Piste: la posizione di Bätzing e Kleider

CIMG0324 (1024x768)Ringraziamo sentitamente Werner Bätzing (autore tra l’altro dell’opera “Le Alpi. Una regione unica al centro dell’Europa“) e Michael Kleider per averci concesso di pubblicare le loro autorevoli considerazioni in merito alla costruzione delle piste agro-silvo-pastorali. Un grazie di cuore anche a Paolo Maggiora per la traduzione.
Questo post proseguirà con la presentazione e il commento delle slide proiettate sulle piste nelle Valli di Lanzo nelle serate tenutesi al Cai Torino e a Fiano nei mesi di novembre e dicembre del 2016; seguirà l’elenco delle nuove piste in previsione di realizzazione nelle Valli di Lanzo. In conclusione la denuncia del pericolo di una pista in Val di Otro, oggi un mondo senza strade.


Testo di Werner Bätzing e Michael Kleider (*) – Traduzione di Paolo Maggiora

Presa di posizione sulle nuove piste agrosilvopastorali nelle Valli di Lanzo

In un numero sempre maggiore di valli piemontesi, con l’aiuto di fondi europei, da circa 15 anni si realizzano nuove piste agrosilvopastorali. E da un certo tempo questo nuovo sviluppo riguarda anche le Valli di Lanzo.

Da molto tempo ci impegniamo entrambi in Germania per la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle Valli di Lanzo in quanto territorio dotato di grande biodiversità, dalle molteplici possibilità di sviluppo economico e nel quale il rispetto dell’ambiente gioca un ruolo centrale.

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Per questo motivo da qui noi promuoviamo il turismo escursionistico, sostenibile dal punto di vista ambientale, dei camminatori d’oltralpe: già nel 1986 fu pubblicata la prima edizione della guida escursionistica della GTA in lingua tedesca che fece conoscere per la prima volta le Valli di Lanzo in Germania (la settima edizione, aggiornata, è uscita nel 2016), e nel 2015 proprio noi due abbiamo pubblicato una guida escursionistica sulle Valli di Lanzo („Die Lanzo-Täler“, Rotpunktverlag, Zurigo) che ha portato nuovi visitatori, molto interessati, nelle valli.

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Sulla base della nostra conoscenza delle Valli di Lanzo e avendo a cuore questo angolo delle alpi piemontesi così attraente e autentico prendiamo sul tema delle nuove piste la seguente posizione:

1. Per una gestione moderna e durevole delle Valli di Lanzo è necessario e irrinunciabile che frazioni, alpeggi e boschi siano raggiungibili con autoveicoli e piste, ma ciò non significa che, per questo motivo, ogni nuova pista agrosilvopastorale debba per forza essere costruita, come oggi si costuma fare.

2. Al momento della costruzione di ogni singola pista bisogna sempre chiedersi quale è lo scopo a cui essa deve servire: la realizzazione di una pista in un territorio boschivo isolato non ha senso se poi il legno sarà venduto sul mercato nazionale o internazionale, perché così la regione perde importanti risorse. Una nuova pista ha senso soltanto quando serve agli attori locali per poter realizzare prodotti regionali di qualità, in modo rispettoso dell’ambiente. Ecco la questione dirimente che all’inizio deve essere discussa con tutti i soggetti interessati.

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3. Le moderne piste sono oggi sovente molto larghe. Inoltre per ragioni di costo sono costruite in modo distruttivo per l’ambiente. Ma non deve in alcun modo essere così, perché esistono delle alternative: la larghezza di una strada dovrebbe essere determinata sulla base delle effettive esigenze dei futuri utilizzatori. E per tali esigenze spesso non servono strade molto larghe, ma sono sufficienti piste ben più strette. Quando si costruiscono le piste si deve assolutamente prestare attenzione alla riduzione al minimo del danno ambientale. Non appena la realizzazione della pista è ultimata tutti i danni provocati da tale costruzione devono essere assolutamente riparati e bisogna agire in fretta. Da una parte per conservare l’estetica del paesaggio e dall’altra parte perché le ristrutturazioni successive sarebbero causa di costi anche maggiori.

