Il sentiero effimero

Il primo ottobre dello scorso anno, con grande impegno ed entusiasmo, pubblico il post L’anello di Rocca Tovo ma se sapeste il tempo che ci ho dedicato, probabilmente mi dareste dello scemo.

Siamo in alta Val d’Ala, nelle Valli di Lanzo, e un sentiero storico è finalmente tornato in vita, consentendo di percorrere a piedi il versante Nord di Pian della Mussa, parcheggiando l’auto proprio sul confine con il Sito di Interesse Comunitario.

Tabella segnavia Cai – Regione Piemonte all’Agriturismo La Masinà, presente da diversi anni.

Wow! Finalmente si può fare escursionismo sul Piano senza percorrerlo con l’automobile per raggiungere qualche sentiero o qualche abbuffata in piole o pseudo rifugi? Ma davvero possiamo vivere quest’esperienza liberatrice? Finalmente non siamo condannati dai padroni del vapore (ops… del petrolio e affini, scusate) a pompare gas climalteranti in atmosfera proprio in habitat particolarmente pregiati e fragili? Finalmente possiamo indossare gli abiti di esseri umani non distruttori, ricercando una qualche forma (parziale, certo) di turismo sostenibile? Dopo anni di discussioni sulla necessità o meno di chiudere il S.I.C. Pian della Mussa al transito del traffico privato?

Lo zampino, per poter sognare una qualche forma di approccio no HIPPO alla montagna, ce lo mette il Cai di Lanzo. A settembre del 2020 una squadra di volontari riapre il sentiero che parte dietro all’Agriturismo La Masinà e raggiunge il Colletto del Tovo (2216 m). Siamo a 1750 metri, proprio all’inizio di Pian della Mussa, arrivando da Balme.

In giallo l’anello di Rocca Tovo (percorso in senso orario a settembre 2021) con partenza dall’Agriturismo La Masinà (in alto a destra dove è indicato “Prin”). Elaborazione su carta digitale Fraternali Editore n. 8 (Valli di Lanzo). Cliccare sull’immagine per ingrandirla (dal post “L’anello di Rocca Tovo“).

Forse non tutti sanno che i versanti nord delle Valli di Lanzo sono i più problematici per i sentieri perché la rigogliosa vegetazione, che esplode velocemente per le peculiarità ambientali (generalmente sono versanti più umidi e freschi, soprattutto quelli che “intrappolano” le nebbie che risalgono le valli), tende a farli scomparire nel giro di pochissimi anni, se non si interviene sistematicamente e costantemente.

Soffermiamoci su una foto eloquente della riapertura fatta a settembre 2020 dai volontari della sentieristica del Cai Lanzo:

In primo piano un picchetto segnavia, segnaletica ufficiale Cai – Regione Piemonte, posato lungo il sentiero La Masinà – Colletto del Tovo. Notate la larghezza della traccia dopo i lavori di pulizia dei volontari. Foto Cai Lanzo, settembre 2020.

Domenica 17 luglio 2022 (quindi meno di due anni dai lavori di pulizia) siamo sul sentiero per il Colletto del Tovo e questa è la situazione:

17 luglio 2022. Notate il picchetto nell’angolo in basso a destra. Notate soprattutto l’esplosione della vegetazione che ha completamento inglobato il sentiero riaperto neanche due anni prima. Confrontando questa foto con quella precedente, possiamo farci un’idea sulla problematica di questi versanti esposti a nord.

Una carrellata di foto per rendere l’idea delle condizioni di impraticabilità del percorso (ricco anche di buonissime ortiche per farci frittatine a km zero):

Un sentiero in queste condizioni è impraticabile e penso subito che non ha alcun senso lasciare le tabelle segnavia sia a valle (in partenza, vedete foto in apertura del post) che a monte, ovvero all’incrocio col sentiero n. 219, invitando così gli escursionisti a posare i piedi su percorsi repulsivi e anche pericolosi (non si vedono le asperità del percorso), sebbene circondati da bellezze naturalistiche di notevole pregio.

Quota 2097 metri, sull’incrocio col sentiero 219.

Dopo aver toccato la vetta di Rocca Tovo (2280 m), decidiamo di rientrare al Pian della Mussa da Pian Saulera, senza proseguire con l’anello lungo come invece fatto nel settembre dello scorso anno. Abbiamo il timore di ritrovarci in altri tratti di sentiero in pessime condizioni e non abbiamo alcuna intenzione di combattere ancora nella vegetazione invadente.

