri di quota, sul versante esposto a mezzogiorno della Val Grande di Lanzo.


Eccomi qua, terza parte di un’avventura meravigliosa.

Per chi non avesse letto i post precedenti, mi presento. Sono Piergiuseppe, ho 14 anni e vivo in provincia di Padova (Teolo sui Colli Euganei). Mia nonna e mia bisnonna sono nate a Vonzo, paesino del comune di Chialamberto (To) a 1231 m.

Vonzo

Quest’anno ho frequentato la 3° media, e in questa occasione posso pensare a programmi estivi unici perchè non ci sono compiti per le vacanze.

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I garzoni del Ciavanis

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Gli estesi alpeggi della conca del Ciavanis nel versante a mezzogiorno della Val Grande di Lanzo

I nipoti margari di nonno Giuseppe (vedete prima questo post), Felice Alberto e Piergiuseppe, sono ritornati nelle loro amate Valli di Lanzo, più motivati e felici che mai.

Subito esclamano: “Questa non è solo più un’esperienza, ma una piccola passione che speriamo possa crescere“.

Nel loro scritto a due voci emerge, con vivo e sincero entusiasmo, la gioia di essere utili alla montagna, e a se stessi, ma anche la stanchezza provocata dal freddo, dalla pioggia copiosa e dalla grandine dell’estate 2014. Ma non si sono persi d’animo.

Piergiuseppe ha vissuto per un mese in alpeggio tra luglio ed agosto mentre Felice Alberto è stato in Inghilterra per studio ed è salito in alpeggio al suo ritorno.

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Il garzone del Trione

Alpe di Trione
Alpe Trione (1648 m). Sullo sfondo il Bec Ceresin e le montagne del versante a mezzogiorno della Val Grande

Nel XXI secolo il  vallone di Trione è una stupenda escursione della Val Grande di Lanzo il cui sentiero è una tratta della GTA (Grande Traversata delle Alpi).
Questo vallone è anche un fantastico alpeggio, venduto nel 2012 dal Comune di Chialamberto ad una società privata.
Quante volte ci è successo di percorrere sentieri che attraversano alpeggi abbandonati e poi di domandarci come doveva essere la vita di chi ci lavorava? Quante volte abbiamo pensato alla fatica di vivere la montagna lasciandoci alle spalle le baite crollanti, magnifici esemplari di architettura alpina?
Con il racconto che segue, e poi con il prossimo, cercheremo di costruire un ponte che ci permetta di collegare il presente con il passato, magari poi intravedendo tracce di avvenire nei sorrisi di nuove generazioni.
Il passato è il racconto di nonno Giuseppe che, da adolescente, nell’anno 1949 ha lavorato negli alpeggi del Trione. Il presente invece sono le esperienze straordinarie vissute dai suoi splendidi nipoti Felice Alberto e Piergiuseppe nel 2012 (all’epoca rispettivamente di 10 e 12 anni di età!) e nel 2013 che su questo blog hanno voluto raccontarle (qui il post del 2012 e qui quello del 2013). Non poteva finire così, perché anche la scorsa estate questi meravigliosi ragazzi hanno trascorso le loro vacanze negli alpeggi del Ciavanis, lasciandosi alle spalle, per alcune settimane, il mondo urbanizzato, artificioso ed ipertecnologico della pianura.
Ma questa è anche e soprattutto la storia di amore di due bellissimi valloni, il Trione e il Vassola, valloni laterali della Val Grande di Lanzo, autentici gioielli delle Alpi Graie meridionali. Uno è il vallone di Giuseppe, l’altro quello di Anna.
Storie di generazioni e di montagne tanto amate. Tanto anche da chi le ha vissute da semplici escursionisti, da turisti di passaggio o da viaggiatori stanchi delle “città atrofizzate che si credono il centro del mondo”, per dirla con le parole di Paul Virilio del libro “Città panico. L’altrove comincia qui”.
Un’ultima cosa: questo racconto contiene parole in patois francoprovenzale delle quali abbiamo cercato di fornire la traduzione, con le note a piè di pagina, per favorire la comprensione del testo. In quelle parole c’è la Montagna, c’è l’identità e l’autenticità dei luoghi alpestri delle Valli di Lanzo. In quei suoni c’è un mondo straordinario, una ricchezza ed una diversità che dovrebbero essere tramandate alle prossime generazioni.