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4. A causa degli scempi ambientali che cagionano, le moderne piste agrosilvopastorali sovente sono visibili da lontano, e ciò rappresenta un pesante impatto per il paesaggio. Ciò è particolarmente fastidioso nel caso delle Valli di Lanzo, laddove le moderne strutture spesso presenti in altri settori alpini (funivie, skilift, edifici a molti piani, linee ad alta tensione) mancano quasi del tutto. Se si procede così, allora un elemento fondamentale per l’economia di queste valli, il turismo escursionistico ecosostenibile, verrà fortemente indebolito.

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5. In alcune località le moderne piste agrosilvopastorali devastano la tradizionale rete dei sentieri, lungo la quale sovente si snodano gli itinerari escursionistici. Questa rete di sentieri è costituita dalle mulattiere storiche, un tempo costruite con tanta cura e oggi conservate sovente solo in modo parziale. Esse rappresentano un valore del patrimonio culturale unico, perché si inseriscono nel territorio alpino in modo ottimale e palesano una grande conoscenza dell’ambiente. È decisamente deplorevole che questi sentieri non godano in Piemonte di alcuna considerazione, mentre la vicina Svizzera oramai da 30 anni ne riconosce l’alto valore, avendo elaborato “L’inventario delle Vie Storiche/IVS” e così sfruttando tali sentieri con grande successo al fine di rafforzare il turismo escursionistico ecosostenibile. Nelle Valli di Lanzo gli itinerari escursionistici si snodano ancora oggi su tali mulattiere e questo per i camminatori è particolarmente attrattivo (rinviamo in modo mirato alla nostra guida escursionistica). In alcuni luoghi però le mulattiere sono già state distrutte dalle moderne piste e gli escursionisti sono costretti a utilizzare la pista, ciò che certamente non è una bella cosa. Pertanto è importante che al momento della costruzione delle moderne piste i vecchi sentieri non siano distrutti ma al contrario vengano mantenuti in modo consapevole, in quanto patrimonio culturale e attrazione turistica.

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6. Una moderna pista agrosilvopastorale, una volta realizzata, deve poi essere curata e riparata – proprio come devono essere curate le mulattiere tradizionali, perché questo è ciò che esige la specificità delle condizioni alpine. Ciò significa che già al momento della costruzione di una siffatta pista devono essere assicurate la cura successiva e le future riparazioni. E se questo non è possibile la pista non può essere costruita.

Siamo convinti che sia possibile rivalutare in forme ecosostenibili la gestione locale delle Valli di Lanzo, concentrandosi sui prodotti regionali di alta qualità e sul turismo a basso impatto. Appartiene all’essenza del turismo escursionistico anche un ambiente intatto e per questo le nuove piste devono essere realizzate in modo tale da rispettare l’ambiente. Perché gli escursionisti contribuiscono ad animare le Valli di Lanzo pernottando in loco e consumando e acquistando i prodotti locali. In questo modo le valli possono conservare un futuro positivo.

(*) Prof. Dr. Werner Bätzing (Universität Erlangen-Nürnberg) – M.A. Michael Kleider (Nürnberg)


Qui di seguito riportiamo le slide che sono state proiettate negli interventi di Beppe Leyduan durante le serate sulle piste nelle Valli di Lanzo (9/11/16 a Torino e 13/12/16 a Fiano). Le ultime, relative ai Tornetti (Val di Viù), sono di Toni Farina (intervenuto a Fiano). Le elaborazioni che qui presentiamo, a cura del Comitato per la salvaguardia delle Valli di Lanzo, identificano con maggior chiarezza l’impatto delle medesime sull’ambiente e sul patrimonio escursionistico.
Per visualizzare meglio le immagini è necessario ingrandirle cliccandoci sopra (si aprono in un’altra finestra).