Ritornando al Piano penso a quell’entusiasmo vissuto scrivendo il post L’anello di Rocca Tovo, con il quale speravo di poter invitare gli escursionisti a conoscere correttamente un angolo meraviglioso delle Valli di Lanzo. Ora mi chiedo cosa penseranno gli eventuali lettori interessati a fare questo giro. Ma come, il Cai riapre un sentiero e poi lo abbandona al suo destino? E poi allora anche i volontari del Cai Lanzo sono un po’ tonti, come il sottoscritto che si è illuso di poter ritrovare percorribile una traccia traboccante di bellezza naturalistica? E tutta quella fatica spesa? A cosa è servita? Vogliamo mica pensare che il Cai spedisce dissennatamente i volontari a lavorare su di un sentiero effimero?

Asinelli nei pressi dell’Agriturismo La Masinà.

Se vi capiterà di passare dalla parti de La Masinà, noterete sicuramente un gruppetto di asini che pascolano pacatamente nei pressi dell’imbocco del sentiero. E sono proprio loro a darci la risposta corretta, sull’eventuale domanda che molti di voi magari si stanno ponendo, ovvero:

Ma quelli del Cai sono degli asini? Riaprono un sentiero a nord sapendo che dura al massimo un anno? E chi sarà poi a doversene occupare in seguito?

Sembra che in cambio del lavoro di pulizia del Cai, i signori de La Masinà abbiano promesso di far pascolare gli asinelli lungo il sentiero (prendere due piccioni con una fava: cibo e pulizia), e questo è indispensabile secondo le indicazioni dei volontari. Ma evidentemente non è successo.

La squadra della manutenzione sentieri del Cai Lanzo durante i lavori di riapertura del sentiero storico che sale da La Masinà. Foto Cai Lanzo, settembre 2020.
Foto Cai Lanzo, settembre 2020.

Ho cercato di metterla sul ridere ma in verità c’è da piangere, anche tenendo conto delle condizioni di molti bellissimi sentieri delle Valli di Lanzo e in pole position ci sono i tratti della Grande Traversata della Alpi (ora anche Sentiero Italia Cai), che non sono assolutamente curati. Qui la cosa si fa ancora più preoccupante perché il denaro per la manutenzione della GTA arriva ai Comuni interessati direttamente dalla Regione Piemonte. Ma che fine fanno questi contributi (diverse migliaia di euro per ogni tappa)?

Sulla GTA (Grande Traversata della Alpi) – Sentiero Italia Cai nel tratto Pialpetta – Colle della Crocetta. Val Grande di Lanzo. Giugno 2022.

Purtroppo in queste situazioni paradossali ci finisce anche questo blog che ha sempre cercato di fornire agli amanti della montagna accurati resoconti, riflessioni ed informazioni sui sentieri che abbiamo percorso e studiato. Credo che ben poche persone possano immaginare quante ore di lavoro richiede un post come L’anello di Rocca Tovo (anello che ora non esiste più). Anche in questo caso parliamo di volontariato che nasce per l’amore della montagna e di chi l’ha fabbricata. Erano i vecchi montanari, non di certo l’attuale specie mutante di estrazione cittadina, che presiede un territorio unico ma non compreso nei suoi intrecci tra cultura e natura. Dovreste vedere quanti valligiani, giovani e meno giovani che, pur avendo dietro casa sentieri stupendi, non indossano mai zaino e scarponi. Ma poi votano (almeno credo) per la montagna-luna park perché ignorano il mondo che hanno ereditato dalle precedenti generazioni di costruttori.

Segnaletica sbiadita sul tratto Balme – Colle del Trione della GTA (Grande Traversata della Alpi) – Sentiero Italia Cai. Val d’Ala. Aprile 2022.

Il problema centrale delle Valli di Lanzo è che non sono interessate ad attirare un turismo di qualità e di questo aspetto ne ho parlato nel post Sulla via della desertificazione. Nel caso particolare della rete sentieristica (che è una cosa viva) non basta che sia il Club alpino italiano ad interessarsi: tutti i valligiani dovrebbero trovare il tempo per farsene carico perché è in quella ragnatela che trovi la montagna, non di certo su di un nastro asfaltato e tantomeno su di una strada sterrata o su di una pista da sci. Quella rete è una rete di conoscenze, saperi, cultura, relazioni, osservazioni, riflessioni, domande… il tutto immerso in un ambiente magnifico. E’ questa la montagna.

