Come una volta?

Poco importa se un sentiero lo percorri decine di volte. Ogni volta sarà diverso. Pensiamo poi a questo 2018, così insolito, dal punto di vista climatico, rispetto agli ultimi anni. Non ricordo ancora così tanta neve sopra i 2000 metri sebbene ci troviamo in primavera inoltrata. Ma questa montagna, così ricca di verde e bianco (l’azzurro non l’abbiamo visto molto…), com’è? Più vera? Più ricca? Più misteriosa? Più severa? Più silenziosa? Più rassicurante?
Ecco, la cosa che si percepisce immediatamente, anche senza percorrere sentieri, è che la montagna è molto più rumorosa perché i torrenti, con il progressivo aumento delle temperature, stanno rilasciando con gradualità imponenti quantità d’acqua. E’ ormai da qualche settimana che il fragore dei rii, di fondovalle o quelli di versante, ti accompagna costantemente. Questa è la prima inevitabile differenza del paesaggio montano (sì, perché credo che il paesaggio sia fatto anche di fondamentali elementi immateriali e invisibili, come i suoni della natura). Se è il silenzio profondo a contraddistinguere un inverno molto nevoso e con temperature “normali”, allora in primavera è il perpetuo fragore delle acque che restituisce anche un importante elemento paesaggistico delle Alpi. Di certo molto rassicurante, soprattutto quando noti come ogni versante sia solcato da rii e cascate che danno vita alla nuda roccia. E poi, quando si tratta di guadare, ti accorgi che finalmente in questa lunga primavera, la montagna è stracolma di energia. Fa quasi paura pensare di dover zampettare sui sassi ricoperti dalla corrente per proseguire lungo la tua ascesa. Questa meravigliosa sostanza arriva dagli estesi nevai che ancora si incontrano a quote relativamente basse per la stagione in corso. E’ davvero difficile credere di essere già a giugno e il confronto con gli ultimi anni ti lascia spiazzato e con mille domande.

Una per tutte: ma questa è la montagna di una volta?

 

5 pensieri riguardo “Come una volta?

  1. Domenica insieme a 2 amici del CAI abbiamo tentato il percorso ad anello da Balme ai laghi MErcurin e Ru , impressionante la quantità di neve …. i 2 laghi praticamente non li abbiamo visti . Ancora totalmente ricoperti.
    Ma i paesaggi,,, i bucaneve , gli stambecchi… tutto magnifico e con così tanta neve è stato anche sfidante non perdere la traccia e misurarsi con se stessi .

    Andrea M.

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  2. Non so se è come quella di una volta. Non mi è chiaro che significa “una volta”. Anche perché la nostalgia è una molla che ci spinge lassù (nostalgia in sé). Comunque anche in un passato lontano ci sono stati inverni avari di neve. E sono abbastanza “maturo” da ricordare anni come il 1977 e 78. Quando il 30 giugno si saliva con i ramponi il canalone delle Capre ingombro di neve pressata. Oppure a settembre si scendeva dal rifugio Cibrario nella gorgia sotto il piano dei Sabiunin ingombra di neve pressata pure quella. Dopo aver salito la Croce Rossa con piccozza e ramponi. Settembre come fosse maggio.
    Saluti

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  3. Caro Toni, credo che quella che tu hai descritto sia proprio la “montagna di una volta”. Mi sembra, correggimi se sbaglio, che non si parlava di mutamenti climatici e di zero termico a 5000 metri.
    Personalmente ho iniziato a prendere coscienza che qualcosa di grave stava succedendo, agli inizi degli anni 2000, quando ho incontrato in montagna rii completamente in secca. Mai visto prima. Per non parlare del veloce ritiro dei ghiacciai.
    Adattarsi a tutto questo non è facile.
    Preferisco vivere con questo clima, tanta neve e pioggia, piuttosto che mesi di siccità.

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    1. Secondo me è proprio la montagna “di una volta” con le stagioni “di una volta”…. Ma quella che viviamo sarà una situazione effimera. Montagne con così tanta neve ad alta quota saranno tra poco un ricordo…..
      Quest’anno la stagione primaverile è in effetti eccezionalmente piovosa ma la primavera piemontese è sempre stata piovosa. E fresca. Gli anni passati invece sono stati caratterizzati da stagioni primaverili decisamente differenti rispetto a quelle anche solo degli anni ’90 (per non andare troppo indietro nel tempo) e si sono contraddistinte per la loro eccessiva mitezza e scarsità (relativa) di precipitazioni. Prendendo in considerazione anche altre stagioni, nei decenni passati inverni nevosi come quello concluso o come quello del 2008/2009 avrebbero consentito ai ghiacciai di “caricare” neve e avrebbero rimpinguato le loro riserve gelate! In sostanza si sarebbero estesi o, almeno, non sarebbero “indietreggiati”. Oggi non è più così e anche se la primavera è stata sì molto umida ma non troppo diversa da quella che dovrebbe essere la “vera” primavera piemontese, non appena arriverà l’anticiclone africano allora la neve residua, che oggi costella ancora le nostre montagne a quote non troppo elevate, sparirà in un paio di giorni. E questo succederà anche alle quote più elevate. Alla fine dell’estate (stagione che ormai termina ad ottobre…..) i ghiacciai si saranno ancora ridotti. E alla fine dell’estate si tornerà alla “montagna di oggi”….. Ovviamente spero di sbagliarmi ma le estati torride degli ultimi 15 anni mi lasciano ben poche speranze….
      Stefano Boccardi

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