PISTA MONDRONE (1268 m) – ALPE PIAN PRA’ (1771 m)
VAL D’ALA  – ANNO 2006

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Pista che in parte ha distrutto il sentiero della Gran Traversata delle Alpi (GTA) nella tappa Balme (Val d’Ala) – Migliere (Val Grande). Le foto sopra sono state scattate poco dopo l’Alpe Pian Bosco (1683 m) dove si trova il bivio per il Bivacco Molino e il Passo dell’Ometto (sentiero 233). Andando verso destra (E) si percorre il 233A su cui si sovrappone la GTA. Notate come la strada abbia impattato sul sentiero che ora versa in stato di abbandono (non è nemmeno segnalato con le tacche di vernice). Qui passano gli escursionisti che hanno appena lasciato i posti tappa di Balme per raggiungere la Val Grande di Lanzo. A Balme ci sono ben tre strutture ricettive che campano grazie alla GTA, come ci ha informato Giorgio Inaudi con questo commento. Ma non è solo questo il danno evidente perché questa pista ha anche provocato l’abbandono del sentiero che passava a fianco della Pereuva (Pietra-uovo), ricca di antichissime incisioni rupestri. Questo è solo un esempio di come la costruzione indiscriminata di piste agro-silvo-pastorali sia un vero e proprio nuovo e definitivo genocidio culturale. Ma attenzione: nessuno nelle vallate alpine farebbe piste se non ci fossero i contributi a pioggia della Regione Piemonte grazie ai PSR. Nessun privato investirebbe di tasca propria centinaia di migliaia di euro per realizzare infrastrutture inutili. E’ il solito meschino atteggiamento predatorio: prima era l’Italia a sovvenzionare cattedrali nel deserto (di cui la traccia più evidente e nefasta è la montagna del nostro debito pubblico) ora ci pensa l’Unione Europea: non importa da dove arrivano, l’importante è prenderli.

PISTA PERA BERGHINA – PECCETA
VAL GRANDE –
ANNO 2014

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E’ una pista di circa 4 km voluta da privati (riuniti sotto quella che si chiama Associazione Temporanea di Scopo (ATS) approvata dal Comune di Groscavallo) che finisce nel nulla; ora è sotto inchiesta da parte della magistratura. Nelle foto sopra potete osservare il ramo superiore della pista di Pera Berghina e il sentiero prima della stradizzazione. Ne esiste anche uno inferiore (di circa 4 km di lunghezza) voluto da Groscavallo che ha potuto realizzarlo facendolo rientrare come opera di pubblica utilità (!). Tra i vari danni provocati alla rete sentieristica (oltre a quello sull’estetica del paesaggio, come ci hanno appena spiegato Bätzing e Kleider), c’è anche quello che abbiamo documentato in questo post e di cui potete vedere alcune foto con le prossime slide.
E la filiera del legno che doveva nascere grazie ai PSR?

PISTA BENNE- MEA
VAL GRANDE – ANNO 2014

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Le foto sopra sono più che eloquenti e dimostrano quanto distruttive siano le politiche attuate tramite i PSR: lo ripetiamo, sono solo una scusa per prendere del denaro senza alcun obiettivo economico valido: i costi sono a carico della collettività, i benefici nulli, anzi si determina una grave perdita di patrimonio escursionistico che è l’unico ancora in grado di preservare la cultura delle Alpi e i luoghi identitari. Le piste creano veri e propri non luoghi perché indirizzano gli escursionisti su percorsi anonimi creati per esigenze che nulla hanno a che vedere con quelle degli antichi montanari che usavano le gambe e non di certo le ruspe per spostarsi. E meno male! Perché se non fosse stato così, ora la montagne sarebbero un tutt’uno con le metropoli, ovvero immensi non luoghi disegnati da strade e percorse da motori.

