La “Distintissima alpinista”

Parete_Sud_Marmolada_www.ramellasergio.it
Parete sud della Marmolada
fonte: http://www.ramellasergio.it

Nei miei vagabondaggi in montagna sovente sono spinta dalla mia curiosità, senza avere una meta ben precisa. Talvolta ricalco le orme di un personaggio nato prima di me, altre volte inseguo i luoghi di una leggenda o di un romanzo appena letto. Altre volte, invece, calpesto mulattiere di montanari che mi hanno preceduto o percorro sentieri suggeriti da amici.

Nei sentieri virtuali amo seguire Katy Dartford, giornalista inglese televisiva e scrittrice di viaggi, molto attiva su Twitter.

In questo suo post, che prende spunto dalla partecipazione al Women’s Climbing Symposium tenutosi a Londra, ricorda il suo viaggio in Alta Badia dove ha inseguito nelle Dolomiti i passi dell’alpinista Beatrice Tomasson.

Ho approfondito, con curiosità, la vita e le imprese di Beatrice, definita da Arturo Andreoletti la “Distintissima alpinista”. 

Beatrice Tomasson - 1883
Beatrice Tomasson – 1883

Donna determinata e tenace, indipendente finanziariamente, intelligente e libera, rimasta nubile fino a 62 anni e poi sposatasi con un nobile scozzese, ottima amazzone e cacciatrice nonché pioniera nell’alpinismo tra il 1892 e il 1911.

Insomma, queste doti, nell’epoca vittoriana, la rendevano poco femminile e poco attraente agli occhi maschili ma soprattutto ingestibile.

E’ nata nel 1859 nel villaggio di Barnby Moor nel Nottingamshire e morta nel 1947 a Rusper nel Sussex. Suo padre era figlio di un industriale, la madre figlia di un contadino.

Studia il tedesco, parla correntemente l’italiano e il francese e pratica diversi sport.

Per alcuni anni, dal 1883 al 1885, fa la traduttrice.

A soli 22 anni si trasferisce in Prussia come istitutrice privata ritrovandosi alle dipendenze delle famiglie nobili prussiane: quella del generale Bulow e poi del generale von Knobloch.

Nel 1890 si accende la sua passione per l’alpinismo. Terminerà poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.

L’Alpine Journal parla poco di lei. Non fa parte dell’Alpine Club di Londra in quanto i genitori non rientrano nella ricca borghesia. E’ schiva, non racconta i suoi successi su giornali e riviste alpine d’epoca e spesso, per non far conoscere i suoi programmi, cambia guida alpina e itinerari.

copertina_libro_Salve Regina! La Marmolada dei pionieriE il mistero si infittisce… Come fa a pagare e ricompensare lautamente le prestigiose guide dell’epoca, i migliori alberghi e le trasferte frequenti in Italia? Probabilmente Beatrice fa parte dei servizi segreti tedeschi entrata grazie all’amicizia dei generali prussiani presso i quali aveva lavorato. La sua attività è quella di raccogliere informazioni di confine prima della Grande Guerra (ipotesi formulata da Bepi Pellegrinon nel suo libro “Salve… Regina – La Marmolada dei Pionieri“).

Anche grazie al suo lavoro di segretaria privata riesce a mantenersi: “A Burntwood Hall è stata assunta come segretaria privata con un reddito di circa 150£ l’anno, suo fratello, capo della polizia della contea di Nottingham, guadagnava invece 450£ l’anno. In questo modo avrebbe potuto pagare le guide molto generosamente per l’impresa della Marmolada“… (ricerche fatte da Hermann Reisach – guida alpina e co-autore del libro di Pellegrinon – pubblicate in un articolo sull’Alpine Journal del 2001).

E’ di Beatrice la prima salita sulla Parete Sud di Punta Penia (Marmolada, dislivello 695 m, sviluppo 1000 m, 5° max, difficoltà D+, tempo previsto 9 ore senza considerare l’avvicinamento). Una via classica tra le più impegnative delle Dolomiti. Insieme a lei le due migliori guide dell’epoca: Michele Bettega e Bortolo Zagonel. E’ il 1 luglio del 1901.

Dopo diversi tentativi e perlustrazioni iniziati l’anno prima, grazie a Luigi Rizzi assoldato dalla Lady Inglese, l’ascensione è completata in un solo giorno (12 ore di scalata e le ultime compiute nel corso di una tempesta).

