Le piste nelle Valli di Lanzo tra passato, presente e futuro

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Soci e simpatizzanti sono invitati a partecipare all’incontro – dibattito che si svolgerà mercoledì 9 novembre, alle ore 21, presso la Sala degli Stemmi del Centro Incontri “Monte dei Cappuccini” del CAI Torino – Salita al CAI Torino, 12 sul tema:

Le piste agro-silvo-pastorali nelle Valli di Lanzo tra passato, presente e futuro. Un caso attuale: il Vallone di Sea

Interventi:

Presentazione della serata e dei relatori da parte di Roberto FERRERO (Presidente CAI Torino)

La posizione del GR Piemonte da parte di Osvaldo MARENGO (CAI Piemonte)

Inquadramento del problema e presentazione degli interventi da parte di Matteo ENRICO (CAAI);

I Piani PSR. Paolo GHISLENI (Pro Natura Piemonte);

Il Passato:
La situazione piste nelle Valli di Lanzo – un caso limite: la pista di Pera Berghina – Giuseppe LEYDUAN (Blogger Camosci Bianchi);

Il Presente:
La costruzione di nuove strade con i contributi europei. Il caso Sea. Le ragioni che si oppongono a un possibile scempio. Intervengono:
• Marco BLATTO (giornalista e scrittore). Vallone  di Sea. Estetica di un paesaggio unico;
• Paolo BARILLA’ (geologo). Il quadro del dissesto idrogeologico nel Vallone di Sea;
• Sergio CERUTTI (Scuola Nazionale di Alpinismo “Giusto Gervasutti”). La posizione delle Scuole di Alpinismo;
• Rappresentante LPV. La posizione del CAI;

pista-per-alpe-pian-gioeIl Futuro:
• Ugo MANERA. Un po’ di storia alpinistica del Vallone e un ricordo dei suoi scopritori: Motti, Grassi, Meneghin;
• Matteo ENRICO/Luca ENRICO (CAAI). Il progetto di recupero delle pareti del Vallone;
• Interviene Fabio SANTO, capogruppo di minoranza del Comune di Groscavallo. Il rilancio della Valle, tra nuove opportunità turistiche e il recupero intelligente di alpeggi abbandonati.


Dibattito
finale


+leggi il post “Nuova ondata di piste nelle Valli Lanzo

+leggi il post “Basta schiaffi!

+ leggi l’articolo “Il Vallone di Sea e la posizione del CAI Torino”

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25 pensieri riguardo “Le piste nelle Valli di Lanzo tra passato, presente e futuro

  1. Se ti (vi) può consolare qui da me in Ossola si devastano boschi con orripilanti piste per il downhill (val Vigezzo) si distruggono antiche mulattiere walser per consentire il passaggio delle jeep (val Formazza) sentieri millenari x raggiungere un alpeggio che non ho mai visto inalpato (val Vigezzo) per non parlare delle cave che hanno fatto a pezzi , letteralmente, la valle Antigorio. E senza neanche un battito di ciglia.

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    1. Cara Livia, con profondo dispiacere per quanto successo dalle tue parti, posso solo risponderti con le parole di Raffaele La Capria:

      «una lapide nera dovrebbe ricordare i nomi dei sindaci e dei pubblici funzionari che hanno concesso i permessi, per maledirli in nome del popolo italiano e additarli alla pubblica esecrazione».

      http://www.corriere.it/cultura/15_dicembre_16/capria-libro-ultimi-viaggi-nell-italia-perduta-a4d8d86c-a3df-11e5-900d-2dd5b80ea9fe.shtml

      Grazie del tuo commento.

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  2. Nello scorso mese di agosto ho assistito al tentativo, fallito, di mettere in sicurezza il percorso Pian della Mussa-Vallone di Sea attraverso il Ghicet di Sea (uno dei tanti progetti finanziati e spesso inutili quando non dannosi…). L’escursionismo sarà fondamentale per il futuro turistico delle nostre valli, ma il vallone di Sea non può avere passaggi praticabili per l’escursionista medio, ad eccezione forse del Colle dell’Ometto. Meglio quindi che rimanga un’enclave a protezione totale, mentre nel resto del territorio l’apertura di nuove piste e soprattutto la bitumazione delle stesse andrebbe attentamente valutata, essendo un intervento irreversibile. Meglio sarebbe curare la rete dei sentieri, ora lasciata alle forze meritorie ma necessariamente limitate dei volontari del CAI. Basta vedere il caso del sentiero GTA, fondamentale per l’economia turistica dell’alta valle (a Balme sono ben tre le strutture che ci campano) e che versa in stato di deplorevole abbandono, come lamentano i numerosi escursionisti del nord Europa.
    Giorgio Inaudi