PISTA DI SANTA CRISTINA
VAL D’ALA –  ANNO 2014

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PISTA DI SANTA CRISTINA
VAL GRANDE –  ANNO 2014

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Sulle strade realizzate intorno al santuario di Santa Cristina (1340 m) potete trovare ampia documentazione fotografica e descrittiva con il post Una masticata di Valli di Lanzo e con il post C’era una volta un sentiero quest’ultimo scritto dal camoscio Paolo, attuale vice-presidente della Commissione manutenzione sentieri del Cai Lanzo.

PISTA BALME (1450 m) – ALPE PIAN GIOE’ (1958 M)
(VAL D’ALA) ANNO 2015

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Il vecchio sentiero che partiva a monte della frazione Cornetti di Balme, in località Arbosetta (1530 m ca.), e che faceva guadagnare la magnifica cima di Punta delle Serene (2645 m) – splendida escursione con panorama straordinario – non esiste più. Ora una pista orribile lo ha sostituito fino all’Alpe Pian Gioè (1958 m) ma con i prossimi finanziamenti dei PSR è previsto il prolungamento fino all’Alpe Giasset (2230 m).
Quando ho avuto modo di lamentarmi per tale ennesimo scempio a danno dei vecchi sentieri mi sono sentito dire che però ora è possibile accorciare il percorso raggiungendo con il fuoristrada l’Alpe Pian Gioè e un domani anche il Giasset (!). Ma come, queste strade non dovrebbero avere altri scopi? Lo sviluppo della pastorizia? La filiera del legno? La gestione delle foreste? Tutte scuse. Il primo vantaggio di una strada è a favore dei clan locali che possono aggirare indisturbati i divieti di transito ai mezzi motorizzati (e chi mai controlla?) e così abbreviare il percorso per raggiungere le vette. Oppure per facilitare i percorsi di scialpinismo (anche questa storia sentita più volte) visto che, nevicando sempre meno, le strade rimangono più facilmente innevate rispetto ai pendii percorsi da scomodi sentieri (per chi scia; trattasi evidentemente di considerazioni elitarie assolutamente avulse dal rispetto verso l’antica viabilità alpestre).

PISTA PER IL MONAVIEL (1211 m)
VAL D’ALA – ANNO 2011

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Questo, insieme a quello della Pista di Pera Berghina, è uno degli esempi più eclatanti dell’imbecillità umana e pochi ne conoscono la storia. Ideata da privati, aveva l’intenzione di raggiungere la piccola borgata del Monaviel (1211 m) che si trova a monte di Chiampernotto (840 m; fraz. del Comune di Ceres).
Amena località ormai disabitata da tempo, ogni anno a giugno viene celebrata la festa in onore della Madonnna Consolata (il link vi conduce ad un post del 2009 sul Monaviel introdotto da uno scritto di Annibale Salsa). Un piacevole e molto frequentato sentierino (n. 240) la raggiunge in un’ora di marcia con partenza da Chiampernotto (dal Monaviel si può poi proseguire per il colletto del Tourn (1650 m) e da qui scendere ad Ala di Stura). Nessuno ha mai compreso l’utilità di tale strada ma il risultato lo potete vedere nelle foto sopra. Quella di sinistra è stata fatta dal punto panoramico situato a quota 1515 m al bordo della pista che da Almesio (703 m) porta all’Alpe del Conte (1767 m), altro triste capitolo di annientamento culturale di un magnifico vallone.

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In basso tra i rami si nota la provinciale che conduce al Pian della Mussa e l’imbocco della pista mai conclusa. In alto a destra si nota una zona prativa: al suo fianco si intravedono le costruzioni del Monaviel. Notare la zona franosa su cui è stato tracciato il percorso della strada.