Giunti in cima Beatrice stappa una bottiglia di champagne, come d’abitudine tra gli scalatori inglesi. La discesa avviene con le pedule fradice perché uno dei portatori, arrivando dal ghiacciaio sottostante la vetta, ha dimenticato quelli asciutti.

Beatrice Tomasson e la sua guida Arcangelo Siorpaes - 1898 -
Beatrice Tomasson e la sua guida Arcangelo Siorpaes
– 1898 –
http://www.summitpost.org

Questa ascensione è stata persino messa in dubbio da diversi critici e dallo stesso Edward Broome che ha scritto sull’Alpine Journal, nel 1907, le sue perplessità in quanto dell’ascensione è trapelato ben poco.

Arturo Andreoletti, che è stato il primo italiano a scalare tale parete nell’agosto del 1908 con l’amico Carlo Prochownick e la guida Serafino Parissenti, ha indagato e raccolto ogni informazione possibile su questa vicenda intervistando anche la Tomasson.

Lo stesso Andreoletti riceve una lettera da Bettega il 4 luglio 1908 in cui si legge che il gruppo: “è salito da Caprile fino alla Malga Ombretta e bivaccato sul Passo Ombretta. Il muro e i camini sono stati i più difficili che io abbia mai fatto”.

Recentemente Bepi Pellegrinon ha scovato un rapporto dettagliato della prima ascensione di Beatrice che è stato inviato al segretario del Club Alpino Italiano da Nina Callegari, albergatrice dell’Hotel Belvedere a Caprile.

Tornando a Katy Dartford, è interessante soffermarsi sull’ultima foto del suo post. Si sta riposando dopo l’ascensione sulla Torre Bergen. E’ seduta. Tra le mani il libro di vetta umido, rimasto chiuso in una scatola di latta per tanti anni. Riporta come ultima data un ascensione fatta il 6 settembre 1997: come a dire che da allora nessuno è più salito lì.

Che sia uno dei miei prossimi viaggi?

***

Orme

Orme. Dopo di noi

testimoni misteriose di giorni felici

che giochi di vento

imprigioneranno

per sempre,

col nostro ricordo,

nelle immacolate nevi

d’ogni nostra vetta

sino all’estremo lembo

sotto l’alto azzurro

del cielo.

Ulderico Plemone

6 pensieri riguardo “La “Distintissima alpinista”

  1. Bello. Puntualizzo solo che la Tomasson non entrò a far parte dell’Alpine Club non già perchè non avesse un curriculum idoneo (a differenza del CAI, ieri, come oggi, nell’AC si diventa Full Member solo su cooptazione e non su iscrizione), o perchè non fosse altoborghese, quanto perchè come in molte altre istituzioni “vittoriane” l’ingresso alle donne era interdetto. Le alpiniste di punta inglesi fondarono in seguito il loro gruppo “accademico”, il L’Alpine Ladies Club” e furono ammesse in qualità di socie effettive nell’Alpine Club solo nel 1974!! Oggi sono molte le donne che fanno parte dell’AC in qualità di full member e molte sono le “aspirant”. Segno che i tempi sono per fortuna cambiati, così come la maschilista storia dell’alpinismo europeo.

    M.B. Alpine Club/Alpine Climbing Group

    "Mi piace"

  2. Molto interessante….e pensare che nell’Alpine Club entrò a pieno diritto una cagnetta, fidata compagna di un grande alpinista di cui ora mi sfugge il nome, ma per una donna all’epoca ciò era evidentemente impensabile…avrebbe dovuto essere un cane o quel cane, gulp!
    Souleiado

    "Mi piace"

    1. Nessun cane è mai stato inserito nella lista dei full member dell’AC. Non bisogna comunque confondere una “mascotte” con un’adesione a pieno titolo. Dubito che la cagnetta in questione avesse effettuato le “20 respectables ascents” richieste…
      La serietà alpinistica di questo gruppo è ineccepibile, e non è un caso per esempio che l’Alpine Journal sia considerato il miglior annuario di alpinismo del mondo. Così come il fatto che al GHM e all’AC sia affidato un patrocinio morale e tecnico dei Piolets d’or.
      Ricordo poi, per dovere storico, che il CAAI nei confronti delle donne si comportò ben peggio (basti pensare al caso di Bianca di Beaco)

      M.B.

      "Mi piace"

Commenta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.