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  3. Ciao Giorgio, se vieni a Torino alla serata del 09/11, sarebbe interessante un tuo intervento.
    Mi farebbe piacere. Se vuoi, chiedi all’amministratore del sito la mia mail/telefono.
    1991: facemmo una gita insieme con il CAI di Ala con traversata all’Averole!
    Matteo Enrico

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  4. Ho letto l’illuminato parere della Sindaca

    e chi non la pensa così…. sono solo pecorelle!

    Interessante comunque sapere che gli alpeggi di Sea saranno dotati di corrente e acqua potabile, ma nulla in merito a un serio piano economico di costi e benefici.
    Evidentemente le ricchissime casse del Comune, oltre a poter sostenere la quota per la costruzione della strada e la sua manutenzione, saranno anche in grado di garantire la ristrutturazione modello degli alpeggi di sua proprietà.
    E poi si parla di crisi….

    Marco B.

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    1. Interessante che al dibattito ci sia l’intervento della minoranza e non di un rappresentante della giunta che, forse, avrebbe potuto illustrare come finanziare la quota parte per il recupero dell’alpeggio. Ma meglio non avere un parere diverso, altrimenti chi contiene le urla degli Enrico, memori dell’incontro pubblico di settembre? A voi non interessa un confronto

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      1. Caro anonimo
        Mi sembra siano due mesi che si chiede di capire se vi sia un reale beneficio fra investimento e ritorno economico (tralasciando ilfattore ambientale) e neppure sul giornale e in assenza di contraddittorio, la Sindaca snocciola un qualche numero. La sua descrizione mi pare più appartenere al paese delle favole, tanto che dà quasi l’impressione di non esserci mai stata in Sea a piedi.
        Visto che comunque sono pecorella, accetto di buon grado: il mio buon gusto ( e l’essere pecora) mi consiglia di astenermi da facili controbattute…
        Marco B

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  5. Caro Anonimo, inizia ad avere il coraggio di firmarti. Mi spiace contraddirti subito, ma la SINDACA di GROSCAVALLO è stata UFFICIALMENTE INVITATA alla SERATA. A questo punto, mi pare doveroso che venga per spiegare le sue ragioni. Se non verrà, beh, ognuno trarrà le sue considerazioni. Ricordale l’invito se la vedi, mi farebbe indubbiamente piacere averla alla serata. Ti ricordo infatti che fino a prova contraria, io mi sento di vivere in democrazia.
    Sulla serata, penso che ci siano molti testimoni, e nessuno di noi si è mai sognato di urlare. Chi sta “urlando”, nel senso di protestare, sono le centinaia e centinaia di persone che si stanno mobilitando contro la possibile distruzione di un ambiente unico. Nessuno vuole vedere un’altra Pera Berghina, né ora né mai. Capisco che avere molte voci che dissentono dia fastidio, ma siamo in democrazia.
    Matteo ENRICO – uno che non ha paura di firmarsi.

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    1. Come viene scritto in tanti post c’è il timore di ripercussioni ma tu critichi l’anonimato solo di chi discute il tuo pensiero. Complimenti! Tranquillo, il tuo ruolo di Salvatore non verrà scalfitto. Forse solo ben strumentalizzato

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      1. Caro Anonimo, perché non hai il coraggio di firmarti? Ma dove vivi? In uno stato di polizia? Tipo ex URSS?

        Sei un cittadino di un Paese dove per dire quanto hai scritto non c’è bisogno di nascondersi.

        Per caso hai paura che ti facciano delle ritorsioni? Che ti tolgano il saluto quelli delle Val Grande? Oppure che non entrino più nella tua bottega? O che ti taglino le gomme della tua auto?

        So perfettamente perché chi sa non ha il coraggio di esporsi. Perché vige il pensiero mafioso e questo mi è stato confermato da più persone che vivono 365 giorni all’anno nelle Valli di Lanzo.

        “Non dire che te lo detto io perché poi subisco ritorsioni! Tu non sai cosa vuol dire vivere da queste parti! Tu non sai cosa vuol dire non essere d’accordo con i gruppetti di potere, le lobby, le piccole élite locali che sono i capi clan! Sai quante persone sono d’accordo con quanto scrivi ma non possono dirlo su Facebook perché poi vengono messe alla gogna ed espulsi dalle tribù come se fossero dei reietti!”.