Qui qualsiasi bambino di 10 anni noterebbe, osservando il versante sud dove è stata progettata la strada, una zona ampiamente franosa in passato sfruttata per la presenza di miniere. Eppure la pista è stata dichiarata fattibile dal punto di vista geologico. Talmente fattibile, e approvata ufficialmente, che le ruspe hanno dovuto battere in ritirata perché nella loro stupida avanzata hanno fatto franare sulla sottostante provinciale della Val d’Ala (Ceres – Balme – Pian della Mussa) grossi massi, con grave rischio per gli automobilisti, a tal punto che i lavori sono stati bloccati e si è dovuta costruire una grossa rete di protezione che tutti possono notare facilmente percorrendo la provinciale (si trova subito dopo la cascatella del Rio Ciamnet, a destra risalendo la Val d’Ala: 5 km circa da Ceres). Ma l’aspetto più grottesco è stato notare, non essendo stato interdetto l’accesso alla pista dopo il suo abbandono (bastavano un paio di grossi massi piazzati all’inizio), che dei gitanti di passaggio hanno tentato di percorrerla con una berlina: sono rimasti bloccati poche decine di metri dopo l’imbocco e così hanno dovuto chiedere l’intervento dei soccorsi. Ora, per fortuna, la vegetazione ha inequivocabilmente preso possesso dell’accesso.

Le slide seguenti riguardano la Val di Viù e, come accennato all’inizio, sono state prodotte e commentate da Toni Farina nell’intervento della serata tenutasi a Fiano il 13 dicembre scorso. Vi ricordo che per ingrandire le immagini bisogna cliccarci sopra.

PISTA DEI TORNETTI
VAL DI VIU’ – ANNO 2014

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Per queste slide ogni ulteriore commento lo lascerei fare a Toni Farina che sono certo si adopererà in tal senso il prima possibile (magari inserendo un commento su questo post).

Non finisce qui. Ad oggi, in base alle informazioni in nostro possesso, le richieste di apertura nuove piste nelle Valli di Lanzo, da finanziare con il PSR 2014-2020, riguardano:

  1. Vallone di Trione (versante nord Val Grande nel Comune di Groscavallo; transita la GTA);
  2. Vallone di Sea (Comune di Groscavallo; non con i PSR ma a seguito rifacimento alpeggi di Sea e Gias Nuovo: vedere delibera comunale studio di fattibilità);
  3. Vallone di Vercellina (versante sud Val Grande nel Comune di Groscavallo; transita la GTA);
  4. Cuccetta – Cà Girot (versante nord Val Grande nel Comune di Chialamberto);
  5. Colle Crosiasse (versante nord della Val Grande nel Comune di Chialamberto);
  6. Pian di Vassola – Alpe San Bernè (versante nord nel Comune di Chialamberto);
  7. Lajetto – La Thea – Vertea (versante sud Val d’Ala nel Comune di Ala di Stura).

Una vera e propria peste, come già denunciato a metà degli anni ’90 da Pro Natura, favorita dai soldi facili distribuiti a pioggia da istituzioni incapaci di attuare politiche concrete per un sano sviluppo economico e sociale delle aree montane. Soldi che favoriscono semmai soprattutto il consenso verso la classe politica dominante, fomentata dal leviatano Europa.

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Un problema delle sole Valli di Lanzo? Certamente no come ci informano Ceragioli, Molino e Salvatore in questo post: “Sono soprattutto le zone di media montagna, di collina e di pianura a pagare il prezzo più alto in termini di stradizzazione forzata. Siccome sterrato vuol dire fango, il passo inevitabile è quello dell’asfaltatura.”
“Un mondo senza strade”, così Ezio Sesia, attuale presidente della Società Storica delle Valli di Lanzo, nella sua ultima e recente fatica letteraria – Quelli di lassù. 44 itinerari alla scoperta dei villaggi più elevati e isolati delle Alpi – ci parla, tra l’altro, della Val d’Otro (Val Sesia) e dei suoi meravigliosi villaggi walser raggiungibili esclusivamente su sentiero. Pensate che è anche possibile pernottare in una locanda: niente piste e mezzi motorizzati ma solo voi e le montagne. Bel sogno, vero? Noi avevamo già programmato di farci un giretto ma l’autunno scorso non è stato favorevole. Tutto rimandato ma con il pericolo che al posto del sentiero nasca una bella strada grazie ai fondi PSR: qui un’articolo del 22 dicembre scorso.

