“Sentire l’aria” (2010)

Film di 110’ di durata (DVD + libro), prodotto da Prospettiva Nievskij in collaborazione con la Camera di Commercio di Biella, regia di Manuele Cecconello, fotografie del libro di Andrea Taglier.
Tra poco sarà disponibile anche in blue-ray disc.
Per ordini scrivere a Manuele Cecconello al seguente indirizzo e-mail: info@prospettivanevskij.com

Quando ho visto il film, dopo pochi istanti ho compreso cosa implicasse il significato del titolo “Sentire l’aria”: si è trattato di un’emozione fortissima, come se da echi di d’annunziana memoria emergesse un verso chiave de “La pioggia nel pineto”.
Recita: “Taci”.
Perché in quella poesia idilliaca e contemplativa di un letterato superomista e di voyeuristica memoria, ho svelato per me l’approccio a questo particolare film documentario di Manuele Cecconello, in cui si è invitati a entrare in silenzio per poter godere della storia e dello spirito dei luoghi.
Per poter così, “sentire l’aria”, la solitudine della montagna e dei suoi pascoli.
Andrea (Maffeo), giovanissimo protagonista, rappresenta la fusione quasi sacra tra l’uomo e la montagna, ma soprattutto l’incontro, vissuto con lucida realtà dei fatti, tra un “lavoro” – come egli stesso lo definisce – cioè quello del pastore, e la vita ai nostri giorni per un ragazzo come lui, ora appena diciottenne.
Il film, girato tra le montagne biellesi, non si sofferma sull’origine borghese (madre insegnante e padre medico) di un giovane che sceglie per il proprio futuro un mestiere di sempre più rada memoria, ma sul luogo di rappresentazione ed i fatti personali che vi si svolgono, quasi ciò facesse parte di una pièce teatrale, tuttavia reale, girata in presa diretta e perciò ancor più vera.
Le voci ed i suoni della natura ci sono tutti, e se chiudiamo gli occhi immaginiamo anche gli odori…

Il merito è dell’impronta scelta dal regista, che vede la cinepresa come una sorta di cornice fissa a disposizione di azioni che al suo interno si dipanano con assoluta naturalezza, come se la sua volesse essere una presenza in punta di piedi per non distrarre l’operato dell’uomo immerso nelle proprie faccende quotidiane, che non recita, ma lavora, ed è semplicemente sé stesso.
La staticità che caratterizza l’uso della cinepresa per quasi tutto il tempo, lascia così che sia la realtà ad emergere, e non la poetica dell’autore, conferendo così massima espressione ed esaltazione alla storia, senza forzate o pesanti sottolineature.
Il pubblico diventa neutrale rispetto a quanto accade, e può penetrare nella storia solo attraverso il proprio “sentire” (anche l’aria), non vi ci è introiettato da inquadrature/visioni mobili e nervose, quasi da steady-cam. Chi si “muove” molto tende a trasportare lo spettatore nel proprio personale modo di vedere il mondo, mentre in questo caso siamo dinnanzi sì, ad una poetica, ma che vuol lasciar fluire la vita per come è, creando uno spazio mentale autonomo per ognuno di noi, concentrato sulla naturalità dell’azione.
La visione del regista potrebbe essere paragonata a quella degli albori del cinema, così come alla passione per l’inquadratura fissa di autori come Ingmar Bergman (che proveniva dal teatro), oppure anche ad alcuni film volutamente “imperfetti” sotto varie caratteristiche della nouvelle vague francese.

SAM_0794Cecconello dipinge il mondo di Andrea dal cavalletto della propria cinepresa, consegnandoci la memoria di una realtà che va scomparendo, ma anche i problemi del mestiere raccontati dal ragazzo con parole semplici, in un timido italiano impastato anche di ruvido dialetto, dove il concetto principale è che la mentalità cambi perché il mondo del pastore possa ancora esistere, e non estinguersi.
Oltre ad una dura scelta di vita, Andrea riesce a focalizzare nel “lavoro” del pastore anche quest’illuminazione fondamentale.