        E’ uno schifo. Siamo nel XXI secolo e non nel Medio Evo. Abitiamo il profondo Nord Ovest dell’Italia, ad un’ora da Torino, non dalla Locride.

        Ne prenda atto la politica, quella regionale e nazionale. Ne prenda atto l’Europa con le sue strategie per lo sviluppo. Ne prendano atto i mass media. Questo è degrado culturale, povertà e forme di violenza che non sono ammissibili in un Paese europeo.

        Questi sono atteggiamenti assolutamente condannabili che frenano le prospettive di un avvenire migliore, soprattutto per le nuove generazioni.

        E quelle porcate di piste spalamate nelle Valli ne sono la piena manifestazione.

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  6. Personalmente credo che dovremmo smetterla con l’anonimato, la divisione in fazioni, le ripicche, le ripercussioni, la revoca del saluto. Se imparassimo per tempo a sederci tutti intorno a un tavolo, a condividere, ad ascoltarci e a proporre alternative, non si giungerebbe ai livelli di scontro attuali. Io posso avere un’idea diversa da un altro, anche con posizioni “dure” ma possiamo collaborare e parlarci su altre 10. E questo per un bene comune, che dovrebbe essere al primo posto rispetto a “particolarismi”. La mancanza di comunicazione iniziale e la condivisione con largo anticipo degli intenti, ha provocato inevitabilmente la corsa ai ripari e lo “schieramento di truppe”. Questa è senz’altro una pecca strategica che il comune ha avuto. Le posizioni troppo dure, l’anonimato seguito a certe affermazioni ed altre azioni contro la persona del sindaco (che dice di aver ricevuto – e che condanno senza se e senza ma) hanno provocato la chiusura della parte opposta. Penso che si deva tornare a un tavolo per dialogare e che serva di lezione a tutti per futuri casi simili, dove il maggior coinvolgimento possibile è frutto di arricchimento e di idee. E’ attraverso una condivisione chiara di progetti e intenti che si possono trovare posizioni condivise. Ascoltare “l’altro” è essenziale! Così come dire no sempre a tutto per partito preso non porta da nessuna parte.

    Marco Blatto

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  7. Hai ragione Marco, è proprio sulle cose concrete che ci si dovrebbe misurare analizzando pro e contro.
    Ad esempio: nelle intenzioni degli amministratori la strada è necessaria per il recupero degli alpeggi e agevolare (ci mancherebbe altro) la monticazione e la produzione casearia.
    Nel territorio di Groscavallo la strada Rivotti/Gias Fontane (gìà negli anni 80 pesantemente criticata) ha, senza ombra di dubbio, raggiunto questo scopo: qui però parliamo di pascoli di una estensione immensa, e forse il numero degli animali è addirittura sottodimensionato rispetto alle possibilità.
    In Sea invece, il terreno adatto al pascolo bovino mi pare essere limitato ai tre ripiani ove sorgono gli alpeggi, da sfruttare ovviamente in sequenza, se si vuole monticare per l’intera stagione estiva. Il resto è buono solamente per le capre (allo stato brado, ma poi il lupo…).
    Io non sono in grado di dare numeri, ma questi sono necessari per valutare economicamente l’opera.
    In base alla capacità di pascolo si dovrebbe anche stabilire il rientro economico della costruzione della strada e del ripristino degli alpeggi; ad esempio di fronte ad un investimento (per difetto) di 250.000 Euro, mi aspetterei che il comune ammortizzi la spesa in almeno una ventina di anni. Questo vuole dire un canone di affitto superiore a 10000 euro all’anno.
    Questo canone è compatibile con le capacità che la valle può offrire all’allevatore?
    Ritengo che queste valutazioni siano necessarie se si vuole fare un investimento del genere finalizzato esclusivamente all’ allevamento.
    Senza dubbio più semplice il rientro dei costi per la costruzione di una strada destinata allo sfruttamento forestale, qui diventa davvero una questione paesaggistica e di buon senso.
    Ad esempio vedrei anche favorevolmente una forestale che, partendo tra Migliere e Bonzo, raggiungesse gli Alboni: con questa in un colpo solo si avrebbe lo sfruttamento del bosco, si potrebbero raggiungere le numerose borgate/baite sparse e soprattutto una via alternativa per gli Alboni considerato che la strada attuale potrebbe franare in ogni momento e lasciare la frazione isolata (come è successo diverse volte).
    Questa mia posizione su Sea non mi pare così preconcetta, semplicemente ritengo che la prima valutazione debba essere meramente economica, e solo se dimostrata allora si potrebbe poi passare alla valutazione ambientale dell’opera. (e lasciamo al momento perdere i discorsi sull’economia del paesaggio).
    Saluti
    Marco Bologna
    ,