 

«Le “mie” montagne sono il Monte Rosa della Valsesia e le sue meravigliose valli laterali.
In particolare la Valle di Otro, con i suoi pascoli e le sue frazioni walser secolari è un gioiello che sicuramente conoscete. Si raggiunge solo a piedi in un’ora di cammino da Alagna Valsesia.
Ora questo gioiello è minacciato dal progetto, che alcuni vorrebbero finanziato dalla Comunità Europea, di una strada che stravolgerebbe il millenario equilibrio tra natura e pastorizia, in nome del facile accesso alle baite là presenti che a costo di molti sacrifici sono state ristrutturate proprio per la posizione incontaminata.
Nel Consorzio di proprietari di baite e terreni si è aperto un conflitto tra chi vuole la strada e chi no.
I veri amanti di queste montagne non la vogliono, mentre costruttori e altri la vorrebbero. Siamo divisi circa al 50%.
La mia è una richiesta di aiuto a livelli di consigli o suggerimenti per come muoversi nella direzione di conservare questo paradiso intatto com’è.
Cosa possiamo fare a livello di Beni Ambientali o di pericolo di dissesto idrogeologico per fermare sul nascere questi progetti che non esito a definire criminali?
Il cavallo di troia sarebbe la richiesta di un finanziamento europeo per una strada di servizio per portare il legname a valle, nonché per la manutenzione di un acquedotto. Sappiamo bene poi come va a finire con le moto da cross che arriverebbero sempre più in alto, e i fuoristrada a seguire.
Io non sono più giovanissimo e non so per quanto ancora potrò salire a Otro, ma sono disposto a non salirci più pur di lasciare alle generazioni future questo gioiello di montagna incontaminata.
Scusate lo sfogo, ma di fronte al pericolo di distruggere un bene così prezioso per sempre, molti di noi sono disposti a ogni resistenza.»

Segue la firma

8 pensieri riguardo “Piste: la posizione di Bätzing e Kleider

  1. Bravo Batzing, come sempre! Ma perché queste cose, anche quelle di semplice buon senso sono ignorate da chi fa, fa fare, autorizza le piste inutili e dannose? Speriamo che la voce di Camosci Bianchi e delle Valli di Lanzo arrivi alle orecchie di chi può e deve intervenire, a cominciare dai Comuni e dalle loro Unioni. E poi la Città metropolitana, che deve smettere di pensarsi solo come l’agglomerato di Torino, senza capire che ciò ne fa un unicum in Italia e in Europa è proprio il fatto di comprendere una grossa fetta delle Alpi, con il loro straordinario patrimonio naturale, culturale e umano. Per non parlare della Regione…