D’altronde la panchinona (big bench, se amate avvitarvi nei nauseabondi inglesismi) piazzata a pochi metri di distanza dall’imbocco del sentiero degli asini (chiamiamolo così, con tutto rispetto per questi magnifici animali) dimostra che non c’è alcun interesse verso il turismo di qualità (culturale): si trovano soldi per dei pezzi di ferro ma non per fare la manutenzione ad un sentiero storico (tra l’altro all’interno di un S.I.C.), espressione della viabilità pedonale degli antichi abitanti delle Valli di Lanzo, cristallini edificatori di interazioni, ed infrastruttura fondamentale per lo sviluppo sostenibile (due parole, queste, ormai ripetutamente stuprate).

La panchinona nei pressi de La Masinà, vera attrazione culturale (effimera) del S.I.C. Pian della Mussa.

Questi fatti non fanno di certo onore alle Valli di Lanzo (e da questi parti c’è anche un “Villaggio degli Alpinisti”): comprendo perfettamente che tutti devono tirare a campare (e magari una big bench fa qualcosa in tal senso) ma le promesse si mantengono soprattutto se di mezzo c’è il sudore e la schiena piegata dei volontari del Cai.

Forse quel sentiero effimero possiamo eleggerlo a simbolo della nostra epoca, dove tutto dura niente. E in quel tutto ci stiamo buttando anche la biosfera, una fascia sottilissima della Terra dove è consentita la vita. Ma per prenderne coscienza, c’è proprio bisogno di un sentiero.

Grazie come sempre ai volontari della sentieristica del Cai.


Mi scuso con tutti i lettori per aver pubblicato il post L’anello di Rocca Tovo senza sapere in realtà dove sarei andato a finire.

La condanna (Pian della Mussa – Val d’Ala – Valli di Lanzo).

18 pensieri riguardo “Il sentiero effimero

  1. Ciao Beppe, il tuo post è fin troppo esplicativo riguardo ciò che avviene e avverrà ai sentieri riportati alla luce del mondo con tanta fatica. Si manterranno quelli che verranno percorsi più o meno frequentemente. Ovvero molto pochi. Perché non basta manutenere, a costo 0 se lo fa il CAI o pagando operai e ditte come regione o provincia o unione montana. Occorre che la gente sia invogliata a percorrere questi sentieri. Occorre rispondere alla domanda implicita “Perché farlo? Perché faticare?” io mi sono stancato di trovare risposte per gli altri. Tu, voi, per fortuna no. Grazie per insistere.

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    1. E’ vero, forse ci sono troppi sentieri a catasto ed è impossibile curarli tutti. Il grave problema è che anche le “autostrade pedonali alpine”, come la Grande Traversata delle Alpi (straordinaria vetrina sulle nostre bellezze culturali e naturalistiche), sono in stato di abbandono. Quando percorro la GTA-Sentiero Italia Cai, incontro abitualmente stranieri (tedeschi, svizzeri, australiani, austriaci…) e rimango meravigliato pensando a come sia in grado di attirare persone incredibili (camminano per intere settimane, molti in solitaria) ma anche sconfortato pensando a quanto siamo idioti noi italiani a non capire un tubo di tutto questo, della sua potenzialità. Questo è il turismo di qualità che intendo. Ma in fondovalle ci sono simulacri di montanari che presidiano enti inutili che sono i comuni e le comunità montane, sovente infestati da persone di un’ignoranza abissale (figuriamoci, basta stare sul pezzo e vedere e cosa accade nei palazzi più grandi, proprio in questi giorni…).

      Grazie GP

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  2. Tutto mi questo mi rende molto triste… anche per il nulla che io stessa metto a disposizione.. neppure con la frequentazione di questi luoghi magici che non sono perpetui, come la maggior parte pensa, ma vivono solo di vita trasmessa e non propria.

    L.C.

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  3. Il mantra è sempre lo stesso: mancano le risorse.
    Poi a ben guardare si scoprono finanziamenti anche consistenti che vengono utilizzati in modo discutibile. Penso ad esempio al sentiero di lunga percorrenza i cui cospicui finanziamenti sono finiti in un bivacco inutile, in un’infinità di bacheche con cartine illeggibili, in tratti “costosi” da riaprire e impercorribili già appena riaperti.
    Ma il CAI è stato al gioco. L’unico obiettivo è la crescita di numeri nel catasto dei sentieri.