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    1. Io abito a Mogliasso da 12 anni e sono costretto a portare tutto a spalla o per i carichi pesanti uso una carriola meccanica su per la mulattiera da Bonzo ad Alboni; questa mulattiera è sovente inpercorribile causa caduta alberi o devastazioni dai cinghiali. Sarebbe bello poter usufruire di un percorso migliore che servisse anche a riutilizzare tutta quest’ area che un tempo era coltivata; qui viveva la famiglia di mio nonno e tante altre famiglie. Distinti saluti Christian Bonadè

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  8. L’altra sera in una sala gremita del Monte dei Cappuccini si è tenuta un incontro dedicato alla “questione strada di Sea” e alle “piste agro-pastorali” in Val Grande di Lanzo. Personalmente, ho trovato gli interventi dei relatori interessanti, in particolar modo quello del geologo Paolo Barillà conoscitore del vallone fin dai tempi universitari, che ha dipinto, sulla base di dati oggettivi, una situazione piuttosto inquietante. Detto questo, vorrei però fare una considerazione personale che non necessariamente trae origine dalla mia posizione, che rispetto a quella dei contrari oltranzisti o dei favorevoli oltranzisti, mi vede interessato a un confronto su dati oggettivi e a un tavolo dove davvero ci sia la disponibilità di tutti a dialogare. Perché le chiusure totali non portano mai a nulla di buono, specialmente quando è in gioco il futuro di tutti in una valle. E tra questi “tutti” inserisco ovviamente gli allevatori e coloro che in montagna ci abitano davvero e ci lavorano. La serata avrebbe potuto essere l’occasione per un confronto aperto tra posizioni diverse. I favorevoli avrebbero forse scoperto qualche dato interessante e i contrari avrebbero sentito le ragioni di un progetto, che comunque esistono e sono condivise da molti. Il fatto di non aver invitato la Sindaca a parlare ufficialmente in quel contesto è stato un gravissimo errore. Non si può, poi, mandare un invito a presenziare (ed eventualmente intervenire) quando sulla locandina sono indicati con nome e cognome tutti coloro che faranno un intervento ufficiale. E non si può quindi pretendere che la Sindaca venga, in una situazione già di presunta ostilità e con questo grave vizio formale che la porrebbe in una condizione non adeguata. Pur non partecipando, inoltre, la Sindaca Dafarra aveva mandato una lettera al presidente del Cai Paolo Ferrero, dando allo stesso incarico di lettura. Ora, non so quali siano i motivi che abbiano portato a questa omissione, secondo me imperdonabile. Non so se sia cosa voluta o causata da un mancanza di tempo. La scusante però non esiste. L’intervento avrebbe dovuto essere letto all’inizio della serata. Trovo questi due episodi davvero sgradevoli, che non aiutano a recuperare un confronto serio ed aperto che finora è mancato, e per cui personalmente cerco di lavorare. Non è questo il contesto entro cui intendo manifestare le mie perplessità o formulare delle proposte. Ho sempre pensato che tra “avversari” debba esserci un clima cavalleresco e di reciproco rispetto, indispensabile per favorire l’ascolto ed eventualmente trovare una soluzione accettabile. Questo indipendentemente dal comportamento dei miei “avversari”. Abitando in valle credo che la questione Sea non deva impedire la collaborazione fattiva su altri progetti, perché la divisione netta tra noi valligiani non conduce ad alcun bene comune. Che in certi termini, mi spiace, ma è principalmente nostro. Forse, però, tutto ciò è difficile da comprendere nelle prestigiose sale del sodalizio subalpino.