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  2. Bella relazione su quanto è successo e sta succedendo nelle Valli di Lanzo, e che viene a volte puntualmente commentato da chi, da straniero, si innamora dei nostri luoghi più straordinari e fa un sacco di strada per venirci a trovare. Presentare anche agli altri i nostri sfregi richiede una bella faccia tosta, ma forse nelle Valli di Lanzo non solo non sanno chi viene a visitare e camminare, ma probabilmente il disinteresse per l’ecosistema è talmente oltre la soglia che per molti valligiani ed enti pubblici locali è come vagare “nella nebbia”.
    Siamo in uno stato di fatto sempre più grande ed inquietante.
    Parlando con gente del posto, spesso mi sono sentita dire che non “ci sono i soldi” e che per questa ragione i giovani non vogliono più vivere lì, etc, etc…. Poi scopriamo che i soldi arrivano anche dalla comunità europea e vengono stracciati in stupri ambientali inguardabili, cose da scenario amazzonico, da day-after.
    Ho visto i boschi delle foto degli amici de “I camosci bianchi”.
    Le scuse non reggono più ed i progetti per farne altri devono esser fermati.
    Non c’erano le piste agroforestali (definizione troppo “arcadica”, per i miei gusti) eppure dalla notte dei tempi le mandrie han sempre monticato fino agli alpeggi; i problemi dello sci-alpinismo in scarsità di neve sono pure palle (o pratichi quello sport lì sapendo che potresti anche camminare per un po’ senza neve prima di arrivare a trovarne, oppure ti riconverti allo sci da pista, o vai altrove); qualcuno mi ha anche detto una volta che sono utili al Soccorso Alpino in caso di necessità…insomma, di tutto di più.
    Nessuno pensa alla natura in sé, a tutto ciò che stiamo perdendo e non tornerà, a proteggere e tutelare. Le voci di pochi, che sono tuttavia sempre di più e spesso non di valligiani, non bastano ancora.
    Gli enti pubblici devono usare il denaro con intelligenza, affidandosi ai pareri autorevoli di scienziati ed esperti ambientalisti (e non solo a geometri ed ingegneri progettisti di strade), che sanno suggerire e prevedere da qui a molto lontano, perché in natura cento anni valgono un giorno…pensiamo che per riavere un bosco rinfoltito occorrono almeno 70 anni di corso naturale, e ciò dipende da molti fattori che pochi immaginano (ed il clima negli ultimi anni ci sta mettendo a dura prova sotto tutti i punti di vista, rendendo anche la rigenerazione più problematica).
    Non si è nemmeno considerato di mettere in sicurezza gli sfregi operati, perché è certamente vero che queste strade possono essere un pericolo.
    In passato i montanari facevano manutenzione dei sentieri e delle mulattiere, e le capre, ovvero le “mucche dei poveri”, costituivano risorsa alimentare ed al tempo stesso “strumento” di sfoltimento del basso bosco. I sentieri erano capillari e ben tenuti e non ci si poteva quasi neanche perdere, e non solo in montagna, ma per esempio anche nella collina torinese (mio padre è cresciuto e vissuto lì).
    Il politico avido dei nostri tempi riceve i soldi e li usa per la “tombolata” di partito e/o per favorire gli interessi degli amici.
    Non crea opportunità di lavoro e, nelle menti dei giovani meno consapevoli, innesca un vero e proprio disamore per i propri luoghi e la determinazione ad andare via.
    E’ facile recitare come un mantra che la montagna sta morendo…la montagna in molte zone sta subendo una lenta e straziante eutanasia.
    Io ammiro profondamente il signore che ha scritto che piuttosto che vedere snaturata la propria Val d’Otro, lui è disposto a rinunciare di potervi andare ancora, perché nulla cambi e tutto resti a testimoniare la magnificenza della natura e la sensibilità e la bravura dei vecchi montanari. Ragazzi, questa è una dichiarazione di amore puro e disinteressato che mi lascia senza fiato!
    Non possiamo più continuare a vivere come se non ce ne fregasse nulla del domani, solo perché noi non ci saremo.
    La scorsa settimana sono stata ad Ostana per un dibattito tenuto da Luca Mercalli, il quale ad un certo punto ha sostenuto che per l’effetto del surriscaldamento globale e molti altri fattori, saremo (in tempi abbastanza brevi), costretti a spostarci sempre più in alto, in zone anche di “vera” montagna…quando ha detto che molte seconde case di lì a qualche anno probabilmente riprenderanno vita come abitazioni residenziali (e non più di vacanza), mi aspettavo ridolini soffocati generali, ed invece c’è stato un fragoroso silenzio.
    In questo nostro pianeta finito, la crescita e la mancanza di cura non possono più essere INFINITI.

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  3. Complimenti Beppeley, questo post è scritto molto bene, evita inutili polemiche, si avvale di contributi autorevoli e documentazione chiarificatrice.

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