    Tra l’altro, parlando del Pian della Mussa, il Comune di Balme incassa molto denaro dai parcheggi. In cambio cosa offre? Qualche wc chimico.
    Non c’è neppure un adeguato percorso pedonale pulito; tanto che, in molti tratti, le persone camminano lungo la strada.

    A proposito di sentieri praticabili, fino a metà luglio il sentiero di accesso al Rifugio Cibrario dal basso era in condizioni davvero pessime, ai limiti della praticabilità.
    Certo che, finché gli “aventi diritto” del CAI di Leinì vanno in macchina fino alla Torre, manco se ne accorgono.
    Davvero un pessimo servizio…

    P.M.

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  4. Parlando di carrozzoni inutili, chi ha mai percorso il Tour del Calcante o l’anello della val Ceronda? Idee inutili tratte da Piemonte outdoor, imbarazzante vetrina di ovvietà riciclate su internet. Eppure qualcuno si sarà ben fatto rimborsare le ore spese per consultare le carte e piazzare tre placchette metalliche. E la ricaduta sul territorio? Ecco, forse ci meritiamo davvero le panchine giganti, e non solo quelle…

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    1. In effetti non ho mai capito il senso di quei sentieri di lunga percorrenza. La serietà e competenza (oddio, di cosa sto parlando?!) avrebbero sviluppato uno o due trekking al max (il viaggio di più giorni) con:

      1. i necessari posti tappa, dove poter pernottare (e tu sai che per i trekker duri e puri, come lo sono i vichinghi, ad esempio, basta una barma, una baita con un po’ di paglia, una tettoia dove poter stendere un sacco a pelo) MA devono essere predisposti ed indicati;

      2. una cartografia specifica (con indicato quanto sopra, magari anche dove trovare acqua);

      3. un sito internet dedicato (magari in inglese) con tutte le info sul territorio, sui servizi e anche info culturali e storiche;

      4. dove potersi approvigionare di viveri;

      5. dove potersi fare una doccia calda (ovviamente scendendo in fondovalle; vale ancge per il punto 4);

      6. a chi rivolgersi in caso di bisogno di una guida/accompagnatore;

      7. servizi di bus e/o navetta per gli spostamenti non fatti su sentieri;

      8. eventuale servizio di trekking someggiato (gli asini de La Masinà…);

      9. adeguata promozione.

      10. sorrisi a iosa e accoglienza genuina e spontanea (al momento inesistente).

      Prosegui tu?

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  5. Beppe, mi soffermo su una parte di testo che hai scritto: “Il problema centrale delle Valli di Lanzo è che non sono interessate ad attirare un turismo di qualità e di questo aspetto ne ho parlato nel post Sulla via della desertificazione. Nel caso particolare della rete sentieristica (che è una cosa viva) non basta che sia il Club alpino italiano ad interessarsi: tutti i valligiani dovrebbero trovare il tempo per farsene carico perché è in quella ragnatela che trovi la montagna, non di certo su di un nastro asfaltato e tantomeno su di una strada sterrata o su di una pista da sci. Quella rete è una rete di conoscenze, saperi, cultura, relazioni, osservazioni, riflessioni, domande… il tutto immerso in un ambiente magnifico. E’ questa la montagna.”
    In merito a questo tuo pensiero, ritengo che le Valli di Lanzo risentano fortemente della loro
    collocazione geografica: così vicine alla pianura raccolgono i turisti “della domenica” per un’autentica visita “mordi e fuggi”. Penso (ma non ne ho la certezza) che in passato qualche
    valligiano abbia anche provato a “rompere gli schemi” ma la vocazione di queste valli è appunto diretta a questa tipologia di turismo. Discutevo con alcuni amici, poco tempo fa, in merito alla diversa utenza che frequenta buona parte delle valli aostane rispetto a quella
    della VdL (e, ad es., Valle Orco) e siamo giunti alla conclusione che, mentre queste ultime le puoi raggiungere anche nel pomeriggio dopo pranzo, ad es. per prendere un po’ di fresco, in Vda devi andarci perchè VUOI andare lì: già solo la distanza e il costo dell’autostrada sono deterrenti che, inevitabilmente, agiscono da filtro selezionando l’utenza (al turista “medio” vedere il Civrari o il Monte Bianco non fa nessuna differenza tanto non li guardano, l’importante è che oltre a mangiare la polenta si spenda poco e non si trascorra troppo tempo in auto!).
    Magari mi sbaglio ma i numeri relativamente limitati di escursionisti nelle VdL rispetto ad altre
    realtà alpine hanno comportato uno scarso utilizzo di molti sentieri che, inesorabilmente, hanno il loro destino segnato: non essendo frequentati vengono abbandonati e dimenticati (sia per
    ciò che riguarda la memoria che la loro manutenzione). Nel caso del sentiero citato nel tuo post, Beppe, sicuramente la lussureggiante vegetazione del versante rivolto a Nord non ha aiutato di certo ed anzi ha agito da catalizzatore nel processo di oblio.
    A mio giudizio quindi possiamo fare tutta la manutenzione che vogliamo (e che crediamo) ma poi se i sentieri non vengono percorsi allora si verifica appunto quello che hai descritto.
    Il proliferare delle panchine giganti può avere una spiegazione di fondo in parte analoga: premetto che il sottoscritto le detesta, però credo che ad un turista “superficiale” (per ciò che concerne l’osservazione del paesaggio e non solo del panorama) che insegue a tutti i costi un “selfie” da mettere bulimicamente su facebook o sullo stato di Whatsapp, siano installazioni particolarmente gradite. C’è la richiesta e, automaticamente, c’è l’offerta….
    Dal mio punto di vista non mi sento di dare la colpa alla Regione o ai valligiani o, che ne so, alla Città Metropolitana, ritengo che sia proprio il turismo di queste valli ad aver determinato e a determinare oggi e domani, le offerte di queste valli all’utenza, sentieristica compresa.