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Il Campionato del Mondo di Mungitura a Mano di Vacche… In Valle Brembana

Domenica 28 settembre, dalle ore 9.00, prenderà avvio il primo Campionato Mondiale di Mungitura a Mano di Vacche, ospitato dall’Agriturismo Ferdy di Lenna (Bergamo)

La Baita dei Saperi e Sapori Brembani

Schermata 09-2456910 alle 11.47.58La Valle Brembana sulla vetta del mondo, con un posto d’onore nel mondo delle grandi sfide internazionali, e comunque andrà sarà sempre una vittoria. Domenica 28 settembre, dalle ore 9.00, prenderà avvio il primo Campionato Mondiale di Mungitura a Mano di Vacche, ospitato dall’Agriturismo Ferdy di Lenna (Bergamo). L’organizzazione dell’evento è affidata all’Associazione Fiera San Matteo di Branzi, con la collaborazione del Comune di Lenna, di Associazioni  di allevatori e sponsor. Premi e Partecipanti: In palio verrà messo un montepremi di 6.000,000 euro, che saranno ripartiti fra i primi tre podi nei rispettivi valori di 3.500,00 euro al primo classificato, 1.500,00 al secondo e 1.000,00 al terzo. A contendersi il primato saranno i mungitori che abitualmente frequentano gli alpeggi, che gareggeranno per la simbolica vittoria del Secchio d’Oro. Il Regolamento stilato prevede che gli sfidanti in gara debbano mungere quanto più latte possibile in un tempo limite di due minuti…

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La borgata che rivive

Monaviel
Versante sud del Monte Plu (2210 m) alle cui pendici si intravede il bianco della cappella del Monaviel, le baite a raggera ed il prato un tempo coltivato a segala e patate (Foto di Martellot).

Anche quest’anno la Festa della Madonna della Consolata ha fatto rivivere, per un giorno, la borgata del Monaviel (cliccare dentro la foto per vederla ingrandita).

Questo piccolo gruppo di baite, situato a 1282 metri nel versante solatio della Val d’Ala, è il nostro luogo del cuore e fa parte dei nostri affetti “geografici”.

E’ stata una giornata ricca di spiritualità e di gioia in cui ritrovare la consolazione dagli affanni della vita. Tutti insieme abbiamo pregato, cantato e abbiamo condiviso la gioia di ritrovarsi qui, anche sotto la pioggia.

Ringraziamo sentitamente Don Claudio (il nuovo parroco in Valle dal 2012) che ha celebrato la Messa e ci ha donato un po’ del suo tempo permettendoci così di ritrovarci tra le montagne che amiamo, che rischiano di scomparire per sempre, per vivere momenti di genuina vita alpina.
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Lou tchavrìn dal ròtches

La vista sul paese sottostante
Balme vista dalla parete rocciosa che la sovrasta

Testo e foto di Gianni Castagneri

Una parte consistente del seppur vasto territorio balmese, risulta essere improduttiva: diversi ettari della sua superficie sono infatti occupati dai ghiacci perenni, rocce e pietraie. In un simile scenario, dove anche la parte ritenuta fruttifera non è poi gran cosa, risulta difficile immaginare l’esistenza di un’economia rurale che sostentò per secoli qualche centinaio di montanari. Quella gran distesa rocciosa esposta a sud, “a l’andrèt”, che sembra solo una rugosa parete che si eleva verso il cielo alle spalle del capoluogo, dalla quale neanche i metalli furono mai estratti, ebbe anch’essa un ruolo nei tempi passati. “Al ròtches at Bàrmes”, le rocce di Balme, fino al secondo dopoguerra, rappresentarono una superficie sulla quale pascolare le capre, le bestie dei poveri. Nel bilancio delle fasce meno abbienti infatti, le capre rivestivano un ruolo importante, poiché il loro mantenimento era poco oneroso: in estate si mantenevano in buona parte con rovi e germogli, dopo le prime gelate autunnali venivano lasciate a brucare erba secca e arbusti e di nuovo ai primi tepori di fine inverno potevano trovare ben presto i primi nutrimenti. A causa anche di una certa propensione alla vita selvatica, succede ancora oggi che branchi di capre debbano essere recuperate nel pieno dell’inverno tra le rocce dove sono state sorprese dalle nevicate, alle quali non sempre sopravvivono. I caprini sono infatti capaci di resistere alle basse temperature, ma non sopportano la pioggia e la neve caduta sul corpo, tanto che tendono a ripararsi da esse correndo alla ricerca di sporgenze rocciose o alberi.

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Vita di un tempo

Vi delizio con una narrazione della cara amica Lia che con il suo sguardo particolare ed attento ci racconta della pastorizia in montagna. Le borgate di cui parla sono situate nelle Valli di Lanzo (To) ma si può dire che la situazione era simile anche nelle altre vallate alpine.

Non molto tempo fa le nostre borgate e le nostre valli vivevano di pastorizia; ogni borgata era piena di vita, vi abitavano parecchie famiglie e ognuna di queste possedeva come minimo due mucche, alcune capre e anche pecore, specialmente queste, per la produzione della lana. Coloro che possedevano più capi erano considerati benestanti o quasi ricchi.