    Marco Blatto

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  9. Chi è stato nel vallone di Sea sa bene che non ci sono risorse da sfruttare. Non c’è bosco, soltanto magri pascoli buoni al massimo per allevare bestiame allo stato brado. L’unica risorsa di tutta l’alta valle è il turismo escursionistico, che può anche aiutare a sopravvivere quel po’ di allevamento che rimane. Ma questo tipo di turismo non ama le strade e le piste, chiede sentieri con un minimo di manutenzione. Questa potrebbe essere assicurata da cooperative che darebbero anche lavoro localmente. Ma gli amministratori troppo spesso preferiscono i pingui appalti legati alle lobbies delle ruspe, del cemento e del bitume. La popolazione residente vive delle risorse sempre più magre di una villeggiatura sempre più sparuta e di un turismo di prossimità (Torino e basso Canavese) che si traduce in una frequentazione mordi e fuggi. Talvolta viene illusa ad avallare grandi e inutili infrastrutture dal miraggio di favolosi investitori magari inglesi o americani (vedi il caso grottesco di Ala di Stura una ventina di anni fa…). L’unica via per permettere la sopravvivenza dignitosa di abitanti dell’alta valle è la gestione di un turismo escursionistico rispettoso dell’ambiente e curioso dell’identità valligiana. Come avviene, con successo, in altre zone delle Alpi. Questo turismo già esiste e il caso di Balme ne è la prova. Dieci anni fa il paese non aveva più né un posto letto né un ristorante. Ora ci sono tre strutture ricettive, tre ristoranti e una pizzeria, che vivono prevalentemente sul GTA e sul suo indotto (cresce il numero degli stranieri che arrivano a piedi e poi tornano in auto, non soltanto d’estate, per conoscere meglio l’ambiente). Nelle domeniche d’estate, quando sono di turno nel piccolo museo delle guide, ascolto i commenti dei frequentatori stranieri (ho la fortuna di parlare francese, inglese e tedesco…) e tutti mi ripetono che ciò che li attira nelle Valli di Lanzo è proprio l’ambiente selvaggio ed incontaminato. Fino a quando?

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    1. Come sarebbero ricche di sano avvenire e colme di prosperità le Valli di Lanzo se in ogni villaggio ci fosse un Giorgio Inaudi.
      Grazie infinite per farci conoscere, apprezzare ed amare la cultura e la storia delle alti Valli.
      Che la tua straordinaria e generosa opera di divulgazione sia di esempio per tutti, in particolar modo per le nuove generazioni, e stimolo per continuare a camminare sui sentieri con immedesimazione empatica.

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  10. Ho sempre detto che Balme rappresenta un’isola anomala nel panorama valligiano, fatto questo riferibile anche a una certa “anarchia” storica degli abitanti che sono rimasti come una “riserva indiana” nel senso migliore del termine. La comunità non è stata snaturata come in altri contesti e si è sempre un po’ autoregolata pur con dissensi interni anche molto forti. Sul piano teorico il discorso è condivisibile ma poi bisogna fare i conti con la realtà di altri contesti, come in Val Grande. E allora bisogna capire come disinnescare la convinzione che la strada è “sempre bene”, comunque vada (ricordo che anni fa si inneggiava al Tunnel con Bonneval o a fantasiose funivie-seggiovie). E questo non si può fare dicendo che la strada/pista è sempre male, perché la storia dimostra diversamente. Oggi al Pian della Mussa la strada non la voterebbe nessuno ma cosa sarebbe il Pian della Mussa se non fosse stata fatta una strada (asfaltata). Non serve dire no o dire sì senza dubbi e solo con certezze. Servono dati oggettivi su cui confrontarsi, progetti credibili. Non si può fare una strada solo basandosi su supposizioni e semmai ci fosse un progetto credibile bisognerebbe essere pronti a confrontarsi. Tutto alla luce del sole. Hai un progetto? Discutiamo! La prospettiva è un salto nel buio? C’è poco da discutere.

    Marco Blatto

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  11. Io credo che il Pian della Mussa, senza strada asfalta (o meglio, secondo me con una strada sterrata aperta ai soli aventi causa), sarebbe come la conca di Cheney o quella di Chamois, dove certo non mancano i turisti (che sempre di più cercheranno i posti, sempre più rari, dove non ci sono le auto). Ma ormai è inutile parlarne. Forse un giorno sarà deciso di regolamentare l’accesso, ciò che già in parte avviene con la sosta a pagamento, decisione che ha già molto migliorato la situazione senza apparentemente penalizzare il turismo. Del resto i turisti affollano il Pian della Mussa anche in inverno, quando la strada non è percorribile (due rifugi lavorano con questa affluenza di escursionisti al Pian della Mussa e due strutture ricettive a Balme).

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