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    1. Stefano, ti ringrazio molto per il tuoi spunti di riflessione, molto originali e che aiutano certamente a comprendere il turismo delle VdL. Non ci avevo mai pensato perché sono un povero sognatore, nel senso che ho ancora fiducia (povero me) nella capacità di immaginazione degli umani. Immaginare queste Valli apprezzate diversamente, credo che si possa fare e realizzare. Ci vuole uno sforzo immenso, esattamente come quello dei vecchi montanari quando alzavano pietre enormi per fare le baite o i commoventi e stupefacenti muretti in pietra a secco. C’è qualcuno che lo sta facendo nelle Valli di Lanzo? Sì. Ne conosco. Parlo dal punto di vista culturale perché è solo questo che ci può fare uscire dal vicolo cieco che tu hai descritto magistralmente.
      Io non sono nessuno ma quando ho scritto “L’anello di Rocca Tovo” ho fatto uno sforzo enorme.
      Per riuscirci, ho spesso pensato alla montagna che ho imparato ad amare e apprezzare proprio con molta fatica fisica, anche riflessa: quella che trovi ancora spalmata sui vecchi sentieri edificati dai vecchi.
      Il problema dei problemi di oggi, a tutti i livelli, è che nessuno vuole più immaginare un obbiettivo pregno di fatica per raggiungerlo: è solo così che un obbiettivo è un grande obbiettivo invece che un mediocre e vago intento di vita, che conduce solo alla miseria e alla disfatta.
      Grazie Stefano.

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  6. L’anello in questione necessita di una manutenzione annuale difficile da sostenere. Gli asini comunque non basterebbero se non per un breve tratto.

    Senza volontari e/o squadre forestali della Regione, nessun’altra soluzione è praticabile.

    Segnalo che la panchina è privata.

    G. C.

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  7. Stessa storia per il sentiero da Rifugio Salvin a cima Vaccarezza. Fino ad agosto il sentiero era coperto dalla vegetazione poi i titolari del rifugio o i loro collaboratori hanno falciato l’erba, ma successivamente il sentiero è in svariati punti franato e quindi pericoloso perché esposto, difficile da trovare perché i segnavia sono vecchi,sbiaditi e i paletti crollati a terra. Sarebbe un percorso bello e panoramico ma in quelle condizioni non lo posso consigliare serenamente. Peccato sarebbe anche la salita al Vaccarezza con minor dislivello e lassù in cima la vista su Torino e la pianura è fantastica ma in quelle condizioni il sentiero è pericoloso.

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    1. Franco, grazie per la segnalazione. Nel caso non lo sapessi, ti informo che il Cai Lanzo raccoglie le informazioni sullo stato dei sentieri. Ti suggerirei quindi di scrivere una mail a:

      info@cailanzo.it

      Se hai foto che documentano le condizioni del sentiero, ancora meglio (mettile come allegato alla mail; indica data foto e quota, se la conosci).

      Grazie.

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