Alpe d'Attia - Transumanza
Alpe d’Attia – Ultimo tramud in luglio

In estate gli animali venivano portati sugli alpeggi, in alta montagna, oppure nelle baite, piccole, di bassa altitudine, ma molto salubri: così che gli animali davano un latte nutriente e molto abbondante.

Ricordo sempre la settimana dopo Pasqua: quando il parroco saliva nelle borgate a portare la benedizione nelle case e nelle stalle. In ogni stalla era appesa l’immagine di S. Antonio Abate protettore dei contadini e degli animali. Era una fede semplice, vera, fatta di rispetto verso Dio, creatore dell’universo; era la speranza della risurrezione di Gesù e della nuova vita.

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Far nascere un filo d’erba (Vassola, un mondo dimenticato)

pascoloDopo il post sull’incantevole Vallone di Vassola descritto da Pier Luigi Mussa, che ci ha fatto così conoscere un mondo straordinario fabbricato dalla natura con la complicità dell’uomo, possiamo tentare di osservare questa valle sospesa indossando i panni del mandriano.

Forse avete già fatto un’escursione nel Vassola (o in altri luoghi simili ricchi di testimonianze di chi praticava la transumanza) e forse qualche domanda, su come potevano vivere i montanari per tre mesi all’anno in valloni così severi, ve la sarete posta, mentre scorrevano, lungo il vostro cammino, i segni inequivocabili degli ultimi colonizzatori dell’alta montagna.

Se quelle domande scabrose vi hanno scosso l’anima mentre eravate rapiti dalla bellezza di un manufatto di pietra creato da natura e uomo, allora è arrivato il momento di incontrare alcune risposte grazie a Maddalena Vottero-Prina che ci fa conoscere un mandriano di altri tempi.

Al termine troverete la sezione della carta n. 8 “Valli di Lanzo” ad alta qualità, relativa all’alto Vallone di Vassola. Ringrazio sentitamente Mario Fraternali per la gentile disponibilità ad aiutarci a comprendere con più chiarezza e profondità il territorio delle Valli di Lanzo, di pregevole valore paesistico, sia naturale che culturale.

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La festa è finita

IMG_0835aMi è sempre piaciuto pensare che per gli animali che hanno passato il lungo inverno chiusi nelle stalle, la salita in alpeggio e l’estate trascorsa all’aperto sui monti fossero una festa. E che sicuramente fossero animali più fortunati rispetto ai loro simili, chiusi per tutto l’anno nelle stalle di pianura.

Quest’anno, per molti di loro, la festa è finita all’improvviso con la nevicata di due sabati fa. In tutta fretta, la mattina di domenica, le mandrie hanno dovuto abbandonare l’alpeggio perché non c’era più da mangiare, l’erba ancora verde improvvisamente coperta da una quindicina di centimetri di neve.

L’operazione è anche rischiosa per gli animali non abituati a camminare sul terreno particolarmente scivoloso. Continua a leggere “La festa è finita”

L’esperienza del margaro. Un anno dopo

arcobalenoE’ trascorso un anno dalla prima esperienza in alpeggio di Felice Alberto e Piergiuseppe (qui il loro post del 4 settembre 2012) e adesso, oramai ragazzi, sono ritornati in montagna, testimoni attivi e partecipi di una civiltà alpina tramandata da generazioni.

Il loro sguardo ed il loro resoconto abbraccia, oltre alla pura vita d’alpeggio, anche alcune delle tematiche attuali con le quali tutti noi, che frequentiamo la montagna nel tempo libero, dobbiamo ineluttabilmente confrontarci: moto da trial che scorazzano sui sentieri impunemente, presenza di cinghiali introdotti negli anni ottanta del Novecento, il luogo montagna ed il suo delicato ecosistema, il susseguirsi delle stagioni della vita, e non solo…

Siamo molto felici ed onorati di poter pubblicare qui il racconto e le foto di Felice Alberto e Piergiuseppe, giovani italiani globalizzati, ma con splendide radici montane, e siamo sicuri che la loro esperienza li proietterà nel mondo degli adulti completamente consapevoli di quanto sia fondamentale ritrovare un sano dialogo con la nostra terra ed il nostro ambiente, senza mai dimenticare la cultura del limite.

Grazie ragazzi, siete davvero meravigliosi!

***

L’avventura, inizia il 2 di agosto per me, Felice Alberto “il grande” dato che ho già quasi 15 anni.

Felice Alberto al lavoro

Mia zia, mi accompagna dai “Gamba”, che mi ospitano all’alpeggio, al Ciavanis, (forse è il caso di ricordare che “il Ciavanis”, è un santuario di montagna, a 1800 metri di altezza, sopra Chialamberto -TO-), ci eravamo già accordati con i fratelli Gamba, nella prima settimana di luglio, pertanto al mio arrivo in alpeggio, dopo chiaramente i saluti e i brevi racconti dell’anno passato, inizia il divertimento. Continua a leggere “L’esperienza del margaro. Un anno dopo”