Grazie al regista, lo spettatore attento può spaziare nel suo quadro che sta dentro la cornice (di cui il suo splendido film è il frutto) e cogliere così l’inafferrabile, la purezza della realtà in tutta la sua primitività, ovvero pure i gesti atavici che si ripetono dalla notte dei tempi… dare il fieno e la pietanza alle pecore in un prato d’inverno … la transumanza da un luogo ad un pascolo e viceversa … la cura delle bestie e la tenerezza per gli agnelli più piccoli … il difficile attraversamento dei centri abitati sempre più estesi e trafficati…l’arrivo all’alpe quasi al buio, seguito da un tratteggio di pecore bianche che sale e scende le schiene dei crinali della montagna …. la cena preparata nella solitudine dell’alpeggio, più una grotta di lose che una baita, dove occorre fissare il paiolo nel camino e bollire l’acqua per la pastasciutta … il bottiglione di vino che viene poggiato sulla tavola essenziale, ed il bicchiere rituale, proprio come i “grandi”, proprio come i pastori.
Andrea in questi pochi anni, è diventato più grande di tanti ragazzi della sua età.
Niculin, pastore da sempre e mentore del ragazzo, non ha più nulla da insegnargli, anche perché “il mestiere si ruba con gli occhi”.
Eppoi si sa che l’uomo di montagna ha sempre usato poche ed essenziali parole.
Ora, Andrea è finalmente il pastore che voleva diventare e può vivere in montagna con le sue prime 300 pecore.
Le pecore sono ancora fonte di reddito, per il latte, la lana – il biellese è sempre stato noto e pregiato luogo di filatura e tessitura – ed il film ci trasporta brevemente pure nel mondo che gravita intorno ad esse, dandoci la dimensione di quanto del nostro quotidiano sia riconducibile a lassù, dove si “sente” l’aria, e non solo “made in P.R.C”. …

20090718-0229Il film è venduto inscindibilmente ad un libro di splendide fotografie di Andrea Taglier, creando – a voler vedere – quasi un’opera unica, tale e tanta è la sinergia con cui le due modalità espressive possono arrivare a compenetrarsi.
Le immagini di Taglier sono una sorta di standing still, ovvero quasi fotogrammi dello stesso film ma visti con altri occhi, che ci permettono di cogliere anche i dettagli ed i particolari che nelle grandi tele di Cecconello non balzano agli occhi.
Ecco quindi che la macchina fotografica mette in rilievo, isola, vede altri orizzonti, altri scorci della stessa realtà…
“Sentire l’aria” attribuisce voce a chi non ne ha o non ne ha mai avuta abbastanza.
Nella spontanea teatralità in cui rappresenta il mondo considerato dei vinti, dà luce al nostro giovane Andrea, ai suoi sogni, al suo non volersi lasciar confondere dal clamore mediatico che ha suscitato la sua scelta, non solo dettato dalla sua innata timidezza, ma soprattutto dai suoi sani principi (ha rifiutato partecipazioni a varie trasmissioni televisive, ribadendo così il suo voler restare e diventare sempre più sé stesso, e non un fenomeno da baraccone per un giorno).
E’ anche di giovani così che ha bisogno il mondo di tutti, e pure di loro occorre andar fieri.
Pastori, falegnami, panettieri, idraulici, tappezzieri, meccanici, elettricisti, muratori… Per amore e vocazione, e non per dovere.

20090827-0009Vorrei concludere con alcune frasi tratte dal libro di Simone Perotti, “Avanti tutta” (Editore Chiarelettere, 2011):

“…Bisogna dare senso al nostro tempo non solo perché è poco, ma per un’etica della vita che abbiam perduto. Che il mondo finisca oggi oppure no, oggi noi siamo qui, e la cosa grave non sarà scomparire, ma non essere mai stati… Non siamo mai stati quando ci pensiamo su troppo, oppure quando decidiamo impulsivamente, mentre il cambiamento è un processo, un percorso, da iniziare subito, ora, e a cui lavorare a lungo, dando senso alla nostra vita. Prima che cambiare sia troppo tardi.”

Buon viaggio, Andrea…

Souleiado

2 pensieri riguardo ““Sentire l’aria” (2010)

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